Psicanalisi contro n. 15 – Nuova psicoanalisi nuova sessualità (VIII parte)

dicembre , 1996

L’ AMORE
1. Per amare gli altri bisogna amare se stessi: la masturbazione può essere un segno di questo amore per sé. L’amore poi ha bisogno di essere amore per qualcun altro. Cerchiamo di parlare anche di questo senza falsi pudori.
La vita è dunque un’avventura, come abbiamo già visto. Quando sia iniziata quella della umanità non lo sappiamo con sicurezza, ma sappiamo quando inizia quella di ogni singolo uomo: quando i due gameti si incontrano nel concepimento. L’idea di far precedere la vita umana da un periodo “preumano” in cui l’uomo concepito viene chiamato embrione o pre-embrione è solo un’ubbia tanto infondata quanto mortifera, che si scatena contro l’uomo più debole che ci sia: il bambino nel ventre materno. Il male esiste da quando esiste l’uomo e l’inconscio sociale lo ha introiettato; la sola speranza che abbiamo di estirparlo è che il rispetto della vita inizi fin da subito anche se le leggi permettono che sia altrimenti. La scienza potrà allungare le prospettive della vita, i filosofi, i politici e i poeti potranno vagheggiare un mondo migliore, ma tutto questo non servirà se l’inconscio sociale non farà proprio il rispetto assoluto di ogni vita umana, a incominciare da quella del bambino non ancora nato.
La vita dovrebbe sorgere solo per un atto d’amore di un maschio e di una femmina che in un amplesso generano un altro essere umano. Troppo spesso non è così: si procrea per calcolo, per noia, per distrazione, addirittura per stupida violenza. In ogni caso la prima pulsione che la nuova vita prova è quella dell’amore. L’amore deve essere piacere dato e ricevuto. Amore e piacere sono uniti da sempre e devono restare uniti per sempre.
“l’amor che move il sole e l’altre stelle” è lo stupendo endecasillabo che chiude la Divina Commedia dantesca: l’amore muove tutto ed è motore di tutto. Ci si può innamorare bene; ma ci si può innamorare male? Da sempre gli esseri umani si innamorano, nessun periodo della storia e nessuna forma di società hanno potuto fare a meno dell’amore. Quindi tutti dovrebbero sapere e forse sanno, di fatto, che cosa sia l’amore; eppure è difficilissimo parlarne e tentarne una definizione. L’amore non solo è un dio, ma è forse l’espressione più adeguata della grandezza di Dio, per cui bisogna accostarsi ad un tale argomento con umiltà, se pure non sarà possibile, per quanto si tenti di parlarne in modo semplice, sfuggire al rischio dell’ambiguità e dell’incompletezza. L’amore deve essere soltanto salute; però se è vero che tutti siamo innamorati, almeno in potenza, è allo stesso tempo vero che tutti esprimiamo il nostro amore anche con forme che sono patologiche. Questo è dovuto soprattutto al fatto che la malattia è sempre intrecciata con tutte le espressioni dei sentimenti umani e li assedia da tutte le parti. La cosa è tanto complessa che è spesso difficile distinguere l’amore sano dall’amore malato. Bisogna però fare lo sforzo di distinguere e di ricercare l’amore sano, poiché l’altro – quello malato – non può essere davvero amore. Si possono individuare alcune forme specifiche attraverso cui la nostra cultura ha elaborato i concetti dell’amore e dell’innamoramento. Innanzi tutto vi sono coloro che distinguono il “vero amore” da tutti gli altri. E’ considerato tale l’amore “puro”, quello “oblativo” di chi dà senza chiedere nulla, che è espressione esclusivamente di sacrificio dello spirito, prescindendo addirittura dal desiderio del corpo e che l’umanesimo all’Annibal Caro faceva chiamare “amore platonico”, benché Platone non avesse mai teorizzato qualcosa di simile. Costoro disprezzano e giudicano esseri inferiori quelli che teorizzano l’amore terreno, dei sensi, non solo del sesso, ma che però comprende il desiderio del corpo, il contatto fisico, l’unione nell’amplesso.

