Psicoanalisi contro n. 7 – Il corpo

novembre , 1995

La gestante spesso si esalta, immedesi- mandosi in un ruolo di vittima sacrifi­cale: è una condizione psichica che affonda le sue radici nell’inconscio sociale e si riallaccia al mito delle dee madri alle quali abbiamo fatto cenno con la loro potente sug­gestione che accosta il sesso, la vita e la mor­te in un solo groviglio emotivo e che ha le sue basi nel rischio effettivo che il parto compor­ta. Questi eccessi di ansia hanno bisogno di trovare nell’ambiente: nel partner, ma anche negli altri membri del gruppo ristretto, una ca­pacità di appoggio e di comprensione. È im­portante che la donna arrivi a percepire le due realtà: del proprio corpo e del corpo autono­mo del bambino senza paura e senza desideri di negazione o di inglobazione-appropriazio­ne. Ciò è più facile da ottenere quando si è abi­tuati da sempre ad avere un buon rapporto con il proprio corpo, che troppo spesso i condi­zionamenti religiosi e culturali ci fanno senti­re come un nemico o una prigione. A volte lo si sente inadeguato rispetto ai modelli impo­sti dello sportivo o della seduttrice. Altre vol­te lo si danneggia per un abuso di energie o per un rifiuto della sua fisicità. Tutti atteggia­menti che mettono in moto contorti meccani­smi psichici che disturbano non solo una felice e soddisfatta sessualità, ma addi­rittura innescano fantasie ipocondria­che che portano a distruggere il corpo proprio nel delirio eccessivo di preservarlo da ogni contatto con la realtà. Il corpo dovrebbe essere sempre percepito come un amico, ed è importante riappropriarsi di un felice rappor­to con esso.

Soma e psiche hanno bisogno di sentirsi bene insieme, proprio perché sono una cosa sola. Per questo non bisognerebbe indulgere alla contemplazione di sé stessi in uno specchio, perché si rischia di separare il proprio corpo da noi e di vederlo come “altro”.

Le palestre non dovrebbero avere specchi: I armonia dei movimenti e delle forme va ri­cercata su di sé.

Il corpo deve essere invece offerto alla per­sona amata come un dono: e non è vero che questo sia in contraddizione con quell’amore platonico che conduce dal bello al bene.

Fu Plotino e non Platone che teorizzò invece quel tipo di amore asessuato che troverebbe la via dello spirito attraverso la rinuncia dell’amore del corpo.

Se qualche volta il corpo deve essere negato, anche se si ha l’impressione di rinunciare a un gesto d’amore, è quando la persona amata ha un ruolo che in qualche modo potrebbe condizionare e limitare la completa libertà di scelta: per questo è giusto che nel contesto attuale il terapeuta, il maestro, il genitore si neghino come oggetti sessuali, anche se l’amore può essere grande quanto il desiderio.

La gestante che ha preparato il suo corpo al rapporto con se stesso e con l’altro arriverà a trascorrere più felicemente quei nove mesi e soprattutto sarà in grado di aiutare il figlio a stare meglio in un rapporto che è di stretto contatto e di simbiosi nel rispetto dell’auto­nomia reciproca.