Il corpo è inevitabilmente associato alsesso, però è difficile definire la sessualità, dire quando inizi e come si esprima. Freud afferma che il bambino fin dai primi giorni di vita percepisce se stesso sessualmente, anzi è narcisisticamente chiuso in questa percezione e fatica a percepire il resto del mondo come altro da sé. Solo con il tempo e l’apprendimento il bambino nelle varie fasi della vita successiva riesce ad uscire dalla prigione dell’autoerotismo e ad indirizzare la pulsione erotica del proprio Es su gli altri oggetti, prima attraverso un tipo di
sessualità indifferenziata e polimorfa e poi orientandosi verso la genitalità, dopo aver attraversato le fasi che la psicoanalisi ha voluto teorizzare in modo canonico: la fase orale, anale, fallica e infine appunto genitale. La pulsione che muove lo sviluppo sessuale viene definita come libido la quale lascia le tracce del suo percorso attraverso i diversi organi, sotto forma di presidi che connotano inmodo più o meno preciso alcune zone come erogene. Di qui nasce la concezione freudiana della sessualità genitale eterosessuale e procreativa come l’unica forma non perversa di erotismo e tutte le altre come fissazioni perverse agli stadi precedenti.
L’atto genitale eterosessuale è comunque il gesto che attraverso il coito e l’orgasmo porta al concepimento della nuova vita e la qualità di questo gesto fondamentale incomincia ad influenzare subito la formazione della vita psichica del bambino il percorso della quale, però, non corrisponde a mio avviso alla teorizzazione freudiana.
Allo stesso modo in cui il bambino nel ventre materno non è isolato dalla relazione col mondo, che penetra fino a lui attraverso il corpo della madre, così io credo che questa sorta di placenta autistica ed autoerotica in cui Freud ha voluto che fosse avvolto il bambino non esista. La sessualità incomincia dai primi istanti della vita prenatale, soprattutto come sensazione tattile e non è solo auterotica, ma è in relazione col corpo materno.