26 – Gennaio ‘98

gennaio , 1998

Una leggenda metropolitana racconta che tre bei maschioni: Schwarzenegger, Stallone e Willis avrebbero deciso di aprire nel mondo una serie di ristoranti di cucina messico-californiana che hanno avuto successo: PLANET HOLLIWOOD. Non sappiamo se i tre si intendano di cucina, non sappiamo neppure se in verità dietro all’operazione ci sia una multinazionale di cui i tre sarebbero solo i testimonials mondano-sensuali. Il risultato è quello di un’operazione intelligente che non si rivolge certo ad un pubblico di competenti, ma che fa l’occhiolino a clienti piuttosto ingenui. Anche nel locale aperto qualche tempo fa a Roma ci sono tutti gli ingredienti: trovarobato dai film, fotografie e luci roteanti e persino, come è nella tradizione romanesca, camerieri assolutamente inefficienti, ma simpatici.
Come si beve e come si mangia?

Si beve malissimo: i cocktail sono brodaglie indecenti, dal Comet Souvenir Drink a base di tequila, ruhm, banana e lampone, sgangherato e monumentale, al Margarita davvero irriconoscibile e via di questo passo. La misera carta dei vini, oltre ai bianchi e rossi della casa italiani e californiani (questi ultimi davvero caramellosi e stucchevoli) offre qualche etichetta italiana delle più scontate e la bottiglia di Krug costa 270.000 lire!
Sui cibi si va un po’ meglio: non tanto perché siano ben cucinati, ma perché la qualità degli ingredienti e la grande varietà degli assemblaggi riesce a costruire piatti tutto sommato divertenti che sono la gioia di quei bambini che tutti noi possiamo diventare anche a tavola.

I blackened shrimps sono un piatto di gamberoni alla senape, disarmonico, ma appetitoso; nelle fajitas, tortiglie di farina farcite con pollo, manzo o tonno, si trova di tutto in quantità spropositate: riso, peperoni, cipolle, guacamole, salsa di formaggio etc.; le costolette di maiale arrostito BBQ Baby Back, con patatine, sono fumanti e dolci di salsa al pomodoro; il trancio di tonno grigliato è enorme anche se un po’ desolato; tutto quello che è fritto risulta comunque fragrante. I dolci farebbero la delizia di Qui Quo Qua: montagne di panna, colate di cioccolato, zattere di’ cheescake, vasche di sundae, cremosi shakes multicolori.
I prezzi – sostenuti – riescono comunque a non risultare eccessivi anche perché la formula finisce con l’essere: un piatto, un dolce e via. Un vero miracolo di igiene e splendore sono le toilettes, terse come nessun cliente di ristorante romano ha mai nemmeno sognato.
Un tocco assolutamente perverso è però la musica, mandata ad un volume assordante, quasi disumano, che fa impallidire il frastuono di molte discoteche.