Psicoanalisi contro n. 35 – Breve compendio di teoria e storia delle psicoterapie (4^parte)

gennaio , 1999

10. Vivere vuoi dire raccontare, ovvero rappresentare: ciascuno quando pensa a ciò che sta facendo, ha fatto oppure farà, in qualche modo se lo racconta. Ogni avvenimento che si svolga nello spazio e nel tempo realizza una storia che può essere narrata. Il racconto costituisce la ragion d’essere del pensiero e dell’azione degli uomini che riflettono su ciò che sono e fanno, raccontandoselo, cosa possibile solo perché dispongono di memoria.

Quella che comunemente viene chiamata psiche si caratterizza per due istanze fondamentali: la prima è la memoria, la seconda è il racconto.
La memoria può essere intesa come hanno fatto i filosofi come Bergson oppure può coincidere quella dei neurofisiologi come Papez. Senza memoria fisica e psichica comunque la vita non ci sarebbe, bisogna infatti sapere almeno un po’ ciò che si è chiamati a fare nel mondo e per saperlo è necessario utilizzare la memoria che fa scattare il primo impulso psichico. Ogni uomo fa gesti che ha memorizzato come utili a perseguire lo scopo; il cervello umano funziona come un computer che utilizza i dati che ha in “memoria”. La differenza tra la memoria umana e quella artificiale è che la prima è irriproducibile, in quanto si caratterizza anche per il sentimento di sé, conscio o inconscio che sia, mentre la seconda è in qualche modo la “memoria di un altro”, di quello o quelli che l’hanno progettata.

L’agire psichico dell’uomo sorge dalla memoria e costruisce memoria che diventa racconto. Agire e vivere significa ricordare per raccontare. Memoria e narrazione sono inscindibili e confluiscono una nell’altra, realizzando quella forma di “racconto primo” che costituisce la sola umana possibilità di realizzare i gesti che permettono all’uomo di vivere.
Il “racconto secondo” si svolge sotto quella forma di rappresentazione che la cultura ha poi chiamato teatro. Nell’etimologia della parola teatro c’è il concetto di “guardare”: l’uomo guarda per ricordare, per riconoscere e per capire; nelle raffigurazioni rupestri è fissata la rappresentazione: danza, caccia e riproduzione; in seguito, nell’azione teatrale è stato possibile anche, unendo al segno il suono, la musica e la parola, cogliere la dinamica temporale che va dal passato al futuro passando attraverso il presente. La polemica scoppiata nell’Ottocento al fine di stabilire se il teatro derivi dal rito oppure il secondo dal primo non è ancora finita e certo, prima e dopo i riti dionisiaci e la tragedia greca, le due forme di rappresentazione sono state spesso miscelate tra loro nel fine comune di pervenire alla catarsi o liberazione dal male che le ha anche avvicinate alla terapia nella forme particolari – così affini alla psicoterapia – praticate teatralmente e ritualmente entro i sacri recinti dei templi dai sacerdoti di Esculapio.

11. Come abbiamo visto, la moderna psicoterapia, può fare uso di sostanze psicotrope, ricorrere a forme di condizionamento psichico del comportamento, oppure avere modalità proprie ogni volta diverse, ma in tutti i casi il suo scopo è di trasformare, attraverso la presa di coscienza, una rappresentazione malata in una «sana», o almeno così considerata dal contesto sociale in cui è destinata a svolgersi. La conseguenza logica è che, finché l’uomo sarà quello che è, non si può ipotizzare che le attuali o future moderne tecnologie possano in alcun modo modificare il significato della psicoterapia in quella che è la sua essenza. Potranno ovviamente mutare gli stili del racconto, i modi delle rappresentazioni, la forma delle maschere, ma non la sostanza della psicoterapia che interviene sulla rappresentazione che l’uomo fa, di sé e del mondo, per gli altri e per se stesso. La possibilità di agire terapeuticamente rimane sostanzialmente invariata, quale che possa essere la tecnologia messa a disposizione del terapeuta e del paziente: l’informatica, la globalità di internet, il monitoraggio e il brain imaging e le più sofisticate risorse della farmacologia nucleare e della neurochirurgia, porteranno il loro contributo, moltiplicando e rinnovando le variabili attraverso cui si snoderà l’immutabile narrazione di una vita che tende ad evolversi, partendo da una rappresentazione malata, verso una rappresentazione sana. Il massimo auspicabile di rappresentazione della salute resta comunque – per noi – quella che è consapevole di se stessa, raggiungibile soltanto attraverso la presa di coscienza.

Le caratteristiche fondamentali della mente dell’uomo sono oggi le stesse di migliaia di anni fa, non sono infatti state modificate né dalla geometria non euclidea, né dalla teoria della relatività o della fisica sub-atomica, né dalla progressione geometrica del progresso scientifico degli ultimi cento anni; al tempo dei missili, le strutture cerebrali continuano ad essere le stesse dell’uomo che combatteva usando l’arco e le frecce, quella che è cambiata è forse la velocità di ogni tipo di movimento, che però continua a realizzarsi entro lo stesso spazio psichico. Possiamo inventare significanti e macchine capaci di elaborarne di sempre nuovi e più sofisticati, ma il tentativo di evadere in altre dimensioni spazio-temporali rimane per l’uomo soltanto una forma di delirio che diventa per forza di cose oggetto di cura. Ciò vale almeno fino ad oggi e bisogna evitare di ipotecare un futuro che non conosciamo e che non siamo quindi in grado di rappresentarci.

12. C’è forse un aspetto del futuro che però ha già avuto un inizio di rappresentazione ed è quello che concerne quella forma di inter-relazione umana caratterizzata dalla sessualità e dalla procreazione.
Non è più fantascienza immaginare oggi che il concepimento avvenga senza copula, ovvero senza unione sessuale tra un uomo e una donna: spermatozoi ed ovuli possono essere prelevati al fine di una fecondazione ed anche di una gravidanza extra-uterina che culmini con la nascita di un nuovo essere umano che potrà proseguire il suo ciclo vitale senza dover avere alcun contatto col corpo della madre, neppure al fine del nutrimento. Questa prospettiva cambia, per esempio, la rappresentazione che si è sempre avuta del corpo della donna, come finalizzato alla funzione riproduttiva e al molo materno: fianchi larghi per contenere il feto, mammelle per allattare il bambino e via dicendo. Da un punto di vista evolutivo, venuta meno la funzione di fattrice, il corpo della donna potrebbe essere rappresentato privo di alcune delle sue fondamentali caratteristiche secondarie (allo stato delle cose ancora non è dato ipotizzare quali trasformazioni evolutive potrebbero subire gli organi genitali del maschio e della femmina).

A questo punto, è proprio la dinamica pulsionale che verrebbe sconvolta e con essa quella dei rapporti tra figure finora considerate significative come la triade padre-madre-figlio e i suoi corollari della famiglia più o meno allargata e del sistema sociale complessivo.
La psicoterapia vedrebbe così completamente mutare l’oggetto del suo intervento e i punti di riferimento, fin qui univoci per pazienti e terapeuti.

La presa di coscienza potrebbe evolversi dinamicamente allo stesso modo in mancanza di rapporto coi genitori biologici o comunque con figure genitoriali? Le strutture fondamentali dell’inconscio in quale modo continueranno a sussistere? L’inconscio stesso su quali nuovi contenuti potrebbe fondarsi?