2. In realtà Platone non seppe parlare d’amore, se pure non disse quello che l’umanesimo degli orecchianti gli ha fatto dire. Il suo discorso sull’amore resta empio ed immorale, specialmente come viene espresso dal Simposio, dove mette in bocca a Socrate qualcosa che quest’ultimo non avrebbe certamente mai detto di sua iniziativa. Secondo questa intenzione platonica, Socrate incomincia il suo discorso sull’Amore – il quale sarebbe un démone e non un dio, figlio di Acquisto e Necessità (Poros e Penìa) – dicendo che la prima attrazione che l’uomo prova è quella per il bel corpo e da questo passa poi per gradi successivamente sempre più nobili ed elevati a desiderare la bellezza in sé, per poi giungere infine al desiderio delle belle anime, della giustizia, della scienza e del bello in sé per ultimo. Chi vuole amare correttamente: “…conviene che fin da giovane cominci ad accostarsi ai bei corpi e dapprima, se il suo iniziatore lo inizia bene, conviene che s’affezioni a quella persona sola e con questa produca nobili ragionamenti; ma in seguito deve comprendere che la bellezza di un qualsiasi corpo è sorella a quella di ogni altro e che, se deve perseguire la bellezza sensibile delle forme, sarebbe insensato credere che quella bellezza non sia una e la stessa in tutti i corpi. Convinto di ciò deve diventare amoroso di tutti i bei corpi e allentare la passione per uno solo, spregiandolo e tenendolo di poco conto. Dopo ciò giunga a considerare che la bellezza della anime è più preziosa di quella del corpo, cosicché se qualcuno ha l’anima buona ma il corpo fiorisca di poca bellezza, egli ne sia pago lo stesso, lo ami, ne sia premuroso, e produca e ricerchi ragionamenti tali da rendere migliori i giovani per essere poi spinto a contemplare la bellezza nelle attività umane e nelle leggi, e a vedere come essa è dappertutto affine a se stessa finché non si convinca che la bellezza del corpo è ben piccola cosa. Ma dopo le attività umane, l’iniziatore lo deve condurre alle varie scienze perché veda ancora la loro bellezza e, ormai fatto l’occhio a una bellezza così vasta, non sia più affezionato, come un servo di casa, a un solo aspetto della bellezza, di un fanciullo o di un uomo, o di una sola attività, né sia più, come un servo, sciocco e frivolo, ma, rivolto a contemplare il vasto mare della bellezza, cavi fuori da sé un gran numero di nobili ragionamenti e splendidi pensieri, nell’illimitata aspirazione alla sapienza, finché, rinvigoritosi e sviluppatosi, possa scorgere una scienza unica e siffatta che è la scienza delle bellezze (…) Chi sia stato educato fin qui nelle questioni d’amore attraverso la contemplazione graduale e giusta delle diverse bellezze, giunto che sia ormai al grado supremo dell’iniziazione amorosa, all’improvviso gli si rivelerà una bellezza meravigliosa per sua natura (…) quella stessa in vista della quale ci sono state tutte le fatiche di prima (…) In più questa bellezza non gli si rivelerà con un volto né con mani, né con altro che appartenga al corpo (…) Perché questo è proprio il modo giusto di avanzare (…) cominciando dalle bellezze di questo mondo, in vista di quella ultima bellezza salire sempre (…) dai bei corpi (…) alle belle scienze e dalle scienze giungere infine a quella scienza che è la scienza di questa stessa bellezza, e conoscere all’ultimo gradino ciò che sia questa bellezza in sé” (Simposio XXIX, in Platone, Opere, Laterza).

Un processo, quello platonico, che metterebbe al più basso grado di una scala di valori la bellezza del corpo: cosa questa che ripugna al senso profondamente radicato nella cultura greca di kalocagathìa che riconosce alla bellezza fisica un alto valore “agogico” in quanto espressione ad un tempo anche di bontà interiore e riflesso del bene assoluto. Inoltre Platone commette la leggerezza di ridurre l’amore a contemplazione. Si ha così una sorta di primo contrasto tra i teorici dell’amore, sentimento dell’anima, e quelli dell’amore passione che coinvolge anima e corpo. Ci sono vari modi di concepire l’amore e tanti tipi di amore: si parla di amore per i figli, per i genitori, per i fratelli, per un’idea, per l’arte, tutte forme autentiche di amore. C’è poi l’innamoramento che coinvolge anche il corpo, che non è assolutamente da ritenere inferiore a quello dello spirito. E’ vero, però, che, purtroppo, spesso l’amore fisico viene considerato, sotto sotto, dall’inconscio sociale di tutti un po’ colpevole: “Non facevamo niente di male” resta l’espressione più diffusa per far intendere che non si stava facendo niente di sessuale.

