Psicoanalisi contro n. 78 – Entusiasmo

dicembre , 1991

L’ innamoramento è sempre stato visto in modo negativo dai moralisti e dai ben pensanti, e anche dagli scienziati. I moralisti vedono in esso una sorta di marasma psichico che induce a compiere gesti inconsulti: chi te è innamorato sospende tutti i propri principi morali, si ritiene in diritto di offendere, denigrare, mentire e talvolta persino di uccidere chiunque sia d’ostacolo al suo amore, fosse anche la stessa persona amata. L’aspetto più deleterio di questo moralismo è quello che giustifica poi addirittura il delitto d’onore, rivendicando al marito tradito il diritto di lavare col sangue l’offesa arrecatagli da una scelta in contrasto coi propri sentimenti. Fortunatamente però il delitto d’onore è un concetto che l’inconscio sociale non ha fatto proprio e che è ristretto a piccoli gruppi connotati culturalmente ed etnicamente, mentre su di esso la società ha espresso la condanna che si riserva quando si valuta un gesto delittuoso e in questo caso un assassinio. Lo stesso tipo di valutazione in tempi attuali , è riservato alla pratica dell’aborto, che pure in ambienti
pseudo-libertari viene rivendicato, invocando una speciale Li licenza di uccidere in nome di principi superiori. In entrambe le situazioni però sia il marito borghese, sia il maschio e la femmina pseudo-libertari pensano più a se stessi che alla vita di cui decidono la soppressione. Il rifiuto del sospetto di un figlio spurio o di una gravidanza per qualche ragione sgradita diventano in certi ambiti socioculturali giustificazioni sufficienti all’estinzione di una vita. Benchè giustificati da due opposte culture entrambi i comportamenti non sono però mai stati completamente accettati dall’inconscio sociale. Se nelle fantasie dell’inconscio individuale si esprime talvolta il desiderio di distruzione di un oggetto amato, tale desiderio si rivolge in realtà contro qualcosa o qualcuno che ormai non si ama più. Ci sono anche i ben pensanti che trovano riprovevole l’innamoramento perché chi ama diventa bizzarro, distratto, incapace di concentrazione all’esterno del rapporto amoroso. Forse i ben pensanti non sanno amare, non hanno mai amato e vedono l’amore come un sentimento incomprensibile che distoglie dalla realtà e la deforma. Gli scienziati infine sono i più rigidi e severi giudici dell’innamoramento. Spesso psichiatri e psicoanalisti considerano l’innamorato vittima di un raptus. Freud dice cose tremende e squallide sugli innamorati: sopravvalutano l’oggetto d’amore, sono incapaci di comprendere la base razionale di un comportamento, sono vittime di plagio continuato. lo che mi sono formato all’interno del pensiero freudiano e che ho per il maestro viennese una grande ammirazione non riesco però ad apprezzare le sue teorie in questa materia, tanto si rivelano incapaci di cogliere la ricchezza dei sentimenti d’amore. Sembrerebbe che Freud non sia stato capace di amare e questo sarebbe un limite enorme per un terapeuta; quello che è più probabile è che abbia avuto paura dell’innamoramento e se ne sia difeso in modo parossistico.

