87 – Novembre ‘92

novembre , 1992

Il libro di Didier Anzieu, L’epidermide nomade e la pelle psichica (Cortina Editore, 1992, pp.115, Lit. 22.000) esprime le due facce che da sempre la ricerca psicoanalitica presenta: la prima è scientificamente interessante ed intuitivamente profonda; la seconda, baraccona, è quella che fa ritenere che il solo che in materia abbia detto qualcosa di assennato è stato Sigmund Freud. La teoria di Anzieu dell’Io-Pelle, ormai quasi classica, riveste un certo interesse. È quanto mai vicina alla teorizzazione della Gestalt. Per Anzieu ogni ente è circoscritto da un limite, che si esprime attraverso una pelle, ideale e reale, ed un’altra, teoricamente e concretamente emblematica, che è il derma; così come per i gestaltisti ogni assemblaggio di enti si struttura sempre in una “forma”. In questo volume Anzieu ripercorre la sua teoria: la struttura vitale fondamentale, la molecola e poi la cellula e il successivo organismo sono avvolti sa una pellicola che si struttura in due parti: la prima serve a difendere dall’esterno, e la seconda, che poi si suddivide in altri due elementi, è in rapporto con l’interno.
La pelle è significato e significante di tutto; ed è a questo punto quanto mai fecondo l’attacco di Anzieu allo strutturalismo, che mette l’accento esclusivamente sulle condizioni interne, senza tenere conto dell’involucro. Ogni interno è tale perché si oppone ad un esterno e ciò che delimita l’in-sé dal fuori di sé è appunto la pelle, che per l’autore acquista parecchi significati: è la pellicola che insacca l’organismo vivente originario; è il derma dell’essere umano, con pori, vasi, etc.; è un principio ideale che separa l’interno dall’esterno; è un’entità gnoseologica che serve a distinguere il me dal fuori di me; e poi ha addirittura una caratteristica metafisica: è il circoscrivente che esaspera la sua realtà in una presenzialità che trascende il suo essere di confine.
Molto interessante in questa trattazione è il discorso sulla confusione delle due pelli del bambino e della madre da cui dipende anche la concezione fecondissima della supremazia dell’ esperienza tattile su tutte le altre. Poi, come dicevamo, c’è anche l’aspetto baraccone e ridicolo: troviamo qui cumuli di affermazioni grottesche ed insensate, praticamente incomprensibili: divisioni e sottodivisioni che non stanno né in cielo né in terra e che soltanto rivelano che Anzieu non ha il senso del ridicolo.
Questo breve trattatello è comunque abbastanza interessante ove non ci si lasci coinvolgere dalle ingenuità e demenze psicoanalitiche. Il tutto è appeso abbastanza arbitrariamente ad un raccontino totalmente idiota che, secondo noi, è stato redatto da un computer, nel quale si parla prima di un rapporto infantile omosessuale, fantasticato, e poi di uno adolescenziale ed eterosessuale, per giungere alla bizzarria demenziale di un signore che costruisce qualcosa di simile a tappezzerie di Aubusson in pelle umana, il tutto senza alcun senso, o forse noi non lo abbiamo capito.