3. La scienza anche parla d’amore: lo fanno in particolare la psicologia e la psicoanalisi, dando prova peraltro di grande inadeguatezza nei confronti della grandezza sacra dell’argomento. L’arte ha saputo e sa parlare d’amore meglio di qualunque scienza. Ciò non di meno la scienza butta la sua luce sul problema servendosi del suo linguaggio specifico e questo può servire a chi voglia capire qualcosa di più intorno all’amore. Sigmund Freud in Psicologia delle masse e analisi dell’Io del 1921 afferma in modo esplicito che l’amore è un atteggiamento sentimentale che ha le sue radici esclusivamente nella pulsione sessuale:

“Nel quadro di questo innamoramento ci ha colpito fin dall’inizio il fenomeno della sopravvalutazione sessuale, il fatto cioè che l’oggetto amato sfugga entro certi limiti alla critica, che tutte le sue qualità vengano apprezzate più di quelle delle persone non amate o più che nel periodo in cui l’oggetto stesso non era amato. In virtù di una rimozione più o meno efficace, oppure di una messa fuori gioco delle tendenze sessuali, sorge l’illusione che l’oggetto sia amato anche sensualmente a causa dei suoi pregi spirituali, mentre al contrario è solo il fascino sensuale che ha potuto conferirgli quei pregi. La tendenza che qui falsa il giudizio è quella all’idealizzazione”

(Opere, vol. IX, pag. 300, Boringhieri).

Secondo il fondatore della psicoanalisi, ci sono due tipi fondamentali di innamoramento: quello narcisistico e quello anaclitico. Il primo ha le sue origini nell’amore provato per una persona simile al soggetto, le cui caratteristiche vengono ritrovate nel nuovo oggetto d’amore. L’innamoramento di tipo anaclitico è quello che si prova per qualcuno che ricorda per qualche aspetto persone importanti incontrate nei primissimi anni di vita, ma senza le caratteristiche di somiglianza con il soggetto che si innamora. In entrambi i casi, secondo Freud, ha luogo una sopravvalutazione dell’oggetto amato che viene idealizzato, tanto che finisce col divorare l’ Io, il quale scompare di fronte ad esso. Tutto quello che appartiene all’oggetto amato diventa bello e tutto quello che fa viene considerato giusto, in una condizione di dipendenza del giudizio che sbalordisce la stessa persona che l’ha sperimentata, quando accade, per esempio, che l’amore finisca.

Uno scienziato che, negli anni cinquanta, ha tentato lo studio del fenomeno con risultati interessanti è stato M. Balint il quale, riallacciandosi a Ferenczi parla di un “innamoramento primario”. Quest’ultimo sosteneva che l’uomo esprimerebbe nel rapporto sessuale il desiderio di ritornare nel ventre materno (vale qui la pena di sottolineare come alcune teorie della prima psicologia dinamica fossero strettamente limitate all’osservazione del maschio e non sembrassero davvero porsi i problemi anche dal punto di vista femminile). Per Balint, come dice nel suo libro su L’amore primario, il bambino prova dapprima il desiderio di essere amato in modo assoluto ed incondizionato e questo desiderio d’amore ritorna ogni volta che l’uomo si innamora di qualcuno e questo spiega anche perché l’amore sia caratterizzato da un desiderio di possesso così esclusivo:”sempre, dovunque, per tutto quello che sono, senza la minima critica, senza il più piccolo sforzo da parte mia, senza contraccambio (M. Balint, 1952).

4. La cultura ed il senso comune hanno poi fissato nell’inconscio inividuale e sociale il binomio amore e morte: una bellissima poesia di Saffo ne parla in modo ineguagliabile: “…Subito a me/ il cuore si agita nel petto/ solo che appena ti veda, e la voce/si perde sulla lingua inerte./ Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,/ e ho buio negli occhi e il rombo/ del sangue alle orecchie./ E tutta in sudore e tremante/ come erba patita scoloro:/ e morte non pare lontana…” ( trad. Quasimodo). In tempi moderni ed in un contesto trasgressivo il concetto è stato ribadito forse meno bene dal cinema dello scomparso regista tedesco Fassbinder che, in Querelle, girò una bella sequenza con una canzone di amore e di morte interpretata da Jeanne Moreau, oppure ancor più di recente in film come l’americano Crash, in questi tempi sugli schermi, dove l’orgasmo e la morte si realizzano insieme. Del resto non è questo un retaggio solo della nostra cultura: basti pensare a come il binomio sia presente nella cultura indiana. Questo forse può aiutarci a capire perché ancora oggi si abbia tanta paura dell’innamoramento e dell’amore.