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Non solo la psicoanalisi freudiana ha estrema diffidenza nei riguardi dell’innamoramento. Anche gli psichiatri giudicano male gli innamorati, perché sono considerati troppo esigenti, tanto gelosi da esserne psichicamente disturbati, incapaci di sentire ragioni in contrasto coi loro sentimenti.
La verità è che tutti abbiamo paura dell’innamoramento.
È molto difficile capire quali meccanismi strutturino la nostra cultura, tanto che a volte essa ci sembra basata sull’idiozia, e questo anche quando esprime la condanna dell’amore, proprio perché il concetto di innamoramento formulato dalla stessa cultura è inaccettabile. Nella filosofia di Platone l’innamoramento era chiamato «entusiasmo», cioè la condizione dell’uomo che ha il dio dentro di sé. La nostra invece è una cultura fatta soprattutto di canzonette; ne sono state composte di splendide: madrigali quattro-cinquecenteschi, lieder dell’Ottocento, romanze del primo Novecento, poi la spazzatura e il degrado acustico hanno avuto il sopravvento, coi festivals e la disco-music.
In tutte queste espressioni artistiche in forma di «bagatelle» si tratta costantemente di amore e di innamoramento; l’argomento viene fortunatamente trattato in musica ad un livello almeno leggermente superiore di quanto non avvenga con le parolacce che costituiscono i versi di tali canzoni: sono parolacce volgari, ritrite, dall’ambiguo significato, qualche volta presuntuosamente pseudopetrarchesche. Solo alcune volte la musica dà una dignità poetica all’insieme, trascendendo il valore infimo dei versi, ma spesso subisce il contagio della stessa volgarità.
A questo proposito varrebbe forse la pena di studiare più in profondità le ragioni per cui il linguaggio musicale riesce ad essere meno compromesso con l’oscenità di quanto lo sia quello verbale e riesca, dopo tutto, a dare maggior dignità anche agli argomenti più futili.

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Mi rendo conto, malgrado il mio furore iconoclasta, che talvolta mi prende la mano, che la lirica greca, il sonetto barocco, la poesia romantica hanno saputo esprimere con le parole concetti sublimi e hanno parlato d’amore con straordinaria sensibilità ed ancora oggi là, letteratura universale nella varie lingue è capace di parlare dei più grandi argomenti adeguatamente. Tuttavia io sono talmente
innamorato dell’amore che vederlo compromesso ed umiliato in una mercificazione quotidianamente spacciata per arte, mi offende.
Forse dovrei essere meno drastico e più realisticamente dire che sempre l’amore è stato misconosciuto o vilipeso. C’è però anche il pericolo di mistificazione intrinseco all’innamoramento, come è quello per esempio che fa credere a qualcuno di potere in nome dei suoi sentimenti prevaricare ed imporre se stesso agli altri. Questa è una modalità patologica dell’amore, che ricorre al sadomasochismo per esprimersI.
Ugualmente raccapriccianti sono i modi volgari in cui l’inconscio sociale ha erroneamente introiettato possa manifestarsi il desiderio amoroso; concetti questi trasmessi dai grandi mezzi di comunicazione di massa oggi, ma che già ieri erano contenuti in nuce nella pseudo-poetica licenziosità di certi stornelli popolari, come quelli romaneschi.
Ugualmente nefasti all’espressione amorosa sono però i moralisti, i ben pensanti, e gli scienziati presuntuosi che troppo spesso si sono alleati col cosiddetto buon senso comune per insudiciare il più bel sentimento che l’essere umano possa provare, forse l’unico che rende un uomo degno di essere tale.
Qualcuno a questo punto potrebbe legittimamente domandarmi a quale tipo di amore io mi riferisca: al desiderio, profondo, travolgente, psichico e fisico, del maschio per la femmina e della femmina per il maschio, o in questo concetto d’amore sono compresi anche quei sentimenti, ritenuti addirittura perversi, del maschio per il maschio e della femmina per la femmina? Mi riferisco anche a quelle forme d’amore, accettate dalla nostra cultura e dal nostro inconscio sociale, quale quella dei genitori per i figli e viceversa, l’amor di patria, l’amore per un ideale? Non faccio fatica a rispondere che io mi riferisco a tutte le forme possibili di questo sentimento difficilissimo da definire, ma facile da riconoscere. Voglio tornare al concetto che ho prima citato di «entusiasmo» dal Fedro platonico, cioè di presenza della divinità in noi, quando siamo innamorati.
Anche Platone non ha saputo meglio definire questa condizione. Di meglio forse c’è solo la tautologia: «l’amore è l’amore». Coloro che conoscono il mio modo di procedere avranno notato che io dò molta importanza alla tautologia, che non ritengo soltanto un sotterfugio a cui ricorrere per pigrizia mentale; anzi la ripetizione della medesima parola ha per me un significato che non deve essere ignorato, anche se disorienta, e non addita nessun cammino.

