77 – Novembre ‘91

novembre , 1991

Alberto Savinio (pseudonimo di Andrea De Chirico) fu un artista dai molti interessi.
Noi abbiamo letto – mai ascoltato – alcune sue romanze, costruite con garbo e cura, niente di più. Conosciamo i suoi lavori teatrali arguti e pungenti, ma niente di più. Come pittore è invece riuscito ad essere una personalità significativa: il suo uso della fantasia e del colore è sapiente, il suo segno graffiante e profondo, esprime giochi della mente ed ambiguità surreali; sotto le sue mani la realtà si trasfigura, assumendo forme inconsuete.
Al teatro Flaiano è andato in scena un suo testo: La famiglia Mastinu; un’opera che in sé non è né bella né brutta, soprattutto è satura di un convenzionalismo antiborghese, ovvio e scontato. In una famiglia squallida, in cui nessuno ha rapporto con gli altri, la vecchia nonna muore e tutti si divertono finalmente un poco nell’adempimento dei rituali convenzionali; ma, passata l’euforia momentanea, tutto riprende monotonamente uguale, in attesa della prossima funerea occasione. Il copione ha il pregio di essere costruito in modo di offrire molte possibilità teatrali a chi sia capace di sfruttarle. La realizzazione del Teatro della Tosse ha saputo cogliere l’occasione’ anche per il determinante contributo della scenografia di Emanuele Luzzati che, parodiando i moduli grafici saviniani, ha preparato un terreno fertile e ricco di connotazioni psicologiche. La regia di Egisto Marcucci ha guidato tutta la compagnia con estrema sapienza: il ritmo era inappuntabile, le invenzioni continue, la gestualità appropriata; tutto ha fatto sì che lo spettacolo risultasse estremamente godibile. Gli attori sono stati bravissimi, eroici anche nella loro capacità di emergere, facendole proprie, dalle pesanti maschere di gomma che mutavano in mostri gli esseri umani; la loro bravura rendeva accettabile un genere di teatro che, preso in sé, non andrebbe al di là di una passabile routine.
I nomi da ricordare sono: Enrico Campanati, Aldo Amoroso, Carla Peirolero, Francesca Corso, Dario Manera, Bruno Cereseto, Gaddo Bagnoli, Giulia Del Monte, Veronica Rocca, Daniele Sulewic, Nicholas Brandon, Lorenzo Anelli, Giuliano Fossati, Enrica Carini. Le gradevoli musiche erano di Bruno Coli.
Noi siamo arrivati in teatro molto presto e ci siamo messi ad ascoltare le chiacchiere del pubblico in attesa; forse era una serata particolare, però abbiamo solo sentito le idiozie banali che venivano poi stigmatizzate dalla vicenda scenica: ci trovavamo in mezzo ad un mucchio di borghesi imbecilli, persino inconsapevoli di essere l’oggetto biasimato dall’autore, appagati per di più dall’impressione di partecipare ad un rito che li caratterizzava fortemente come «intellettuali». Uscendo ci siamo detti con terrore: «E noi?»