Roland Barthes nel suo volume Frammenti di un discorso amoroso dice bene come oggi ciò che viene considerato indecente non sia tanto la sessualità, il sesso vero e proprio, ma piuttosto il sentimento. Ciò è in parte vero: viviamo in una società in cui l’amore è stato ridotto ad involucro di contenuti che spesso si riducono a pornografia, ovvero ad un modo malato di accostarsi al corpo dell’altro; anche se non è vero che di per sé la pornografia escluda necessariamente il collegamento con qualche forma d’amore.

Di fatto non si ha il coraggio dei propri sentimenti: quando si piange per amore ci si vergogna di essere visti; mentre invece non ci si vergogna di ridere in pubblico. Forse è giunto il momento di rivendicare per ciascuno il diritto di piangere senza imbarazzo, di gioire e soffrire pubblicamente per amore; per tutti dovrebbe essere giunto il tempo di rispettare il sentimento di un amore felice o infelice che sia.
Protetto o calpestato, comunque l’amore sopravvive a tutte le vicissitudini in moltissime forme. Una forma particolare di amore è quella dell’innamoramento “in analisi”, ciò è a dire l’innamoramento del paziente per lo psicoanalista e quello reciproco dell’analista per la persona che ha in cura. Bisogna innanzi tutto precisare che si tratta di qualcosa di abbastanza diverso dal transfert se pure non sia totalmente altro da quel meccanismo transferenziale teorizzato a suo tempo da Freud, e questo soprattutto perché in ogni innamoramento viene messo in opera un transfert. E’ mia profonda convinzione che un lavoro di analisi non possa procedere bene se non si verifica appunto quell’innamoramento, che trascende il transfert, che non è l’indispensabile alleanza terapeutica, e non può essere ridotto neppure ad un moto di simpatia o di fiducia, ma è un sentimento di amore che comprende anche il desiderio fisico. Questo deve avvenire indipendentemente dal fatto che all’analista spetti il dovere di non soddisfare questo desiderio durante il periodo del rapporto analitico e debba negare anche a se stesso ogni fisica soddisfazione del sentimento amoroso che pure lo deve legare al suo paziente, pena brutti rischi per il comune impegno terapeutico. Per ragioni legate alla nostra cultura, sono le donne che per prime si lasciano andare a questo sentimento d’amore, e questo perché i pazienti maschi hanno problemi a riconoscerlo nei confronti dell’analista, o perché si tratta di un terapeuta maschio, o perché il ruolo terapeutico della psicoanalista donna ne rende più complessa l’esplicitazione. L’innamoramento carica l’analisi della propria energia di cui si giovano entrambi: paziente e terapeuta; ma deve fare i conti con l’irriducibilità del desiderio che le pazienti femmine soprattutto pretendono di soddisfare ad ogni costo. Anche questo è un condizionamento culturale, infatti la paziente innamorata non può fare a meno di applicare a se stessa il ragionamento che la donna applica nei confronti di ogni maschio che ella desidera e che non prevede mai il rifiuto dell’offerta di sé. Fin dall’infanzia la donna ha introiettato che il rifiuto dell’offerta sessuale è prerogativa esclusiva della donna, mentre il maschio non può che rallegrarsi di avere una opportunità sessuale in più che non può in ogni caso rifiutare. Questo condizionamento culturale e l’incapacità di accettare le ragioni del rifiuto del maschio analista compromettono purtroppo molte analisi ed è meglio allora interrompere il rapporto ed eventualmente cambiare analista. Il maschio, più avvezzo alla frustrazione del proprio desiderio sessuale, sopporta meglio questo tipo di “astinenza” e riesce ad assorbirla più facilmente – insieme magari allo sconvolgimento dovuto alla scoperta della pulsione omosessuale – senza compromettere il lavoro analitico. Comunque, con tutte le sue contraddizioni e controindicazioni, l’innamoramento in analisi resta una tappa fondamentale per il successo della cura.

