86 – Ottobre ‘92

ottobre , 1992

Fino all’altro ieri i due Farfalloni erano assolutamente convinti di non essere razzisti. In un’afosa mattina dell’ottobre romano la nostra certezza è vacillata e di cui siamo profondamente mortificati e domandiamo perdono agli Dèi. Il fatto è che, dopo aver visto la mostra di arte scandinava al Palazzo delle Esposizioni non siamo riusciti a trattenere un’esclamazione all’unisono: «Ma questa è una cultura inferiore!» Inorridiamo noi stessi di ciò che ci è scappato di bocca e lo confessiamo anche per espiare. Subito dopo abbiamo pensato a Grieg e a Sibelius e ci siamo rincuorati, ma non tanto da giustificare le stupidaggini che abbiamo visto offendere le sale, peraltro neppure troppo sacre, del palazzo di via Nazionale e ci siamo rammaricati che le renne e le aurore boreali non abbiano insegnato niente ai moderni rappresentanti dell’ arte di quei paesi. Scherzi a parte, ci sembra che la parte dedicata alle arti visive di questo complesso di iniziative che vorrebbero celebrare la cultura nordica si limiti a portare alla nostra conoscenza esempi soltanto ripetitivi di un percorso artistico già troppo visto ovunque, per di più attraverso pitture o allestimenti decisamente scadenti. Noi speriamo che questi Aspetti dell’esperienza nordica nell’arte,1890-1990 non rendano giustizia alla re alta culturale di un area geografica tanto vasta, la cui realtà non è forse legittimo sintetizzare così brevemente. Un frizzo di interesse ci è venuto dalla scoperta di un quadretto di August Strindberg, Il fiore sulla spiaggia (1892), un olio su lamiera dominato da un azzurro glaciale di cielo e di mare. Perduta poi ci sembra l’occasione di rivendicare l’appartenenza di un artista come Edward Munch ad una precisa area geografica e culturale, limitandone la presenza in mostra ad un Paesaggio del 1919, che, così isolato, non riesce a dare conto di alcun significato artistico, culturale e tanto meno geografico.

È veramente delizioso avere il coraggio di prendere una matita e viaggiare per il mondo, disegnando quello che si vede. Secondo noi la fotografia è un’ arte nobilissima, anche se i giapponesi sono riusciti a farcela odiare; ma resta il fatto che preferiamo i disegni.
Gli appunti con la matita di Kokoschka presi durante I viaggi in Italia tra il 1948 e il 1963 esposti in Campidoglio, sono immaginette commoventi ed esaltanti. Il suo tratto robusto ed incisivo, la sua capacità di osservazione, acuta e profonda, rendono la storia dei suoi viaggi e delle sue riflessioni come meglio non si potrebbe. C’è chi pensa che questo debba essere un privilegio riservato a chi si chiama Kokoschka, o giù di lì; tuttavia noi invitiamo tutti a viaggiare portandosi appresso, magari insieme con la macchina fotografica, un taccuino per disegni, anche se non è detto che finiscano per certo in Campidoglio. Quello che si vede esposto al Palazzo dei Conservatori è solo una parte minima del contenuto di numerosissimi album e i curatori hanno scelto di mettere in mostra soprattutto i disegni ispirati ad opere d’arte e monumenti; ma a fianco di schizzi che rielaborano e riflettono sui Prigioni di Michelangelo capita di vedere abbozzato un cespuglio di Cardi ad indicare che il presente e il paesaggio naturale sono osservati con attenzione da un viaggiatore, sempre pronto a cogliere gli stimoli offerti anche per caso.
L’aver usato soltanto matite colorate dà a tutti i fogli un sapore di rapida impressione e una vivacità senza prosopopea anche nei confronti delle fonti più suggestive della classicità romana e della Magna Grecia o del Rinascimento fiorentino.