81 – Febbraio ‘92

gennaio , 1992

Il lavoro dello storico pone gli studiosi di questa complessa disciplina in condizioni simili e opposte a quelle dei veggenti di dantesca memoria, molto sensibili e consapevoli di quello che avvenne nel più lontano passato, rischiano di prendere colossali abbagli se la loro indagine si limita ai tempi corti, pertinenza ancora della cronaca. Oggi l’ansia della spiegazione in termini di spicciola politica elettoralistica sembra avere travolto le barriere prudenziali nelle quali usa trattenersi in genere la speculazione scientifica. Così viene riproposta a posteriori come sconvolgente novità una quantità di rivelazioni che non rivelano un bel niente. Chi non sia per sua sfortuna nato proprio ieri quale turbamento infatti dovrebbe nell’intimo provare sentendo dire che Togliatti perseguì una politica di spietato realismo, tentando di barcamenarsi tra l’ingiustificabilità di un ‘impresa come quella della spedizione italiana dell’Armir a fianco dell’esercito nazista e l’ancor più ingiustificata repressione stalinista dei disfatti resti dell’esercito fascista? Qualcuno c e forse che non abbia per via diretta oppure indiretta conosciuto il complicato traffico di protezioni ed impunità passato attraverso lo Stato vaticano costretto anche dalla ragion politica, oltre che da una programmatica missione universalistica di salvezza, a sottrarre ebrei ai carnefici nazisti e prede naziste all’efficienza giustiziatrice post-bellica?

Qualcuno può legittimamente oggi sussultare scoprendo che Chamberlain e Stalin patteggiarono in tempi e modi specifici con /’incombente strapotere di Hitler? C’è bisogno di un prodotto cinematografico di più o meno convincente qualità per farci sospettare che il presidente Kennedy fu eliminato da macchinazioni complesse che coinvolgevano l’opposizione e la malavita organizzata? Si possono giustificare titoli a tutta pagina che insinuino una possibile concordanza in chiave anti-comunista del presidente americano Reagan e del capo spirituale della Chiesa Cattolica? Tutto questo ben poco ha a che fare con il dovere dell’accertamento delle verità storiche, ma è evidentemente collegato ad un uso strettamente contingente dell’emotività dell’elettorato. Non per questo però si potranno accusare di faziosità i partiti, che appunto, in quanto fazioni, nell’estorsione del consenso a qualunque costo trovano una ragion d’essere a fianco di molte altre. Caso mai è da riconsiderare la legittimità del comportamento di quelle fonti di informazione che si qualificano come «indipendenti». Oggi pare definitivamente fuori discussione la possibilità che i fatti, del passato come del presente, possano essere distinti dalle opinioni, anzi sono proprio queste ultime che determinano l’ottica attraverso la quale ogni realtà viene letta. Se, come è probabile, solo un candido velleitarismo potrebbe sperare di rivendicare una non ipotizzabile oggettività dell’informazione, si dovrebbe almeno poter pretendere di sapere quali interessi siano effettivamente serviti con coerenza da un ‘informazione che è necessariamente schierata con questa o quella parte. Non è neppure detto che l’esplicitarsi delle intenzioni renda necessariamente meno efficace il potere della persuasione: si pensi a questo proposito al grande successo degli schieramenti integralisti del passato e del presente. Il fatto è che ci siamo tutti assestati in un atteggiamento vigliacco di rifiuto delle responsabilità: anche per questo la storia l’hanno sempre scritta, più o meno precipitosamente, i vincitori. Ci sarebbe solo da riflettere forse sul fatto che tutto quel che è stato scritto è stato anche cancellato intingendo di volta in volta nell’inchiostro della nostra acquiescenza o servendosi di noi come cancellini.