76 – Ottobre ‘91

ottobre , 1991

Alwin Nikolais è senza dubbio un furbacchione: approfittando del fatto che, per lo più, la critica, il pubblico e gli stessi danzatori non ascoltano la musica di accompagnamento nel balletto, finge di essere anche un compositore e firma oltre alle coreografie anche la base sonora dei suoi spettacoli, pur non avendo nessuna nozione (lo speriamo per lui) della composizione musicale. Così ci guadagna anche i diritti d’autore che andrebbero al musicista. L’oscenità delle sue colonne sonore raggiungerebbe il delirio se non fosse superata dalla loro monotonia: orrendi suoni elettronici si sovrappongono ad arpeggi o melodiuzze, sempre stonate ed artificiali, in una ripetitività ossessiva.
Anche le coreografie di questo applauditissimo balletto andato in scena al Teatro Olimpico non sono un gran che. Allievo della Graham e della Holm, ha preferito rivendicare come ascendente quest’ultima insieme ad un astrattismo di derivazione pittorica. Il risultato è un grande assommarsi di luci che complicano i fondalini dipinti davanti ai quali i suoi ballerini si muovono in un moltiplicarsi di disegni che sembrano movimento, ma non lo sono. Il movimento vero e proprio è piuttosto schematico, si evolve in simmetrie e caleidoscopie, c’è un compiacimento che è tutto mimico ed un moralismo di fondo: automi, insetti, astronauti, pupazzi e marionette, spesso legati ai fili con un’aggiunta quindi ancora una volta di un’impressione dinamica che poco ha da spartire con la danza. Anche le evoluzioni cronologiche sono minime. Da «Tensile Involvement» del 1953, a «Tempie» del 1974, fino a «Mechanical Organ» del 1980 e «Liturgies» del 1983 le ispirazioni restano le stesse e caso mai si inaridiscono se è vero che solo nella prima coreografia la dinamica grafica non esaurisce un progetto che spinge uomini e donne ad esprimere una danza che cerca ritmi, slanci e accattivanti momenti di ingenua sensualità, non ancora ridotta alla caricaturalità erotico-mistica di Liturgies.