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Ho detto che moralisti, ben pensanti, scienziati e gente comune hanno un atteggiamento di diffidenza, di paura, di rifiuto è ben diversa da quelle forme su descritte li e di irrisione verso l’innamoramento. Io invece, pur sapendo di compiere un gesto pericoloso, affermando opinioni che possono dare fastidio voglio esaltare la bellezza della «follia d’amore». lo non ho mai approvato l’esaltazione in chiave positiva della follia e ritengo i pazzi individui limitati e chiusi nel loro delirio, prigionieri delle loro difese che li escludono dalla relazione con gli altri e fanno loro rifiutare anche il rapporto d’amore. So bene che c’è un genere profondamente patologico di follia amorosa, quella degli amanti che si annullano nel sadomasochismo o nel narcisismo, divenendo aggressivi, oppure umiliando la loro dignità di persone, o anche negando all’altro la sua autonomia e i suoi bisogni, appagandosi dell’illusione di un amore per una falsa realtà che invece è una propria costruzione fantastica. Non accetto queste forme perché non credo abbiano in sé nulla di amoroso. Quante sono le persone che riescono ad avere rapporti sessuali soltanto dopo ,un furioso litigio col proprio partner? E una situazione che trovo particolarmente deprimente, ma è purtroppo vero che gli esseri umani sono riusciti ad a escogitare anche perversioni dell’amore.
Una delle canzonacce a cui mi riferivo prima parla appunto dell’amore che «non è bello se non è litigarello»; è uno scherzo che nasconde l’accondiscendenza per o il gusto sadomasochista di ferire ed essere feriti, sopraffare ed essere sopraffatti, per poi appagarsi in un amplesso che diviene diabolico. L’essere umano viene di lontano e il suo viaggio è continuamente insidiato dal diavolo che odia l’amore. Mi voglio riferire invece alla follia di chi ama senza condizioni, ma rispettando profondamente l’oggetto del proprio amore e riducendo al minimo le possibilità di sofferenza imposta o subita.

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Vorrei parlare di una «follia d’amore» che o è ben diversa da quelle forme su descritte narcisistiche o sadomasochistiche. Forse D faccio male a chiamarla «follia», ma al momento non so coniare un’altra definizione. La nostra cultura vede come follia sia l’innamoramento patologico nelle forme che abbiamo appena visto, sia quello sano e sacro. Con tutte le contraddizioni e le ambiguità implicite in ogni sentimento umano questo tipo d’amore appare schietto e brillante a chi lo sappia guardare senza paura. È un innamoramento totale che coinvolge la persona pienamente, che rende capaci di dichiarare il proprio amore per l’altro e di osare per esso gesti assurdi. Una tenerezza inaspettata, un regalo improvviso, un movimento inconsulto, una dolce serenata sono manifestazioni possibili di questo amore. Si può aggiungere il piacere di esibirlo, di esaltarlo, aver voglia di percepirlo come possesso.
Pindaro, ripreso da Carducci che mette la bella dichiarazione sulla bocca del menestrello, dice: «Contessa che cosa è mai la vita? L’ombra d’un sogno fuggente, a favola breve finita, il solo immortale è l’amor» (G. Carducci, Jaujffrè Rudel).

