Psicanalisi contro n. 39 – Lo svizzero

giugno , 1999

1. La scienza non è avulsa dalla morale e dall’impegno sociale e politico e la sua neutralità è un’illusione. Però, allo stesso tempo, non si può pensare di vivere in un mondo fatto soltanto di ideologie e quindi bisogna anche tenere conto di ciò che la scienza e la tecnica stanno facendo e scoprendo. Così, anche nei confronti dei numerosi e dibattuti problemi legati alla procreatica, i cui sviluppi sono tanto rapidi che non possiamo immaginare attualmente a quali obiettivi si perverrà, si pone il problema della scelta tra il diritto della ricerca, la libertà d’accesso ai suoi risultati e il dovere etico. Come diceva già, molto tempo fa, il biogenetista Jacques Testart padre della prima bambina francese concepita in provetta e nata il 24 febbraio 1982: oggi la scienza è arrivata ad un punto tale che è tecnicamente in grado di realizzare qualunque fantasia umana sul concepimento e la procreazione. Il solo problema sta nella liceità o meno di applicare
indiscriminatamente queste conoscenze (cfr. L’oeuf transparent, Fammarions, Paris, 1986).

La fecondazione artificiale, o “procreazione medicalmente assistita” che dir si voglia – c’è, di fatto, già qui un problema di tipo terminologico, in quanto al primo termine è data una connotazione negativa, mentre al secondo una positiva – è quella fecondazione che non avviene, in maniera “naturale” , usando tutte le virgolette del caso. Sembra che la prima fecondazione assistita, realizzata usando lo sperma estratto dalle gonadi di un maschio e inserito successivamente nel corpo di una donna in modo da renderla incinta, sia avvenuta nel 1700, in Inghilterra, dove fu così fecondata la moglie di un tappezziere che era affetto da una grave forma di ipospadia, aveva cioè il pene troppo piccolo per cui non poteva accoppiarsi. Successivamente, nel diciannovesimo secolo, quando si affrontarono con speciale enfasi tutte le questioni poste dalla scienza, anche la ricerca sulla fecondazione assistita ricevette un notevole impulso e divenne oggetto di dibattito. Nel 1897, stimolati dalle novità registrate in Francia su tale materia, i teologi, monsignori e cardinali del Sant’Uffizio, presero posizione e affermarono che la fecondazione artificiale non poteva essere permessa in alcun caso. Anche Pio XII, in seguito, si pronunciò in modo decisamente negativo sui primi studi sperimentali dei biogenetisti del suo tempo, pur ammettendo che la scienza potesse offrire qualche piccola possibilità di aiuto nei casi in cui ai coniugi la fecondazione naturale risultasse problematica per cause patologiche. Di fatto, ancora oggi, la posizione della Chiesa, di ferma condanna, non è sostanzialmente mutata.

2. La possibilità della fecondazione in vitro, annunciata a partire dagli anni quaranta di questo secolo, destò grande scandalo e dibattiti. Famoso fu il caso di un ricercatore italiano, Daniele Petrucci, che, nel 1961, a Bologna, comunicò di aver unito in vitro due gameti, uno maschile e uno femminile, e di aver fatto vivere l’essere umano così concepito per ventinove giorni, e di aver poi, per ragioni “morali” sospeso l’esperimento, uccidendolo.

In ogni modo, il dibattito e le ricerche sulla fecondazione artificiale e in vitro vanno avanti. Gli studi di Robert Ewards, fisiologo inglese, e del medico Patrick Steptoe vanno tanto in là che il 26 luglio 1978 i due possono annunciare la nascita in Inghilterra di Louise Brown, il primo essere umano concepito in vitro, cioè totalmente all’ esterno del corpo della donna. Successivamente, le tecniche divengono sempre più sofisticate, complesse e ardite, sia attraverso il prelevamento degli spermatozoi, sia con quello più complesso degli ovociti. Mentre è piuttosto semplice prelevare lo sperma del maschio, l’uovo della donna deve essere estratto con una tecnica chirurgica complessa, ma che oggi è praticata comunemente. Proprio appoggiandosi su questa possibilità di estrarre l’uovo dal corpo della donna, si è giunti a teorizzare e forse anche a realizzare la donazione umana. A questo proposito, va detto che gli scienziati non sono del tutto d’accordo sul fatto che la donazione di animali sia realmente avvenuta e non si tratti di una truffa; malgrado la pubblicità data nel 1997 al caso della pecora Dolly. Lasciamo comunque da parte questo argomento perché altrimenti ci porterebbe troppo lontano.

