88 – Dicembre ‘92

dicembre , 1992

Alla galleria Fontanella Borghese, nell’ omonima via è in corso una mostra del Nuovo futurismo. Come giustamente dice nella intelligente presentazione al catalogo Stefano Petricca la “torta” è “da gustare sin dalla vetrina”. Le opere esposte sono per lo più ricavate da materie plastiche variamente colorate e stampate. Sono oggetti che potremmo vedere messi in vendita da una Vanna Marchi televisiva tra un detersivo e una linea dimagrante. Gli autori hanno un gusto ironico ed allegro, giocano coi materiali, con se stessi ed anche coi possibili clienti provocando come fa Gian Antonio Abate con la sua “macchina dei sogni”; scherzando come Innocente che titola il suo stellone di plastica rossa “Rock Energy”, citando come Marco Lodola le insegne di Broadway, tuffandosi nel nonsense come fanno Plumcake e Postal con le loro plastiche stampate o so1cate da motivetti decorativi, arieggianti certe tendine da tinello americano. Se è un’arte minore, almeno ci risparmia la presunzione di altre non meno superflue manifestazioni di boria saccente.

Sarà forse perché era un pomeriggio piovigginoso e i due Farfalloni erano umidi ed intirizziti dal freddo; però quello che abbiamo visto alla gallerie del Crac (Centro ricerche Artistiche Cancelleria) in piazza della Cancelleria ci ha messo addosso molta tristezza. Abbiamo trovato, quasi abbandonate in due squallide stanzette, un mucchio di povere cose, che non riuscivamo a percepire come espressioni di una qualsiasi forma di arte. Tutto dava la sensazione del già visto e poi ancora rivisto: triste la pittura di Paola Soldini, dal disegno cattivo e dal brutto colore; presuntuosa la logorrea ripetitiva di Jay Hoffman, neppure originale; come pessima imitazione di pittura ci è parsa quella di Albino Mattioli. Vecchie nel loro barocchismo calligrafico ci sono parse le “tracce” di Nikos Zivas.
Roberto Angelini tenta la strada della scultura, ma non riesce a dare vera tridimensionalità ai suoi lavori e diventa volgare quando affronta argomenti come il “bacio” o il “nudo abbondante”. Siamo usciti un po’ depressi e nella via verso casa abbiamo ritrovato l’antica Roma, che anche sotto la pioggia riesce a comunicare il senso di ciò che è bello e che nessun grigiore invernale riesce ad imbruttire.