82 – Aprile ‘92

aprile , 1992

Quando, dopo uno spettacolo, decidemmo di andare a cena proprio lì in Trastevere, eravamo preparati al peggio, cioè a pagare lo scotto inevitabile di una cena a tarda ora, affrettata e desolante, come quasi sempre avviene in simili circostanze. Anche il locale che scegliemmo con quell’ambiguo nome Il Ciak, in vicolo del Cinque, poco sembrava essere di buon auspicio. Entrammo in un ambiente fumoso e super affollato, articolato in due o tre sezioni, con i tavoli così serrati l’uno all’altro da rendere quasi impossibili il servizio e il passaggio, frastornati dal vocio inevitabile. Sul tavolo un foglietto battuto a macchina e chiuso tra la plastica trasparente annunciava piatti toscani e di caccia, con qualche scivolata nel salmone e panna. Di vini ne erano proposti un paio e poi genericamente acqua e birra. Ordinammo rapidamente, propendendo per una linea unitaria: crostini toscani al tartufo, ribollita, minestra di farro e funghi, polenta. E qui incominciarono le sorprese: i crostini erano profumati, fragranti e appetitosi, senza tracce del viscidume freddiccio che normalmente rovina questo buon antipasto rustico; la ribollita fumante e sapida, la polenta e il farro ci riportavano davvero una tradizione regionale, senza le falsature ideologiche dell’alternativo. Così procedemmo rinfrancati verso i trionfi, a dire il vero poco dietetici, della starna sul crostone, del capriolo in salmì ed inevitabilmente di una succosissima e tenerissima fiorentina cotta a dovere. li Chianti a giusta temperatura, senza infamia e senza lode ci parve un buon accoppiamento e, dopo, semplici dolci fatti in casa: mela al forno, crème caramél e castagnaccio ci parve giusto concludere con una buona grappa ghiacciata. Per tutto quanto pagammo un conto ragionevole, che non volle biecamente profittare dell’occasione fin troppo favorevole per l’oste.