88 – Dicembre ‘92

dicembre , 1992

La stagione sinfonica del Teatro dell’ Opera 19921993 che pareva doversi inaugurare in altro modo si è poi di fatto inaugurata con un concerto diretto da Vladimir Fedoseyev in cui sono state eseguite pagine sacre di due grandi autori.
La Terza Sinfonia” Liturgica” di Arthur Honegger, è stata scritta nel 1945 e si articola in tre movimenti. Il primo è un Dies lraes:allegro marcato che inizia in modo sommesso, si sviluppa con un ritmo ossessivo per poi tornare ai sommessi accenti iniziali. Il secondo movimento, De Profundis: adagio, si caratterizza per un tema insinuante e molto malinconico: Il finale, Dona nobis pacem: andante contiene un motivo melodico di speranza, dall’andamento corposo, con le percussioni molto in evidenza. L’esecuzione dell’ orchestra, pur ben tenuta in pugno dal direttore, è risultata molto squadrata, anche se non sempre all’altezza del brano, tanto da sfrangiarsi qua e là in contrasto con le velleità di precisione persino eccessive di Fedoseyev.
La Messa di Gloria di Giacomo Puccini, per coro, orchestra, tenore e baritono, del 1880 è un brano fresco ed entusiasta, tal uni dicono che non sia di carattere particolarmente sacro, ma la sacralità è presente a nostro avviso nell’ ingenuo entusiasmo giovanile dell’ autore, che dedica grande cura ad evidenziare con la sua musica le parole della funzione religiosa. Il Kyrie si sviluppa in un bello e tenue gioco imitativo. Il Gloria è una pagina quasi verdiana, festosa, e ricca di piacevoli squarci lirici, con un fugato molto energico sulle parole del Tu solus. Variopinto è il Credo, con effetti nettamente teatrali. Il Sanctus è chiaro e pulito, impreziosito dalla bella melodia del Benedictus. Doverosamente accorato risuona l’Agnus Dei. Qui l’orchestra ci è parsa più adeguata, compatta nel seguire le intenzioni dei direttore. Il tenore Vincenzo La Scola e il baritono Giorgio Cebrian hanno spiegato voci nitide ed espressive. Il coro diretto da Paolo Vero ha collaborato con brio ed efficacia alla buona riuscita complessiva di tutto il brano.

All’Alpheus di via del Commercio abbiamo ascoltato l’esibizione del gruppo jazzistico Jim Snidero Quintet, composto dallo stesso Snidero al sax alto, da Tom Harrel alla tromba, da Robert Di Gioia al pianoforte, Reggie Johnson al contrabbasso e Louis Hayes alla batteria. Il gruppo non risulta molto equilibrato nel suo insieme, la batteria risuona spesso debordante, il contrabbasso dal suono sporchissimo non ha ritmo e stona, il pianoforte pessimamente amplificato è rigido e monotono, appena migliori sono la tromba, dal suono piacevole, malgrado l’intonazione incerta e il sax alto fluido e pungente, anche se sempre sulla soglia della stecca. Sembra che i cinque non sappiano suonare insieme. I brani in programma sono di una monotonia esasperante che si articola in una serie di “a solo” di uno degli strumenti a cui gli altri fanno da appiccicato accompagnamento. Nonostante l’ovvietà volgare e fracassona delle percussioni il concerto ha un effetto assolutamente soporifero.