86 – Ottobre ‘92

ottobre , 1992

Che i Farfalloni siano bizzarri tutti lo sanno. Questa volta, nella loro bizzarria, vogliono che lo spazio normalmente dedicato ad una recensione musicale, sia riservato ad alcune osservazioni su di un artico letto che Giovanni Carli Ballola ha pubblicato su L’Espresso dell’11 ottobre appena trascorso: «Tutti scrivono musica (…). Musica troppa per poche orecchie (il suo pubblico non fittizio è pur sempre quello che tutti sanno)… Si aggiunga il fatto che i Puccini anni ‘20, i Petrassi anni’ 50, i Berio anni ‘70 della situazione tardano a saltar fuori in questi anni ‘90, che non è pessimistico definire di vacche magre».
Da una parte quello che il critico scrive ci ha fatto piacere. Poiché ci occupiamo anche di psicoanalisi ci divertiamo non poco a trarre profitto da questa scienza, per cui non ci sfugge come le parole che Egli dedica alla musica dei nostri giorni rifletta una così livida invidia dietro la quale non si farebbe fatica ad ipotizzare ben altro. Ci si farà giustamente notare che il nostro è un colpo un po’ scorretto, però: à la guerre come à la guerre. E non sfugge a nessuno che questa sia la solita vecchia guerra tra i vecchi parrucconi e gli ingenui e forse un po’ sciocchi che cercano instancabilmente di lottare perché qualcosa si muova in avanti, nel campo artistico in generale ed in quello musicale in particolar modo. Il disprezzo che Ballola dimostra per l’impegno di compositori, interpreti ed organizzatori colpevoli solo di cercare i modi di continuare a fare musica è pari alla piaggeria che è pronto a profondere in onore del Grande Evento, che lascia tutti e anche noi rapiti, in cui il Grande Esecutore interpreta il Grande Vecchio Autore. Noi crediamo però che sarebbe doveroso per chi si occupa professionalmente di musica mostrarsi meno spocchioso ed aridamente offensivo verso chi con fatica lotta anche per cercare di dare alla musica di oggi un pubblico «non fittizio» per cui valga la pena di continuare a produrla. Petrassi e Berio (grandissimi compositori) si sono realizzati in un passato se pur recente e restano i Maestri cui dobbiamo guardare e il cui insegnamento non deve andare disperso. Tutta l’arte che si produce, e anche la musica, costa grandi sforzi, intellettuali certo, ma anche pratici a chi crede nel dovere culturale di diffonderla. Noi che crediamo che la musica non sia morta e che per dimostrarne la vitalità non risparmiamo sforzi in unione coi molti che per fortuna la pensano così: autori, interpreti e critici, sappiamo quanto caro sia il prezzo di questo entusiasmo. Ci sentiamo però orgogliosi quando vediamo per tre sere consecutive la basilica di S. Maria Maggiore gremita per gli «Incontri di Musica Sacra Contemporanea». Certo sappiamo che la pretesa di non fare musica solo per gli addetti ai lavori, suona come un demerito per il Critico Snob al quale non importa che agli «Incontri» si siano sentiti risuonare i linguaggi musicali più diversi, senza pregiudizi verso autori italiani e stranieri che hanno avuto la gioia, invero rara, di una risposta entusiastica da parte di un pubblico desideroso di conoscere per capire e di capire per apprezzare. Continueremo ad organizzare manifestazioni musicali: concerti di ogni tipo, di musica di ieri e di oggi, con interpreti famosi e sconosciuti per dare modo a tutti quelli che hanno buona volontà di cogliere nel suo significato un discorso che accomuna Bach a Hindemith, Messiaen a Haendel e costoro a quei giovani autori di oggi che ci chiedono di essere ascoltati. Si scrive molta brutta musica, proprio come si scrivono libri bruttissimi. Questo è vero oggi come lo è stato nel passato. Il lavoro solidale di musicisti, studiosi e critici può servire anche a costituire i criteri di giudizio, senza cadere nella trappola della saccenza codina di chi giudica il presente senza volerlo davvero conoscere. L’invidia per la vitalità della musica d’oggi può essere davvero un brutto sentimento, peggio ancora se accompagnata da un generico rimpianto del bel tempo che fu.
Noi cercheremo di non cadere neppure nell’errore opposto: faremo musica mettendo a diretto confronto passato e presente e speriamo che sarà proprio la risposta del pubblico a dire che l’offerta, ben lungi dall’ essere «straripante e diffusa» è stata troppo scarsa di occasioni che non si risolvessero in parate di stelle il cui splendore è spesso determinato più dal pregiudizio che dal giudizio di qualche Critico che ha paura di confrontarsi col nuovo.