Il mio incontro con: la Musica

Il mio incontro con: la Musica

Io avevo un nonno, un ex-alpino, allegro, con gli occhi grigi e lucenti, sempre aperti nel sorriso. Giocava con me, mi raccontava storie, mi costruiva macchine strane, per catturare gli uccellini, in campagna. Era capace di suonare praticamente tutti gli strumenti: prendeva una fisarmonica, un clarinetto, un violino, un mandolino e sempre riusciva a trarne suoni sensati. Guardava prima lo strumento, studiandolo con cura, poi lo tastava, come si tocca il corpo di qualcuno con cui si ha voglia di fare l’amore, prima o poi capiva quale linguaggio quello strumento sarebbe stato capace di parlare e infine lo faceva suonare. La casa in cui viveva era circondata da olmi e sul davanti c’era un pendio erboso che scendeva fino ad un ruscello. Mio nonno mi ha anche insegnato a bere il vino.

2. Da allora, benché fossi ancora piccolo, incominciai ad intuire che la musica, ancora prima che un fatto sonoro, è un fenomeno tattile. La musica che si ascolta si fa con le mani su uno strumento da cui si traggono suoni. La musica non è solo una forma di arte, la musica di fatto trascende anche l’arte, e va oltre. Molto lontano, oltre gli olmi, il prato e il ruscello. La musica è come il vino che entra nei corpi e li accarezza con sapienza, li bacia e li avvolge nel suo abbraccio.
La musica è un fenomeno tattile, ritmo e melodia che nascono dal contatto con un oggetto di legno o d’ottone, da corde che vibrano, mosse da tasti d’avorio o pizzicate da archetti. La musica travalica il suono e avvolge il corpo e l’anima. Guai a chi non sa ascoltare la musica con tutto il proprio corpo, l’orecchio da solo non può capire davvero la musica. La musica è il mio e il tuo corpo e il corpo di strumenti antichi che hanno storie incominciate tanto tempo fa’.

3. Io ho voluto diventare musicista, dopo aver visto mio nonno toccare, accarezzare, abbracciare, succhiare gli strumenti musicali, sorseggiando frattanto un bicchiere di vino rosso. Banalmente, benché fossi ancora molto piccolo, chiesi a mio padre e a mia madre che mi mandassero a lezione di musica ed ebbi la fortuna di trovare maestri eccezionali che la conoscevano bene e la amavano e questo amore cercavano di trasmettermi insegnando. Io cercavo di apprendere quello che mi veniva trasmesso sotto forma di lezioni, ma sapevo che la musica sta nei corpi e la ricevevo tremando nel mio corpo gracile, abbassando per l’emozione gli occhi sotto il ciuffetto di capelli che mi ricadeva sulla fronte. Le mie mani correvano sui tasti, imparavo la misura del ritmo e gli inganni della melodia, le sorprese beffarde dell’armonia e del contrappunto.

Poco a poco, imparai a conoscere anche gli strumenti che non sapevo suonare, imparai a metterli insieme, orchestrandoli, dando loro un poco del mio corpo e sentendoli vivi scatenare in me passione, speranza e paura. Con alcuni di essi avevo un contatto più intimo, con quelli potevo giocare, eccitarmi, saziarmi di carezze date e ricevute, trasformate in suoni totalmente miei.
Ancora adesso mi abbandono, anche di notte, a giochi fantastici con gli strumenti, costruisco intrecci armonici, cerco soluzioni nel contrappunto, fino a che mi addormento con la mente svuotata e il corpo esausto.

4. Tutti e ovunque – se ci abbandoniamo senza resistenze e riserve mentali – possiamo sentire la musica avvolgerci e penetrarci, qualunque sia il linguaggio con cui essa si esprime. La musica infatti è molto impudica, dice sempre di se stessa tutto quello che sa dire e anche di più ed ama farsi scoprire in questa impudicizia e concedersi nel suo mistero. Questo però non deve far credere che la musica sia un linguaggio universale o, peggio ancora, spontaneo. E’ solo finzione quella di chi crede che la polifonia dei pigmei, o la sonorità del balafon siano espressioni di linguaggi primari o naturali.

Ogni espressione musicale è frutto di sistemi codificati che vengono di lontano, ma che hanno precise intenzioni e rigore grammaticale e sintattico perché, se così non fosse, saremmo in presenza di rumore e non di musica. I linguaggi musicali sono diversissimi tra di loro e quasi sempre difficili da comprendere senza una lunga e profonda applicazione. Questo vale per la musica moderna e per quella antica, colta e popolare, occidentale ed orientale. Nessuna musica è spontanea o primitiva, come la pigrizia intellettuale o l’etnocentrismo di molti vorrebbero far credere.

Esiste, paradossalmente, anche una musica ottusa e narcisista, che forse, però, non è davvero musica .

Nelle pagine che seguono parlerò della mia musica, impudicamente, mettendo a nudo un po’ di me stesso, del mio corpo e della mia anima…