Considerazioni Attuali sotto i Lecci

Considerazioni Attuali sotto i Lecci

In un paese che non dico, tra gli ulivi, il torrente e i prati si nasconde un angolo di paradiso: grandi lecci dai rami possenti e virili diffondono un’ombra dolce rinfrescata dal vento che sale dalla piccola valletta fitta di rami intricati. Lì mi rifugio, quando posso, a studiare, leggere, a chiacchierare con gli amici. Di lì immaginate che venga la mia voce, quando con voi voglio fare qualcuna di quelle che (parafrasando Nietzsche) ho voluto chiamare considerazioni attuali.
E’ questo il modo che ho scelto per parlare di quello che accade, giorno per giorno, in Italia e nel mondo e su cui considero opportuno dire il mio parere.
Un’opinione che è frutto delle mie convinzioni, dei miei desideri e bisogni, delle mie paure e speranze. I lecci mi ascoltano, lo so, come ascoltano le cicale d’estate in quel loro frinire che rimane sempre sospeso nella canicola circostante, nell’ora in cui la campagna conosce la sospensione dell’incantesimo del dio Pan. In autunno e primavera ci sono i cani e il gatto, che fanno da contrappunto alle mie riflessioni in cui qualche volta mi perdo, anche per fermarmi a sentire il canto del cuculo, se è maggio, e dei mille altri uccelli che senza posa vanno e vengono in un movimento che è affanno e gioia di vivere.

Chi ha paura di Virgina Woolf?

Eccomi qua, di nuovo, sotto i lecci. Questa volta voglio parlare di un fatto, che io ho seguito “dall’interno”, che mi fa arrabbiare e sorridere allo stesso tempo. Una persona in analisi con me (per inciso: è un ragazzo piuttosto belloccio) si trovò, una di queste sere, a una festa, con molta gente e molta noia. Dopo essersi guardato un po’ intorno, decise di uscire in giardino. Lì si sedette su una panchina, assorto nei propri pensieri. Gli si avvicinò una ragazza che egli aveva appena intravista e che non gli aveva destato particolari emozioni. La fanciulla, dopo qualche istante di indugio, allungò le mani: proprio come fanno i maschi; il mio paziente, per nulla turbato, ma solo leggermente infastidito, cercò ugualmente di essere cortese. Disse sorridendo due frasi convenzionali, poi si alzò e rientrò.

Per una serie di circostanze venne a sapere , il giorno dopo, che quella ragazza aveva parlato di lui, in modo scandalizzato e ironico, dicendo: “ Sapete, quel ragazzo… ieri sera mi sono avvicinata, e gli ho fatto capire, con molta delicatezza, che si sarebbe potuto fare qualcosa… ma lui prima si è irrigidito, poi è diventato rosso ed è scappato a gambe levate ”. Concludendo: “ Ecco l’ennesima prova che i maschi hanno paura delle donne che si comportano come loro.”

“ Le assicuro – mi disse poi il giovanotto – che quella ragazza non mi aveva creato alcun problema”.

E’ vero che, nel nostro inconscio sociale è scritto che deve essere il maschio a prendere l’iniziativa, per cui è comprensibile che talvolta il maschio provi sgomento di fronte all’iniziativa femminile. Ma non sempre. Perché però le donne che decidono di diventare intraprendenti si infuriano se il maschio rifiuta l’approccio e si allontana? La prima spiegazione superficiale è il disorientamento di fronte ad un comportamento che non è rituale. C’è però una spiegazione più profonda: nel nostro inconscio sociale è dato per scontato che sia solo la donna legittimata a rifiutare un approccio sessuale, mentre il maschio non deve.