85 – Settembre ‘92

settembre , 1992

La Dodicesima Quadriennale al Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale si intitola quest’anno Profili – Italia 1950-1990, Profili, Dialettica, Situazioni. Sul bel catalogo edito da Carte Segrete si leggono molte dichiarazioni d’intenti e spiegazioni dei criteri che vorrebbero fare di questa edizione una tappa di rinnovamento secondo quanto si legge, la quadriennale non dovrebbe più costituire un punto di arrivo, ma un punto di partenza di altre rassegne continuative nel tempo, in stretta collaborazione con tutte le Regioni ed aperta anche alla partecipazione internazionale, superando i limiti dell’attuale Statuto.
Le idee ci sembrano molto poco chiare ancora ed abbiamo l’impressione che non si vada in nessuna nuova direzione, ma che la selezione sia quest’anno (come sempre e come forse inevitabile) di parte e casuale; e condividiamo il parere di Ugo Attardi che dice: «…questa resta sicuramente Una interessante prima esposizione; che lascia fuori di sé però almeno un’altra grande mostra del meglio dell’arte di questi ultimi anni.» Passeggiando nelle grandi sale abbiamo incontrato una folla di amici e nemici, artisti giovani e vecchi, che hanno di fatto contribuito, nel bene e nel male, a costruire il panorama delle arti figurative di questo ultimo quarantennio; molti altri non li abbiamo visti e ci è dispiaciuto. Noi siamo spesso accusati di essere addirittura faziosi quando esprimiamo il nostro parere. In parte accettiamo la critica, ma ne facciamo un nostro punto di forza: è importante operare delle scelte sempre il più precise possibili, accettando nel contempo, come noi speriamo di fare, il dibattito tra tutte le componenti estetiche e poetiche dell’arte, pronti anche a uscirne accresciuti e a mutare d’avviso.

Di questi tempi sono molto di moda le «leghe», che indubbiamente esprimono parte dell’insofferenza di molti italiani per il malgoverno che per troppo tempo ha guidato il nostro Paese. Ma vi è mai stato un buon governo?
Nel farnetichio delirante dei capi leghisti si esprime anche tutto il qualunquismo volgare degli imbelli, degli insipienti e degli invidiosi. Ormai avere la impudenza di tuonare dalla Milano corrotta dei politici ed imprenditori milanesi contro i camorristi e i mafiosi della politica nel centro-sud è patetico e ridicolo. D’Azeglio e Cavour, che forse erano quasi onesti, o forse così c’illudiamo che possa essere stato, basandoci sulle frottole dei nostri antichi libri di scuola, sono morti da tempo. In parte è vero che il sud ha succhiato troppe delle energie economiche del nord, però con grande gioia degli industriali nelle cui tasche molto restava. E anche vero che dal sud si è trasferito al nord un tipo di delinquenza presuntuosa, casareccia e brutale; ma altrettanto male è sceso dal nord verso il sud. Tutti lo sappiamo ormai che il brigantaggio meridionale è stato voluto dalla collusione tra i re sabaudi e gli industriali. Qui vogliamo stigmatizzare quanta volgarità proveniente dal nord si sia riversata su tutto il resto d’Italia.
Roma, ad esempio, ne è stata scempiata. Re e regine di origine subalpina o mittel-europea hanno massacrato la meravigliosa opera di Mascherino, quel Quirinale che oggi ostenta sale addobbate secondo un gusto più vicino alla volgarità di un tabarin di lusso che non a una reggia resa tale dalla grandezza di talenti come Guido Reni. Pensiamo poi ai delitti ambientali perpetrati con la costruzione dei lungotevere. Dopo circa un secolo ancora inorridiamo se ricordiamo lo sventramento di gioielli come l’area di piazza Venezia, per dare spazio alla costruzione del bonario architetto Sacconi: il mausoleo per Vittorio Emanuele non è forse neppure così brutto come troppi dicono, ma certo sarebbe stato meglio costruirlo sul lido di Ostia, per far salire o scendere dalle scalinate Wanda Osiris. Ancora ci sentiamo male se pensiamo alla costruzione dei corsi e dei quartieri piemontesizzanti che hanno tagliato a pezzi palazzi barocchi ed antiche chiese. Non sono forse tutti questi delitti irreparabili?
Riusciranno mai gli ex signori del nord a risarcire Roma di tanto scempio? A loro attenuante si può solo ricordare che ancora l’altro ieri sono stati politici e maneggioni di tutt’Italia che hanno continuato ad aggravare le cose e a distruggere borghi antichi per celebrare una «conciliazione» che sarebbe stato meglio lasciar cadere nell’oblio. Il cinquecentesco Palazzo Regis, opera presunta di Sangallo il Giovane, per sua disgrazia si è trovato sulla traiettoria di uno di questi corsi: corso Vittorio Emanuele, per cui si ebbe l’idea di appiccicare sul palazzo mutilato una facciata tozza e disarmonica in un mal orecchiato stile rinascimentale, ma lasciando per fortuna intatto il resto. Dal 1948 ospita il Museo Barracco, collezione non vasta ma interessante e di gusto grandemente raffinato, di arte egiziana, assira, greca è etrusca e romana, messa insieme dal suo fondatore con particolare felicità di risultati. L’attuale sistemazione del Museo è frutto di un lavoro durato all’incirca dal 1979 al 1990, ma solo da pochissimo la visita della collezione è nuovamente consentita al pubblico dopo prolungatissimi e quasi continui periodi di chiusura, per cui non ci par vero di parlare di un piccolo patrimonio che una volta tanto è stato restituito ai cittadini che di norma sono solo espropriati. Come abbiamo già detto – tutto il palazzetto, noto anche come La Farnesina dei Baullari, è un gioiello: il cortile è sobrio ed elegante; dalle finestre sulle scale si possono veder suggestivi panorami romani. Ci sembra di poter dire che questo un museo a misura d’uomo: poche sale accoglienti invece del solito affastellamento insulso e burocratico che rendono in genere invivibili i musei di tutto il mondo. I piccoli e grandi tesori della scultura antica (sono per lo più statue) si mostrano, quasi impudichi per la loro bellezza e un po’ sfrontati: ci si può girare intorno Con calma, senza subire l’aggressione di turisti beceri e di guardiani troppo scortesi. La statua acefala di Apollo accoglie per prima il visitatore già sotto il portico, sul mezzanino stanno due statue anch’esse acefale di Una fanciulla in atto di versare l’acqua da un vaso e una Musa. Al primo piano ci Sono esempi dell’arte egizia, sumera, assira, etrusca e cipriota; due teste: una in granito nero di Ramesse II da giovane e una in diorite nera di un uomo «barbato», si fanno ammirare a lungo per la suggestione delle fisionomie e la ricchezza dei dettagli; ma non meno impressionante è la statua del corpulento Dio Bes: un nano mostruoso, accovacciato sulle gambe, in atto di mostrare la lingua, opera egiziana di epoca romana proveniente da una villa di Colonna. Tutte commoventi le sculture del secondo piano, per lo più greche: ricordiamo alla rinfusa un Ercole, copia da Policleto, un busto di Marsia, da Mirone, la statua di Narciso, purtroppo decapitata, la dolce testa di Alessandro Magno, leggermente reclinata, la cagna ferita, replicata da un originale di Lisippo. Inoltre in teche ad ogni piano vasetti, statuette votive, sigilli e amuleti. Si possono ammirare alcuni frammenti di mosaici romani e medioevali.
Insomma un piccolo, raccolto mondo di cose che parlano di un passato molto lontano con discrezione e confidenza, senza gridare, a due passi dal grande e chiassoso traffico di corso Vittorio.