3. Il problema etico della fecondazione artificiale – o procreazione assistita che dir si voglia – si è posto per una serie di ragioni.
Nel mondo occidentale, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, si è registrata negli ultimi anni una diminuzione intensa delle nascite, sia perché si è liberalizzato e diffuso l’aborto in moltissimi paesi dell’occidente, sia perché le donne impegnate nel mondo del lavoro pongono la maternità in secondo piano rispetto ad altri obiettivi, sia perché ragioni economiche suggeriscono di limitare il numero dei bambini da crescere al fine di poter prestare loro maggiore assistenza, non soltanto medica, ma anche psicologica e sociale. Purtroppo, questa maggior protezione del bambino è posta in atto soltanto dopo la cosiddetta nascita, mentre durante i nove mesi di gestazione non è rispettato né protetto dalle leggi abortiste di troppi paesi.

Un’altra importante ragione che è alla base dell’incremento degli interventi di fecondazione artificiale è l’ aumentata sterilità delle coppie, dato questo che sta crescendo vorticosamente. C’è chi dice che ciò dipenda dal tipo di vita sociale e produttiva imposto dalla nostra civiltà, altri pensano che possa dipendere dall’alimentazione. Probabilmente la ragione più importante è da ricercare negli stress cui uomini e donne sono oggi sottoposti: si è scoperto che i fenomeni stressanti rendono la produzione degli spermatozoi molto meno vivace e oltretutto quantitativamente molto inferiore (pare che sia ridotta di tre quarti la presenza di spermatozoi nel liquido seminale del maschio); è ovvio, quindi, che la possibilità della donna di rimanere fecondata attraverso il rapporto sessuale venga ridotta notevolmente.

I tipi di fecondazione artificiale si distinguono in due grandi categorie principali: “in vivo” o “in vitro”. La fecondazione in vivo” avviene dentro il corpo della donna; invece, la fecondazione “in vitro” e il conseguente concepimento avvengono in provetta, cioè del tutto al di fuori del corpo della donna. Ogni fecondazione artificiale può inoltre essere omologa o eterologa. Si dice omologa quando viene operata l’unione di gameti forniti entrambi dai componenti della coppia che vuole concepire il figlio; si dice invece eterologa se uno o entrambi i gameti appartengono a donatori esterni alla coppia (qui si aprirebbe un capitolo sulle legislazioni che permettono o no la fecondazione di donne non sposate o con l’impiego di donatori di gameti).

Indubbiamente, la fecondazione eterologa pone il maggior numero di problemi dal punto di vista psichico, morale e giuridico, si tratti di un donatore conosciuto oppure sconosciuto. A questo proposito, c’è chi afferma che è bene che questo seme venga da un parente di chi non è fecondo, piuttosto che da uno sconosciuto. Collegato a quello dei genitori, si apre poi il problema del bambino, che può essere formulato in questo modo: esiste in questi casi un diritto del figlio di sapere chi siano i suoi genitori?
Senza dubbio il seme di una persona sconosciuta che partecipa al processo di fecondazione può comportare disagi anche gravi, che bisognerebbe sapere affrontare adeguatamente. Purtroppo, oggi, gli attuali psicologi, psichiatri o psicoanalisti non sembrano in grado di affrontare questioni di questo genere con sufficiente chiarezza di idee, anche perché si tratta di problematiche assolutamente nuove.

