10 – Maggio ‘96

maggio , 1996

Agli inizi degli anni `90 i Farfalloni ebbero l’impressione, rivelatasi poi fallace, che la ristorazione romana stesse leggermente migliorando. In realtà abbiamo dovuto riscontrare negli ultimi tempi una spaventosa regressione agli anni `60 e `70.
Sia i ristoranti di cucina romanesca, sia quelli di cucina regionale, orientale o internazional-creativa, stanno nuovamente mostrando il loro lato peggiore. Noi quando troviamo qualche fiorellino nel deserto ci esaltiamo anche, ma avviene sempre più di rado. Sulle mense disadorne, in ambienti fumosi, serviti, (si fa per dire) da personale ignobile che non sa cosa sia la professionalità, ormai siamo rassegnati a trovarci nei piatti cibi putridi e maleodoranti, o in alternativa cose carbonizzate e liofilizzate.
E anche per queste ragioni, che quando siamo usciti dall’Ocackbasi, ristorante turco di via del Moro, eravamo abbastanza allegri e persino un po’ divertiti. I piatti che avevamo sperimentato (una commistione di origine greco-turca) non erano certo di alta qualità, però si intravedeva un tentativo di non umiliare i sapori, il servizio premuroso faceva passare in secondo piano persino la scomodità dei piccoli divanetti, e persino le toilettes erano pulite. Ci siamo peraltro resi conto che il ristorante avrebbe potuto essere molto più accogliente se i gestori avessero accettato di usare anche la bella sala al piano inferiore non solo per i clienti della danza del ventre settimanale.
Gli antipasti abbastanza sfiziosi erano un po’ ammonticchiati nel medesimo piattino; ma tentando di separare le cose che andavano separate si potevano apprezzare gli involtini di vite e quelli di cavolo, i peperoni, la cipolla e la salsina di yogurt, il tutto accompagnato da una fragrante pizza bianca appena cotta. I kebab di carne tritata mista di agnello e manzo, e il gyros dello spiedo gigante, di manzo tagliato a fette sottilissime erano gustosi, accompagnati da un buon riso rosolato e dalle molte verdure alla griglia, con e senza salsa: I dolci di prammatica, senza infamia e senza lode erano kemal pasa (palline di mandorle allo sciroppo), baklava (sfogliatine al miele), tel kadayif (capelli d’angelo dolci); una piacevole sorpresa l’abbiamo avuta con il keskyul (sorta di budino prossimo al biancomangiare).
Il pur buono anice turco non reggeva il confronto con la celebratissima anisetta di Ascoli, mentre i vini della lista si limitavano a poche bottiglie di dozzina e il rosolio alla pesca era piuttosto andante.
Quello che ci è parso decisamente negativo è stato il rapporto prezzo-qualità: il conto troppo alto non si giustificava in alcun modo, considerando natura, quantità e qualità delle materie prime e della loro elaborazione.