83 – Maggio ‘92

maggio , 1992

La trattoria Vecchia Roma, da Severino il Pugliese, in viale Manzoni 52, ha un solo pregio: costa pochissimo. Tutto il resto è intollerabile. L’ambiente è squallido, angusto, disadorno e volgare. Il servizio è approssimativo e mette a disagio; persino l’acqua minerale non è fresca: ce ne siamo accorti a nostre spese, dal momento che i vini erano così indecenti che siamo stati costretti a dissetarci bevendola a tutto pasto. Diciamo comunque cosa si può avere a prezzi davvero stracciati: un prosciutto rinsecchito, tristi melanzane viscidamente ricoperte da un’indecifrabile condimento-poltiglia; orecchiette fatte in casa così male come nessun pastaio professionista si sognerebbe di fare, condite alla barese con broccoletti spappolati ed insapori oppure con un’acidissima salsa al pomodoro. Un enorme piatto di polipetti e gamberi, affogati in un umido acquoso, di gommosa consistenza, molto simile a quella di certi braccialetti di plastica che i nostri nipotini hanno trovato con scorno nei loro ovetti di Pasqua. Poi carne che si pretenderebbe essere di capretto, ma la cosa non ci pare tanto sicura, in due diversi modi: arrosto o alla pugliese, ma con un solo sapore, bruciante di sale, con sabbiose patate arrosto;
un brasato di manzo incongruamente accompagnato da irriconoscibili zucchine ripiene, il tutto a formare un ammasso informe e monocromo di dubbia commestibilità. Anche il pane – risultato pressoché immangiabile – è compreso nel prezzo. Non sappiamo se i dessert rientrino nella campagna promozionale dal momento che non abbiamo avuto il coraggio di spingerci oltre. È indispensabile che a Roma qualcuno si impegni per proporre una politica di abbattimento dei prezzi, e ci rendiamo conto che un simile sforzo debba necessariamente includere una certa sobrietà di stile, ma non pensiamo che sia lecito offendere la dignità degli avventori speculando sulla loro incultura gastronomica o sulle secche dei loro portafogli.