4. C’è un caso clinico che voglio raccontare perché è abbastanza emblematico.
Qualche tempo fa, una donna ebbe un’esplosione psicotica gravissima, tra il quinto e il sesto mese di gestazione. Questa donna si era sottoposta, in Svizzera, ad un intervento di fecondazione artificiale, perché il marito soffriva di una assoluta aspermia, cioè nel suo liquido seminale non era presente neanche uno spermatozoo. La situazione, in un primo momento, sembrava non aver destato particolari problemi, pur se ovviamente era caratterizzata da molte preoccupazioni e angosce, credo inevitabili poiché, di fatto, queste decisioni non vengono prese con leggerezza; perché si accompagna ad esse il problema morale degli aborti rappresentati dagli embrioni che non si possono utilizzare, i quali o sono gettati o vengono congelati. Verso il quinto mese di gestazione, periodo in cui in cui generalmente si percepiscono direttamente i movimenti del bambino (che tuttavia si può vedere in movimento già molto prima, attraverso l’ecografia), la gestante era rimasta turbata a causa della loro particolare violenza. Le madri dicono di solito che il bambino nel ventre materno “scalcia”: in realtà gioca, si rotola e si muove, anche se è vero che talvolta può dare qualche calcetto. Comunque, i movimenti di quel bambino erano particolarmente vivaci; certo troppo per la situazione psichica di malessere di quella signora che stava già covando anche da prima della fecondazione artificiale. Di fatto, il marito accompagnò da me una donna ormai completamente folle, in una crisi di frammentazione schizofrenica e sintomi allucinatori gravissimi.

Nel ricostruire la vicenda, affiorò che la signora, subito, aveva percepito quei movimenti interni come profondamente aggressivi, cosa che le aveva procurato moltissima ansia, che però riusciva ad elaborare e a razionalizzare mantenendo il contatto con la realtà (era il bambino che l’aggrediva); in un secondo tempo, però, iniziò una fase delirante e pensando che il bambino fosse figlio di uno svizzero — in effetti, si dice che in Svizzera si usi per la donazione lo sperma dei soldati di leva, giovanotti sani e anonimi — si era dimenticata di avere il bambino dentro e lo aveva per così dire proiettato fuori di sé; così aveva incominciato a dire di essere perseguitata da un soldato svizzero, di cui vedeva continuamente gli occhi che la seguivano ovunque. All’inizio, come avviene in molte psicosi, i sintomi si erano manifestati prevalentemente di notte, tanto che trascorreva notti insonni in cui vedeva passare uno svizzero biondo che la guardava con occhi terribili. Allora accendeva la luce e svegliava il marito e non pensava più al bambino che aveva dentro di sé e che era divenuto il suo persecutore esterno. Una notte, in pigiama e pantofole, la donna si era messa a scappare per la città, dicendo di essere inseguita dallo “svizzero”. Fu raccolta e riportata a casa, dove le furono dati dei sedativi, quindi il medico di famiglia l’aveva inviata da me. È chiaro come la fecondazione eterologa avesse procurato in quella donna in situazione psichica già precaria, una vera e propria psicosi.

Nel lavoro analitico, si cominciò, al momento opportuno, a parlare della sua andata in Svizzera, dell’intervento, di come a quell’intervento fosse collegata la fantasia sul soldato svizzero; e poi fu come se quello svizzero fosse rientrato nel suo ventre e lei poté tornare a percepire il suo bambino: certo con un po’ di ambivalenza e con molta angoscia, che però non le impedirono di arrivare al parto, clinicamente guarita dalla psicosi. Un altro caso, purtroppo non risolto, anche se molto interessante, fu quello di un giovane uomo che venne da me profondamente sconvolto per quanto gli era successo. Aveva accettato che la sua compagna ricorresse alla fecondazione eterologa, questa volta in Italia. Anche qui tutto era sembrato andare bene per un po’ di tempo: sia lui sia lei avevano avuto l’opportunità di fare la diretta conoscenza del bambino, un maschio, attraverso l’ecografia, ma ad un certo punto, quasi contemporaneamente, era esplosa in entrambi una tremenda forma di rifiuto verso il bambino, nonostante avessero penato tanto e speso anche molti soldi per riuscire a fare quella fecondazione artificiale. L’intervento era stato causa dell’insorgenza di due forme nevrotiche gravi, pur senza perdita del senso della realtà come nel caso precedente. Il marito arrivò da me terrorizzato, quasi in crisi di panico, dicendomi: “Mia moglie vuole abortire, non vuole più il bambino, lo odia”. Egli stesso era preda di pensieri e di fantasie terribili che non riusciva a controllare: gli accadeva in sogno, in modo improvviso, di ripetere ossessivamente la frase: “Io sodomizzerò questo bambino, perché non è mio figlio”. Lui non voleva questa frase, come non voleva sognare di sodomizzare un bambino che sentiva come suo figlio; per questo anche lui era arrivato a dire che forse sarebbe stato meglio che la moglie avesse abortito.

