87 – Novembre ‘92

novembre , 1992

Non ci sono ragioni per cui si dovrebbe andare a vedere un film come Mariti e mogli se il regista e il protagonista del film non fosse quel Woody Allen che da circa vent’anni sta inquinando gli schermi del mondo con un genere che non è umoristico, non è di costume e non è intelligente, ma riesce a farlo credere ai più. Noi non ci abbiamo mai creduto e dal lontano dittatore di Banana allo scoppiato marito di oggi abbiamo solo avuto la conferma che è sempre molto difficile dire che il re è nudo. E difficile soprattutto perché significherebbe ammettere che nudi siamo anche noi, senza difese contro il conformismo intellettuale. Il film di oggi è una ritrita rielaborazione dei drammi coniugali di due coppie in crisi, e fin qui niente di male, perché da Adamo ed Eva in poi, l’argomento è stato sempre attuale; quello che è peggio però è raccontare una storia in modo così pasticciato, senza poesia e senza umorismo, usando male la macchina da presa, offrendo una recitazione svogliata, peggiorata forse da un doppiaggio che trova la sua efficacia in una petulanza insopportabile e ripetitiva. Poi tutti sono liberi di giocare ad identificarsi o ad identificare i propri amici; forse qui sta l’astuzia di Woody: sa solleticare i nostri lati peggiori, facendoci credere in cambio di pochi soldi che essi coincidono con il massimo dell’ acume intellettuale; mentre invece sono adeguamento agli stereotipi e discesa verso il basso dell’ autocompiacimento. Al di là dei nostri moralistici sdegni un po’ supponenti, resta la realtà di un cinema che diventa ogni volta più noioso e questa volta la noia è quasi insopportabile. Mia Farrow e Woody Allen sono i complici ed i colpevoli principali, ma correi sono anche Blythe Danner, Judy Davis, Juliette Lewis, Liam Nesson, Sydney Pollack nei ruoli di contorno e Carlo Di Palma come direttore di una fotografia troppo scura, monotona e sovrabbondantemente iper-realistica.