88 – Dicembre ‘92

dicembre , 1992

Un vedovo di cittadinanza tedesca, professore dell’arte e una vedova polacca specializzata nel restauro di antiche dorature si incontrano, nel 1989, in contemporanea con la caduta del muro di Berlino, in un mercatino di Danzica e mangiando funghi e visitando tombe hanno l’idea che darà una svolta alla loro vita: quella di istituire un Cimitero della Riconciliazione tedesco-polacca, grazie al quale gli ex residenti tedeschi della zona dei Sudeti potranno finalmente tornare alla loro terra di origine per avervi l’ultima dimora. L’iniziativa ha molto successo, arrivano salme da tutto il mondo e i due guadagnano molto denaro; ma come accade, l’impresa degenera e va in mano ad individui senza scrupoli che pur di far soldi accettano di inumare anche salme provenienti da sepolture precedenti, spedite da parenti presi da una frenesia di traslazione a tutti i costi. Dalla traslazione si passa alla costituzione di case di riposo per anziani in attesa del trapasso ed infine a veri e propri progetti di edilizia turistica e residenziale. I due inorridiscono e si ritirano dalla Società di cui sono stati i fondatori, si sposano e partono per un viaggio verso Napoli nel quale troveranno la morte per un incidente automobilistico. Resteranno sepolti sulle rive del Tirreno e un plico con la loro storia e relativa scrupolosa documentazione giungerà nelle mani dello scrittore, già compagno di scuola del vedovo a cui resterà affidata l’incombenza di trasformare la vicenda in romanzo. Così ci viene proposto l’ultimo libro di Guenter Grass, II richiamo dell’ululone (Feltrinelli, 1992, pagg.207, Lit.30.000). Come risulta chiaro, in questo romanzo la necrofilia dilaga: a partire dalla condizione vedovile prescelta per i due protagonisti. Lo scrittore però riesce a darci atmosfere e a restituirci paesaggi con grande e godibile capacità letteraria. A tutto fa da sfondo il grido dell’ululone in amore, una varietà di rospo dal ventre rosso o giallo che, quando è in amore ulula, come appunto dice il suo nome, facendo risuonare le campagne tedesco-polacche. Il culmine del gusto macabro, e quasi il chiodo a cui la storia sta appesa è una scena emblematica nella quale, in un’antica tomba violata i due protagonisti scattano fotografie ad una mummia attraverso il coperchio della bara divelto e tenuto scostato da un terzo compagno d’avventura. Qui ci sembra che lo scrittore si tradisca e riveli la sua passione personale per quel genere di articolo. Stranamente il finale che pure ha come sfondo incidenti e cimiteri è poco funebre, ma vitale, gaio e poetico. Meno convincente a nostro avviso è tutta la più che implicita dissertazione storico-politica sui destini della Germania nuovamente unita e del mondo in crisi perenne che Grass cerca di propinare al lettore come il vero oggetto della sua riflessione.

Il Saggio sul Juke-Box di Peter Handke (Garzanti, 1992, pagg.85, Lit. 16.500) è un raccontino quanto mai stucchevole, roboante, retorico ed intellettualistico. Uno scrittore gira per la Spagna alla ricerca di vecchi juke-box, che non trova. Tutte le fortunatamente poche pagine sono piene di riflessioni pseudo-filosofiche che ci ricordano molto le riflessioni dei nostri sciocchi amici che nel 1968 amavano andare alla ricerca di robaccia smessa ed osteriacce all’ antica. Anche la descrizione di paesaggi ed ambienti è rinsecchita, senza poesia e priva di sensualità. Ci sembra che questo maestro della letteratura austriaca non abbia saputo andare oltre ai suoi assunti iniziali, quando volle presentarsi come l’ epigono in lingua tedesca del nouveau roman francese.
Oggi non è andato molto lontano ed ha perso anche una certa asciuttezza stilistica che poteva allora sembrare affascinante ai più ingenui.