Archivio di novembre 1984

8 – Novembre & Dicembre ‘84

giovedì, 1 novembre 1984

Venerdì due novembre, nello splendore di S. Maria in Ara Coeli, una delle più belle chiese di Roma, abbiamo assistito ad un concerto emozionante e travolgente: l’acustica perfetta amalgamava i suoni senza distorcerli, né sporcarli. L’attenzione calda e quasi sbalordita del pubblico foltissimo accresceva il pathos dell’evento. Lo Stabat mater, scritto da G. Rossini nel periodo tormentato tra il 1841 e il 1863 e qui presentato nella revisione critica di Alberto Zedda per soli, coro a quattro voci miste e orchestra, è un’ampia opera che unisce la sapienza compositiva e l’inventiva del più smaliziato autore di teatro.

Dopo lo scarno inizio di una melodia rampante la musica trova poi sonorità pastose e sensuali: il sacro e il profano si alternano sapientemente; il senso in verità è dato esclusivamente dall’avventura sonora: le parole non c’entrano quasi mai. Vi sono arie talvolta eccessivamente frivole e mondane, poi la meditazione drammatica – mai tragica – si esprime attraverso una musicalità sublime. Perfetta, ad esempio, la bellezza del dialogo tra il basso e il coro, nel silenzio più assoluto dell’orchestra; oppure nel «quando corpus morietur», i quattro soli, in un impasto armonico di sapore arcaico, riescono a rivelare inaudite profondità di riflessione. II tutto si conclude con uno splendido «amen», emozionante per il limpido contrappunto e le trovate musicali, semplici ma efficacissime, compreso l’astuto trucchetto compositivo di riaccennare l’inizio del tutto.

Indubbiamente Rossini è un grandissimo musicista – anche se abbiamo ancora nelle orecchie e nel cuore la Messa in do minore K. 427 per soli, coro e orchestra di W.A. Mozart nella esecuzione dell’orchestra e coro dell’Accademia nazionale di S. Cecilia diretti da W. Sawallisch di lunedì 22 ottobre. Il paragone tra i due grandi della musica ci fa capire cosa voglia dire essere musicisti che trascendono le possibilità umane, come il Mozart di questa messa, non famosa e persino incompleta, umano e sovrumano allo stesso tempo, dolcemente virile -. Rossini più ingenuamente di questa terra, talvolta è anche un po’ rozzo, come in alcuni accompagnamenti vagamente bandistici che la direzione di Vittorio Gelmetti è riuscita però ad attutire fino a farli quasi scomparire del tutto. Ottima sempre la lettura di Gelmetti: precisa, senza essere fredda, sapiente nelle pause, efficace nel porgere le risoluzioni armoniche anche con un pizzico di abile istrionismo. Meraviglioso il basso Silvano Carroli, perfetto anche nelle note più alte; ottimo il tenore, Robert Gambill, sebbene talvolta con qualche sonorità un po’ metallica. Delicate perfettamente equilibrate le due voci femminili: il soprano Daniela Dessi e il mezzosoprano Ortrun Wenkel. Superbo il coro, diretto magistralmente da Ine Meister. Eravamo ancora commossi quando affrontammo la lunga scalinata che ci portava in città.

8 – Dicembre ‘84

giovedì, 1 novembre 1984

Poiché questo numero del foglio ha come unico argomento il problema della malattia mentale e il suo rapporto con la nuova situazione creata dalla legge180, segnaliamo due volumi, non recentissimi, ma interessanti. Il primo; II gene e la sua mente, di Steven Rose, Richard Lewontin, Leon Kamin (Est Mondadori 1983 pp 302 Lit. 28.000) pur nella sua semplicità, offre spunti di riflessione utili e positivi.

Il secondo: Introduzione alla psichiatria di Leonardo Ancona (Est Mondadori 1984 pp. 191 Lit. 16.500) in un cumulo farraginoso di nozioni rivela la pericolosità terribile degli «scienziati per bene». Rose, Lewontin e Kamin, nel loro volume, attaccano con argomentazioni convincenti il determinismo genetico e affermano che non esistono teorie scientifiche obiettive (neppure le loro). Il fenotipo, cioè l’essere umano così come si presenta, è forse anche condizionato dal genotipo; ma, al di fuori della società e di tutte le sue interazioni, è incomprensibile. Il comportamento umano è frutto di una molteplicità di cause ed ogni scienziato o teoria scientifica ne danno una lettura sempre parziale. Le semplici argomentazioni degli autori sono efficaci, anche se un po’ ripetute. Questo libro serve anche a non cadere nella trappola di chi si riempie la bocca di parole come gene, cromosomi, ormoni etc… La storia della scienza è anche la storia di lotte non scientifiche: il libro di L. Ancona, invece, rivela quanto siano vuoti il buon senso e l’amabilità di chi non ha il coraggio di affrontare il concetto di essere umano e ripete perciò affermazioni stantie, vecchie ed anche bieche. Comunque noi consigliamo di leggere questo libro, perché, alle persone intelligenti, darà modo di porsi parecchi interrogativi.