5. Non credo che ci sia davvero distinzione tra amore fisico e amore spirituale, né ritengo l’uno inferiore all’altro, anzi non penso proprio che esista un amore solo fisico o un amore solo spirituale. Il primo sentimento d’amore lo si prova nel ventre materno, anche se non è – necessariamente – rivolto alla persona della madre. Quello dell’embrione nell’utero materno è un amore che si esprime anche sessualmente, che si rivolge su di sé, sulla madre e su quello che si percepisce del mondo esterno. Oggi l’ecografia è in grado di svelare molto della vivacità della vita affettiva dell’embrione e del feto e, oltre ad altre verifiche, l’esame della vita intra-uterina dei gemelli ha offerto risultati sorprendenti della loro inter-relazione fin dalle prime settimane di gestazione. La psicologia fetale e la teoria dell’apprendimento prenatale hanno dato prove ampie della completezza e dell’autonomia della vita fisiologica ed affettiva del feto e quindi dell’autonomia dei sentimenti e della precocità della formazione dell’inconscio. Che l’amore fin da subito abbia una funzione determinante anche nel garantire la sopravvivenza stessa è stato recentemente provato da un caso verificatosi nel Massachussets l’estate scorsa, dove una di due gemelline precoci, nate con dodici settimane d’anticipo, malgrado tutte le cure, stava deperendo e forse morendo in una delle incubatrici in cui erano state poste separatamente, finchè un’infermiera ebbe l’idea, semplice e geniale ad un tempo, di rimetterla nell’incubatrice stessa dell’altra gemellina: da quel momento la piccola, stretta dall’altra in un abbraccio, iniziò a riprendersi e presto assunse dimensioni normali e fu fuori pericolo.

6. Viene prima il sesso o prima l’amore? Non credo sia possibile scindere questo bisogno dell’altro nelle sue componenti spirituali e fisiche: certo è solo che prima viene l’amore e il bisogno di essere amati, prima dello stesso istinto di sopravvivenza. Contrariamente a quanto credeva Freud, è proprio il bisogno di sopravvivere che si appoggia alla pulsione di amore per realizzare il suo scopo e non viceversa. Prima di tutto esiste il bisogno di un corpo da cui ricevere e a cui dare calore, soddisfatto questo bisogno primario nel contatto psico-fisico con il corpo dell’altro – della madre, o di qualunque altro suo sostituto, maschio o femmina, famigliare od esterno – si passa alla ricerca del soddisfacimento degli altri bisogni, e prima di molti altri di quello del nutrimento che assicura la sopravvivenza. Poi la pulsione amorosa si articolerà in mille modi diversi, la scelta dell’oggetto dipenderà da una infinità di variabili, tutte collegate all’esito del primo rapporto amoroso, dal grado di frustrazione e di soddisfacimento ottenuto. L’amore inoltre non è immune da patologie: anch’esso correrà il rischio di cadere in quelle forme primarie di difesa che sono il narcisismo ed il sadomasochismo, che lo snatureranno e ne faranno un sentimento anche capace di avere un esito perverso che non sarà più amoroso, ma violento e distruttivo. Le scelte di oggetto saranno certo condizionate dalla cultura e dall’inconscio sociale, ma nessuna potrà essere giudicata di per sé perversa, se non si esprimerà in quelle forme – appunto – narcisistiche o sadomasochistiche, che ledono la dignità dell’uomo, che perdono di vista la sacralità della persona umana, segno concreto della divinità in terra.

Un accenno soltanto vorrei dedicare alla gelosia, ritenuta una delle patologie più frequenti del rapporto amoroso. Non è da condannare la gelosia in sé in quanto desiderio di esclusività di un rapporto che non può essere immaginato – da chi ama – eguale a nessun altro, ma è da condannare la gelosia inconsapevole che è invidia, proiezione, identificazione, non riconosciute e che produce violenza e prevaricazione della libertà dell’altro, la gelosia insomma che non rispetta la dignità di chi ama e di chi è amato.

7. Per gioco, ho elaborato un piccolo “test” che può servire a dare buone indicazioni sul grado di effettivo innamoramento verso una persona. Sapendo che è poco più che uno scherzo, che inoltre contiene un piccolo trucco, lo propongo, magari come diversivo per le giornate di festa della fine d’anno.

Il gioco si articola in cinque domande:
1) Usereste lo stesso spazzolino da denti del vostro
partner?
2) Considerate sacro il suo corpo?
3) Vi fa piacere che lui abbia successo in vostra presenza?
4) Vi è successo di non credergli?
5) Insieme alla felicità, provate un senso di disperazione per il fatto di esserne innamorati?

Il punteggio massimo è quello corrispondente a cinque “sì” come risposte. Chi ha meno di tre risposte positive non può considerarsi troppo sicuro del suo amore. Buone Feste!