La moglie non l’ho mai vista, perché non è mai voluta venire da me, so soltanto che aveva manifestato un gran rifiuto nei confronti di questo bambino e voleva abortire. Con questo giovane uomo invece la risoluzione fu abbastanza rapida, quasi grazie a un gesto suggestivo da parte mia, più che di vera e propria terapia psicoanalitica. Una volta, anziché portarmi il solito sogno in cui aggrediva sessualmente i bambini, terrorizzandosi, mi disse di aver sognato di essere in un giardino, dove c’erano tanti bellissimi fiori non piantati da lui (simbolo abbastanza evidente) e, preso da un gran furore si era messo a reciderli (anche a lui era venuta immediata l’associazione con il desiderio di far abortire la moglie); giunto di fronte però ad un ultimo bellissimo fiore, gli si era avvicinato il presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini – che lui aveva conosciuto da ragazzo in uno degli incontri che il presidente faceva settimanalmente con gli alunni delle varie scuole e di cui aveva un ricordo tenerissimo e dolcissimo (pare che Sandro Pertini fosse molto bravo a rapportarsi con i bambini e con i ragazzi) – il quale gli aveva fermato la mano dicendogli: “Vedi che bel fiore! Accarezzalo”. Anch’io mi chiamo Sandro e ho la carica di presidente di alcune associazioni, quindi non fu così complicato capire che nel sogno ero da lui identificato con Sandro Pertini.

Non dovetti nemmeno spiegargli il significato di quel sogno, perché lo capì da sé e, di fatto, da quel giorno, non ebbe più quei terribili pensieri e si sentì sollevato. A mia volta allora gli dissi: “Perché lo vuoi uccidere? Tienilo”. Lo rividi a distanza di un mese e mi disse che da parte sua era molto contento perché aveva accettato la fecondazione della moglie, mentre la moglie non ci era riuscita e voleva ancora abortire. Ora purtroppo di quelle persone non so più niente.

5. Come si può capire da questi esempi, ci sono grossi problemi legati alle fecondazioni assistite eterologhe. Certo questi sono due casi clamorosi, però bisognerebbe prestare molta attenzione anche alle problematiche psichiche di chi decide di fare ricorso a tali pratiche, perché, purtroppo, se da una lato la nostra civiltà occidentale è diventata molto permissiva verso l’omicidio del bambino nel ventre materno attraverso l’aborto, dall’altra invece, siccome è aumentata la sterilità, ha prodotto una nuova forma di perversione che si sta diffondendo, cioè quella di volere il figlio a tutti i costi, sia con la fecondazione artificiale che utilizza i gameti dei due genitori, sia addirittura ricorrendo anche alla donazione di uno o due estranei. Questa, secondo me, è una perversione vera e propria. non si ha diritto di volere un figlio a tutti i costi. Quando il figlio c’è, quando il concepimento è avvenuto, la sua vita deve essere difesa come la vita di tutti, dei bambini, degli adulti, degli uomini, delle donne, dei bianchi e dei neri; ma volere il figlio ad ogni costo sta diventando una perversione in una società sempre più spaccata in due, dove da un lato si ammazzano e si buttano i feti nella spazzatura e dall’altro si giunge a quest’ altra aberrazione di volere un figlio proprio ad ogni costo.

Non credo che si abbia questo diritto, sia da un punto di vista morale, sia psicologico, perché un figlio deve essere voluto per se stesso e non per soddisfare un desiderio frustrato di una coppia o di un single. Guai a quelli che concepiscono il figlio per rinsaldare la coppia che si sta sfasciando, oppure che fanno i figli per superare la paura della morte. Guai infine a chi vuole fare un figlio perché vuole provare ossessivamente la propria fertilità. Queste sono perversioni, sono malattie che la psicoanalisi, la psicoterapia, dovrebbero curare. Chi ha un desiderio spasmodico di avere un figlio per ragioni diverse da quella di generare e rendere felice un essere umano, non ha il diritto morale di farlo, perché ogni altra motivazione è immorale e avrà un effetto dannoso per la psiche di quel bambino. Certo, insieme al desiderio di generare, possono concorrere anche ragioni aggiuntive, come il desiderio di avere una discendenza, persino di rinsaldare un rapporto; però se il motivo principale è quello di fare il figlio per soddisfare un proprio bisogno allora prevale una connotazione patologica che va, invece, curata, perché rivela l’aberrazione di un desiderio distorto di possesso.