08 – Novembre & Dicembre ‘84

giovedì, 1 novembre 1984

Se il Sindaco impazzisce

Renzo Rossi

Dalla legge n. 180 del 13 maggio 1978 “Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale ….”
(art. 1)

“Il provvedimento (…) con il quale il Sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio (…) deve essere notificato, entro quarantotto ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare (…). Il giudice tutelare (…) assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al Sindaco (…). Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, (…), il sanitario responsabile del servizio psichiatrico (…) è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al Sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare…”
(art. 3)

“Chiunque può rivolgere al Sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio”
(art. 4)

“Entro il termine di trenta giorni (…) il Sindaco può proporre ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento convalidato dal giudice tutelare”.
(art. 5)

“Le norme di cui alla presente legge si applicano anche agli infermi ricoverati negli ospedali psichiatrici al momento di entrata in vigore della legge stessa. Il primario (…) comunica al Sindaco (…) i nominativi dei degenti per i quali ritiene necessario il proseguimento del trattamento sanitario obbligatorio….”
(art. 8)

Egregio signor Sindaco, vengo con la presente ad esprimere, la tumultuosa tempesta di sentimenti che suscita in me il fatto di vederLa così investita di ruoli essenziali, come risulta da più articoli di una legge che La vede preposta alla tutela della pubblica psichica salute. Sono certo che Ella può contare sulla fattiva collaborazione di messi comunali, sanitari responsabili e giudici tutelari e che non Le verrà mai meno la fiducia nella inevitabilità di ogni da Lei predisposto trattamento sanitario obbligatorio, come pure credo che il Suo orecchio saprà ascoltare la voce di chiunque con fondatezza Le rivolgerà richiesta di revoca o di modifica di un provvedimento non sufficientemente (da chi?) motivato. Ma mentre Le esprimo la mia alta considerazione per l’impegno con cui Ella si propone di far fronte a così onerosi doveri, Le faccio i voti più fervidi perché la sua Mente non debba mai smarrire gli itinerari limpidi della ragione, né conoscere le buie deviazioni della follia. Nel malaugurato caso ciò dovesse comunque accadere Lei ed io ci troveremmo forse travolti dalle conseguenze di un vuoto di potere che potrebbe avere su entrambi – e su chissà quanti altri – conseguenze incalcolabili!
La legge 180, Signor Sindaco, è fatta ad immagine e somiglianza di quello che noi siamo: poveri frutti di un’erba voglio che non cresce neppure nel giardino del Sindaco.

8 – Novembre ‘84

giovedì, 1 novembre 1984

Carlo Cattaneo, alla galleria Don Chisciotte, in via Brunetti 21/a. Noi conosciamo Carlo Catnanco da molto tempo, eppure questa volta è riuscito a prenderci di sorpresa. Non ci aspettavamo infatti che in questi ultimi tempi lui fosse andato così avanti nella riappropriazione di una sensualità così più distesa e più immediata. Le opere di Carlo Cattaneo esprimono da sempre un fare attento e talvolta perfino un po’ ostinato, teso a presentare le cose e gli uomini, sempre sottolineandone le connotazioni inconsce. Le sue composizioni affollate di personaggi rappresentano ogni volta un mondo che, a sua volta, si presenta e si rappresenta. Il senso del teatro e della vita come teatro è anche più vivo in queste opere dell’ultimo periodo, arricchite da una luminosità nuova dei colori, da una piacevolezza del segno che tenta di sedurre, da una ricerca poetica che, se è evidente ed enfatizzata nell’acquarello «Per Georg Trakl» si ritrova sia nella serie dei burattini, sia nelle ripetute rivisitazioni di Susanna e i vecchioni e ancora nei numerosi acquerelli dedicati a Freud. Cattaneo è un artista che cerca mentre fa e questa mostra lo rende evidente in modo utile per l’osservatore.

Frivola e sciocca è l’opera di George Segal, alla galleria Il Ponte, di via S. Ignazio e all’accademia americana sul Gianicolo. Quando dipinge o disegna Segal pare proporci solo noiosi giochetti da studentello di accademia alle prime armi; ma il discorso è più pesante nei confronti dei suoi calchi a rilievo o a tutto tondo, e poco ci importa di intaccare il prestigio di uno che viene definito un campione della pop art americana.
La sua tecnica favorita è quella del calco di gesso, eseguito direttamente addosso al modello da ritrarre, tecnica che, secondo l’autore, fa sì che i suoi modelli non possano assumere «un atteggiamento convenzionale o artificiale» perché «con quel bagnato scomodo addosso per tanto tempo, simulare diventa troppo difficile». In mostra compaiono per lo più le trasposizioni su carta pressata, tirate in più esemplari, dei bozzetti originali, ed è difficile, vedendo quegli involucri dal biancore mortale, attribuire ad altro che a necrofilia quella pretesa ricerca di verità e di profondità psicologica, sadicamente messa in pratica a prezzo dei reumatismi dei malcapitati modelli.

Ai Musei Capitolini sono esposti disegni, gouaches e dipinti di Marc Chagall di un periodo che va dal 1907 al 1983. Questo artista di novantasette anni è indubbiamente uno dei più grandi pittori di questo secolo; pur nelle evoluzioni stilistiche, si è espresso sempre in modo estremamente personale e preciso. Il suo è un mondo grazioso, sognante, fiabesco. La sua materia è l’aria in cui si addensano e volano i colori e le figure. Fra tutti i mostri sacri della pittura del nostro tempo, Chagall non è da noi particolarmente amato: troppo miele, troppe mossettine da lezioso poetino ce lo fanno percepire lontano dalla nostra sensibilità. La grande quantità di disegni esposti in questa occasione romana ci conferma più di quanto non intacchi la nostra convinzione. Ciò non toglie che anche noi rimaniamo ammirati di fronte ad alcuni dei pochi quadri qui esposti, tutti indubbiamente efficaci espressioni della serietà e della correttezza di un uomo e di un artista.

Noi amiamo di più la drammaticità e la sobrietà cromatica di una tela come l’Ebreo in preghiera del 1914 che non la pirotecnica girandola di figurine e di colori de La caduta di Icaro del 1975, perché pensiamo che queste accese rappresentazioni fiabesche, dai più così lodate, ricche di figure volanti e di abbracci sospesi, mostrino compiacenza per un’ideologia dei presepi fuori posto sui cavalletti della Pittura.