27 – Febbraio & Marzo ‘98

febbraio , 1998

Sappiamo quanto sia importante per il turista evitare certi spiacevoli incidenti – al momento della scelta di un ristorante – che rischiano di rovinare parte della vacanza.
Un bistro che noi troviamo accogliente è vicinissimo all’Arco di Trionfo: esattamente al numero 1 della avenue des Ternes. Il posto si chiama LE BOUQUET DES TERNES (il bouquet – letteralmente mazzo di fiori, che appare nell’insegna – è anche il nome di una varietà, più grossa, del gamberetto noto con l’appellativo di crévette) ed è di una eleganza non pacchiana, arredato con comode sedie e tavoli non troppo addossati gli uni agli altri (almeno rispetto alle abitudini correnti); il servizio è cortese, attento; il bancone delle ostriche, messo come sempre all’esterno, è ricco ed allettante. Chi non voglia godersi una delle tante possibili versioni del plateau di frutti di mare ed ostriche, freschissimi ed opulenti, serviti sul troneggiante piatto di metallo, colmo di ghiaccio, può scegliere tra molte proposte di pesce e di carne. Ottima è la fricassèe de langoustines dal sapore davvero “alto”; ma chi ama l’entrecóte, può scegliere tra tagli di carne che vanno dai duecento grammi al chilo, col midollo profumatissimo, cotti al punto desiderato. Gli altri suggerimenti della carta sono molteplici e ad un livello sempre soddisfacente; ma per il déssert noi consigliamo la stupefacente assiette gourmande du patissier, che raduna in un sol piatto, di proporzioni inusitate, le, meraviglie di una pasticceria fantasiosa e fragrante! La carta dei vini consente di scegliere alcune buone bottiglie a prezzi accettabili, tra le quali un Sancerre, 1996, di un bel colore bianco-dorato, profumato di albicocca e biancospino e dalla serica morbidezza; oppure un semplice, ma gustoso Saint Nicolas de Bourgueil, un rosso ugualmente giovane, servito un po’ fresco. Il prezzo può parere sostenuto, ma in parte ciò è dovuto al cambio troppo sfavorevole, oltre che al fatto di essere in una zona chic e comunque è adeguato alla concorrenza.

LA CHOPE D’ALSACE è una birreria alsaziana, situata nel cuore di St. Germain, sulla piazza del Carrefour de l’ Odéon, vicino al famoso omonimo teatro d’Europa, già diretto anche da Strehler. Venirci per cena, oppure a pranzo può essere un’esperienza disorientante, ma che ben rende l’idea di quale possa essere la concezione della gastronomia in una fredda regione del nord della Francia. Le porzioni dei piatti sono enormi, ed in molti di essi si trovano accostati ingredienti che per calorie e grassi potrebbero sostentare una squadra di spaccalegna: antipasti come la terrina di magret de canard avec confiture d’oignon, ovvero tre enormi trance d’anatra, condite da un tegamino di dolcissima squisita marmellata di cipolla rossa che deliziano il palato quanto saziano; ma anche purtroppo un pesantissimo e stolido paté in crosta, freddo ed indigesto. Il coniglio in fricassea, non sgradevole se pure di allevamento, troneggia su colline di tagliatelle, cavolfiori, fave e salsiccie; l’enorme porzione di stinco di porco, morbido e saporitissimo quasi scompare tra mucchi di patate arrosto e pancetta a dadini. Giustamente si ha bisogno dei ghiacciati sorbetti di frutta, per superare la sensazione di leggera oppressione e stordimento che coglie alla fine di un tale pasto. Chi arrivasse qui entro il trentun marzo, vi troverà, come in altri diciotto locali di Parigi quest’anno, la cosiddetta bière de mars, fresca bevanda, guizzante, allegra e saporita, che va giù come niente, e che costituisce l’equivalente per le birre di quello che è il vino novello per i rossi. Anche qui la posizione ultra centrale influisce sul prezzo che sale un pochino.

Snobisticamente noi non ci saremmo mai seduti ai troppo turistici tavoli di MA BOURGOGNE, che invitano alla sosta sotto i portici della suggestiva Place des Vosges, il cui fascino seicentesco suggella di nobiltà il vicino quartiere del Marais, con le memorie regali di Luigi XIII e Anna d’Austria e le aure letterarie di Madame de Sevigné e Victor Hugo che vi abitò a lungo; ma un giorno l’ora e la stanchezza ci hanno fatto cedere. Il ristorante è sì affollatissimo di turisti, ma vi si può sedere all’aperto, sia d’estate, per godere il fresco dei giardini di fronte, sia d’inverno, riscaldati da potenti radiatori. Il repertorio – offerto a prezzi decisamente accettabili – è quello della cucina tipica parigina, oltre che borgognona ovviamente: lumache di superba e sontuosa prelibatezza, una tartare al coltello davvero insolita per la ricchezza dei gusti e dei profumi: il resto è un seguito di salsicce, choucroute, steak, entrecôte, e tournedos, accompagnati da montagne di passabili patate fritte, a cui ci si può accostare senza troppo temere; per finire con una torta di mele come la tradizionalissima tarte Tatin, tiepida, qui cucinata come la faceva un tempo la nonna.

I gamberi di fiume stanno scomparendo anche dai ristoranti di Parigi, ma è ancora possibile gustarli in qualche ristorante di pesce: noi li abbiamo trovati eccellenti alla rue du Rocher, (all’ VIII, ma già vicino a St. Lazare) dove apre i battenti LE VIN ET LA MAREE che offre anche buoni piatti di stoccafisso in un contesto arioso e gradevole dai
costi non proibitivi.

Se non vi spaventa arrivare in metropolitana fino alla Porte d’ Ivry, nel XIII arrondissement e di lì riuscite a raggiungere a piedi il numero 159 della rue Chateau des Rentiers, attraversando plaghe piuttosto ostili, varcata la soglia del ristorante cinese LA MER DE CHINE, vi troverete in un luogo forse non troppo accogliente a prima vista, ma pulitissimo, dove vi sarà possibile assaggiare a pochissimo prezzo una cucina in cui nulla vi è di precotto, e che prepara due piatti assolutamente inediti di cui uno consiste nelle lingue di anatra, prelibatezza da mandarini, condita di deliziosi aromi. La sera in cui i due Farfalloni si sedettero a quel tavolo, davanti a tante lingue in ogni piatto ebbero l’intuizione delle ragioni per cui ci sono al mondo tante anatre mute. L’ altro piatto ve lo riveleremo il prossimo Natale.