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Ho certo letto troppi libri, ho recepito con troppa ansia l’imposizione che mi veniva dalla società e dall’inconscio sociale per cui per essere persone degne bisogna sapere il più possibile di quello che è stato scritto; a questo stimolo s’è aggiunta la mia irrefrenabile curiosità. Fatto sta che amo i libri, mi piace leggerli, ma anche accarezzarli; ho invece quasi nessun interesse di tipo bibliofilo o antiquario. Ho in biblioteca qualche vecchio, antico volume, molto bello, con cui gioco, ma che raramente prendo in mano per leggere. Amo i libri perché hanno contribuito a costruirmi; io mi sono rapportato ad essi con deferenza ed amore, e in parte ho conosciuto per mezzo loro il mondo. La frase del saggio Galileo Galilei che ammoniva gli uomini a non vivere in un mondo di carta mi ha frenato per tempo ed ho rivolto il mio interesse anche alle stelle, alla natura, agli altri esseri umani, cercando di evitare l’errore di chi crede che il mondo stia tutto nei libri. Pur tuttavia o létto farse troppo: nella mia testa frullano teorie, definizioni, affermazioni scritte; molte sono interessanti, altre le ho giudicate sciocche, alcune inconcludenti. Sommandosi mi hanno informato e anche formato. Non rinnego questi studi, anche se a volte mi viene di pensare che meglio sarebbe stato aver scelto un libro solo, fermandosi lì, analizzando, meditandolo per impararlo fino in fondo. Fino a conoscerlo a memoria, a fame il mio compagno di ogni momento, la mia guida. Certo, quando ero uno studente il momento culturale era contrario a tutti gli aspetti del cosiddetto nozionismo: in nome della libertà dello spirito si era diventati dogmatici ed ottusi nel rifiuto della cultura che ci aveva costruito. Forse per reazione io ho fatto mio il principio di una formazione basata soprattutto sulla conoscenza del maggior numero possibile di nozioni, anche se rifiuto lo snobismo di una pseudo-cultura che si picca di avere sempre presente l’ultima novità libraria. Del resto sono convinto che ci siano schiavitù più pericolose e più tristi di quella dei libri. L’amore per il sapere, o anche l’amore per i libri, sono forme di innamoramento, capaci di arricchire e dare grandi emozioni.

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Tornando all’importanza che io attribuisco alla follia amorosa, vorrei a questo punto dire qualcosa agli psicoterapeuti. Voglio ripetere rivolgendomi precisamente a loro quanto ho già detto prima. Debbono stare attenti a non cadere nei tranelli del moralismo dei ben pensanti che talvolta è fatto proprio anche dagli scienziati e tanto meno nelle trappole della volgarità popolare. I gesti degli innamorati, apparentemente dissennati, debbono essere osservati con estremo rispetto. Non è giusto aggredirli, non è giusto perseguitarli; ma bisogna saper distinguere un delirio d’amore da un atteggiamento patologico. Il comportamento patologico in amore è quello che persegue la distruzione dell’altro, quando narcisisticamente o sadomasochisticamente si usa l’altro come strumento o ci si presta ad essere usati dall’altro. Questa prima distinzione è di fondamentale importanza per l’operare scientifico, perché è la sola che permetta di distinguere tra l’entusiasmo, nel senso che abbiamo prima ricordato, e la malattia. La spudoratezza, la commozione di cui sono capaci gli innamorati sono sentimenti vitali e sani e sono ben diversi dall’esibizionismo e dalla crudeltà dei narcisisti e dei sadomasochisti. Il terapeuta deve essere padrone di una chiave di lettura sufficientemente precisa, per incoraggiare quello che è sano e curare quello 990 che è un segno di patologia pseudoamorosa.

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Vorrei concludere raccontando l’emozione che mi ha dato sentirmi dire da una persona che amo molto: «Grazie per avermi insegnato il coraggio della spudoratezza». È stata una frase che mi ha molto confortato, perché troppo spesso io avverto intorno ai gesti e ai segni dell’amore un’irritata condanna, un tentativo di chiudere chi ha il coraggio di esprimere il suo innamoramento in un isolamento reso più pesante dalla condanna moralistica. Non so perché l’amore susciti tanta rabbia in chi si sente da esso escluso, ma è importante che coloro che si amano sappiano amarsi senza pudore, sicuri della legittimità di un sentimento che è il segno della presenza del dio: vero entusiasmo, per cui vale la pena vivere.