Sia chi abortisce o pensa di abortire volontariamente, sia chi vuole a tutti i costi un figlio, dovrebbe affrontare una psicoterapia, perché, in entrambi i casi, si nega ogni rispetto alla vita e alla persona.
Certa pervicacia, e certa tenacia mostruosa hanno poi il risvolto ignobile di fare arricchire persone che, solo per lucro, sono disposte a compiacere illusioni di ogni tipo e talvolta anche a realizzare progetti di maternità e di paternità già compromessi da palesi patologie fisiche e psichiche.

6. La mia presa di posizione, ancora una volta, non si basa su una convinzione religiosa, ma semplicemente sul mio schieramento in favore della civiltà e della qualità della vita, a cui io tengo molto. Aver voluto troppo il figlio procura gravi conseguenze nel bambino, proprio come l’averlo voluto troppo poco, come l’averlo pensato troppo o troppo poco: è sempre il troppo che tradisce quanto c’è di malato nella relazione col figlio.

Il bambino, fin dal concepimento — e sempre di più la scienza lo dimostra — impara, ascolta ed anche percepisce le emozioni di chi è in relazione con lui, del mondo che gli sta intorno: se è lasciato solo si sente solo, se non è voluto, si sente non voluto. Qualche tempo fa, una psicoterapeuta mi parlò di un bambino che, per sentirsi vivo, dava delle grosse testate sul muro, tanto da lasciarvi grandi macchie di sangue; questo bambino sembrava sempre che guardasse da un’altra parte; se gli chiedevi di fare una cosa non la faceva, non ascoltava; aveva i suoi giocattoli (alberelli, casette, cavallucci, costruzioni, pongo, e così via) e giocava con questi cantando molto spesso una canzoncina. Diceva qualche frase, sovente diceva no e qualche volta diceva sì; se doveva andare al bagno indicava il posto, ma non chiedeva nulla. Un giorno, la terapeuta gli chiese di raccontarle come stava quando era nella pancia della mamma: il bambino assolutamente non reagì. Dopo un mese, mentre la terapeuta si era completamente dimenticata di quella sua richiesta, il bambino prese un pinocchietto e lo mise in una bacinella piena di acqua; ci mise anche un ippopotamo; fece muovere e correre il pinocchietto dentro l’acqua, poi ad un certo punto cominciò a piangere con grosse lacrime che gli scorrevano lungo il viso, mentre guardava il pinocchietto che tremava nell’acqua. La psicoanalista gli domandò perché si comportava così e il bambino questa volta le rispose a tono, piangendo : “Ma sei tu che mi hai detto di farti vedere come stavo nella pancia della mamma”.
Come sono stupidi quelli che dicono che gli autistici non percepiscono; mentre un esempio del genere ci fa intuire quanto avesse lavorato in quei trenta giorni il cervello di quel bambino per cercare di elaborare una risposta tanto esauriente.

Per concludere, si potrebbe immaginare una situazione paradossale, divertente e terribile allo stesso tempo: considerando la relativa facilità con cui si può realizzare la fecondazione in vitro, immaginiamo la possibilità, oggi molto concreta, di proseguire la gestazione fuori dell’utero della donna per tutti i nove mesi, proprio come aveva fatto già Petrucci che nel 1961 disse di essere arrivato fino al ventinovesimo giorno. Inoltre, sappiamo che oggi il neonato può essere allattato e nutrito benissimo in modo completamente artificiale fino all’autosufficienza.

A questo punto, possiamo domandarci: che ne sarà del corpo della donna e degli organi genitali del maschio e della femmina?
Se non sarà più necessario introdurre un pene in una vagina ai fini della procreazione; se la sacca dell’utero non dovrà più contenere l’embrione e i fianchi larghi della donna non avranno più la funzione di “portare” il feto per tutto il tempo della gestazione; se le ghiandole delle mammelle non dovranno più produrre il latte, il maschio e la femmina non avranno più ragioni evolutive per differenziarsi l’uno dall’altra.

Questa non è una battuta, anche se può sembrarlo.