87 – Novembre ‘92

novembre , 1992

Non siamo per niente d’accordo con quanto afferma Paolo Rossini sul programma di sala del concerto di mercoledì 28 ottobre all’Auditorium di via della Concilazione, per la stagione da camera dell’ accademia di Santa Cecilia: «Già al primo colpo d’occhio si nota la presenza quasi costante – tre autori su quattro – di brani dedicati alla Spagna. Se poi si considera che per un autore settecentesco come Mozart il Drang nach Sueden non poteva che essere indirizzato verso l’Italia, questo filo sottile si materializza in qualcosa che potremmo chiamare (…) mediterraneità». Secondo noi sarebbe invece più giusto dire che Cecilia Bartoli ha scelto per sé un programma che è sufficientemente unitario, ma che in ogni caso non può essere unito in nome della mediterraneità. Paolo Rossini ha confuso un’assonanza di titoli italo-spagnoli con un percorso musicale. I testi musicati da W.A. Mozart sono schiettamente rococò e per nulla mediterranei, anzi coerenti con il «barocchetto» austriaco, anche se la musica, pur saldamente collocata nella sua epoca, trascende con la sua bellezza ogni definizione spazio-temporale. Quelli di Ravel sono invece folcloristici, rivestiti di una musica sensuale e magistralmente virtuosistica.
Orrendi ed incongrui sono non solo i versi della Zaide di Berlioz: un vero sassolino nella scarpa. Per quel che concerne la sezione rossiniana del secondo tempo, troviamo stupende nell’arguzia nord-europea le cinque arie sul testo di Metastasio Mi lagnerò tacendo; invece musicalmente un po’ ovvie, ma ben tornite, le melodie dell’Orfanella del Tirolo, dell’Anima abbandonata e La grande coquette, mentre la pagina della Semiramide ci pare stupenda. Splendida la vocalità di Cecilia Bartoli: i fiati sono emessi alla perfezione, nessuno scontro od esplosione d’aria nelle cavità della fonazione turba il fluire di una voce intonatissima, abile e sensuale. Non è però, il bravo mezzo soprano, ancora in grado di affrontare Mozart come si dovrebbe. Il suo tentativo è stato abbastanza corretto, ma la divina arguzia di quelle arie era un po’ sacrificata, tanto che, qua e là, la voce acquistava un timbro quasi acido. Noi menzioniamo solo di rado i bis; però per completare il nostro discorso, diremo che nel bis «Voi che sapete», dalle Nozze di Figaro, la cantante ha dimostrato ancora la sua inadeguatezza rispetto al repertorio mozartiano, cantandola come si canterebbe un’aria di Azucena. Noi siamo d’accordo quando non si edonizza Mozart: quella è un’ aria drammaticissima, però non ha nulla a che vedere con l’atmosfera gitana. Ottima la Bartoli ci è parsa in Ravel: intensa, precisa, pulita e superlativa nei vocalizzi. Nella pagina di Berlioz è riuscita ad essere spigliata, rendendola accettabile. Nelle cinque arie rossiniane su un testo di Metastasio la cantante ha confermato le sue ottime qualità. Ancora la sua voce si è rivelata duttile e cangiante nelle tre canzoni un po’ ovvie ed infine superba nell’aria dalla Semiramide dove ha sfoggiato anche perfetti vocalizzi rossiniani. Pessimo per tutto il concerto l’accompagnamento del pianista Myung- Whun Chung: impreciso, confuso e ritmicamente zoppicante.