86 – Ottobre ‘92

ottobre , 1992

Nel 1992, come tutti sanno, ricorre il bicentenario della nascita di Gioacchino Rossini. Pur senza averlo consapevolmente scelto ci siamo trovati in mano molte pubblicazioni più o meno celebrative del grande musicista pesarese. Noi adoriamo la sua musica, teatrale e non, e pur senza tentare apologie vorremmo parlare di due pubblicazioni che lo riguardano. Il volume di Adriano Bassi, Gioacchino Rossini (Franco Muzzio Editore, 1992, pagg. 295, Lit. 30.000) è un’opera che può tornare molto utile ai non musicisti che desiderassero affrontare la conoscenza della musica di Rossini. La scrittura è semplice, talvolta quasi sciatta: pianamente l’autore cerca di raccontare di Rossini tutto quello che si dovrebbe sapere; ma la sua analisi musicale non risulta molto approfondita ed egli si avvale continuamente e bisogna dire proficuamente di citazioni, che rimpinguano le sue pochissime personali argomentazioni e finiscono col dare un buon panorama dell’ opinione critica intorno a Rossini nell’ultimo secolo e mezzo. Questa scelta permette quindi di venire a conoscenza di opinioni non solo ovvie intorno al musicista e al significato della sua musica.
L’argomento generale è suddiviso in capitoli che rappresentano quasi dei dipartimenti. Si va dalla «Vita» a «L’uomo Rossini», il terzo capitolo affronta la sua «Evoluzione e personalità musicale» per passare nel successivo alla «Produzione musicale»; seguono alcuni «Medaglioni» che mettono a confronto il Cigno di Pesaro con colleghi quali Wagner, Beethoven, Berlioz, von Weber e persino Satie. Dopo aver passato in rassegna le «Opinioni della critica del tempo» l’ autore ci porta a conoscenza di quello che «Dicono di lui» critici e musicisti di oggi.
Concludono il lavoro alcune «Lettere dal fronte musicale» e una rassegna di «Voci rossiniane e cantanti celebri tra il 1700 e il 1900». Buona la bibliografia e discreta la discografia essenziale.
Un solo grande difetto noi riscontriamo nel complesso: un tentativo psicologistico di affrontare la musica e il musicista con il quale non siamo per niente d’accordo. Minor difetto, ma ingeneratore di confusione, è il modo in cui sono riassunte le trame dei libretti delle opere rossiniane: già le vicende librettistiche sono di per sé insensate, ma qui se ne fa una sintesi quasi scriteriata.

La raccolta delle Lettere di Rossini, curata da Enrico Castiglione (Edizioni Logos, 1992, pagg.327, Lit.25.000) è la riproposizione moderna dell’ edizione fiorentina del 1902 a cura di G. Mazzatinti e F. e G. Manis, che noi ammettiamo di non avere mai letta se non frammentariamente nella letteratura rossiniana che vi ha fatto così spesso ricorso. La lettura di queste poco più di trecento epistole ci ha procurato molta sofferenza e una profonda delusione. Da queste lettere emerge un Rossini non soltanto quasi analfabeta, ignorante e volgare, ma anche totalmente incompetente nel giudizio musicale. Parla della sua arte come farebbe un musicista dilettante ad orecchio, sembra non conoscere il contrappunto, la melodia e l’armonia, ma soprattutto sembra non sapere nulla di composizione. Il pesarese risulta dal suo carteggio una persona viscida e melliflua, che sa trattare solo di raccomandazioni mafiose, problemi di cassa spicciola, oltre che di tortellini, tartufi ed olive. Dopo tale disperante lettura ci siamo immersi con rabbia nell’ascolto della Donna del lago, del Barbiere di Siviglia, del Guglielmo Tell, dello Stabat Mater e dei Péchés de vieillèsse.
Così Rossini, nel nostro cuore, è risorto, intatto, perfetto e stupendo: originalissimo e splendido contrappuntista, autore di melodie inarrivabili, armonizzate come meglio non si potrebbe immaginare, ed anche orchestratore sublime. Per noi questo è Rossini e le sue lettere sarebbe meglio averle buttate nella spazzatura. Quello che non riusciamo a recuperare è il «tartufismo» di Castiglione che ha l’empio coraggio o meglio la vigliaccheria di paragonare queste letteracce alle splendide pagine dell’epistolario di Mozart.