Il volume di Anatoli Sobciak, Leningrado. San Pietroburgo (Mondadori, 1991, pagg. 347, Lit. 32.000) va assolutamente letto. È scritto da una persona che ha lottato con sincerità e schiettezza per il miglioramento della vita nel suo paese. Per fortuna non ci sono irritanti giochi psicoanalitici, come ormai tutti fanno, da queste parti, e talvolta facciamo anche noi, raccontando gli accadimenti e ipotizzando che significhino il contrario di ciò che appaiono, riferendosi a dinamiche più o meno edipiche. Qui il racconto si dipana essenziale, l’autore non è certo un romanziere scaltro, rivela spesso la sua non voluta natura di burocrate, però riesce a far comprendere in modo abbastanza chiaro sia la storia politica e sociale della grande «madre Russia», sia le complicate strutture giuridico-politiche di quelle regioni che a noi occidentali sono sempre state piuttosto oscure. È molto piacevole ed istruttivo sentir parlare di personaggi che televisioni e giornali hanno portato in casa nostra in ottiche confuse ed improprie. I problemi giuridici e quelli socio-economici si intrecciano, ma il sindaco di San Pietroburgo cerca di esporle con onestà anche se da una precisa posizione politica. Il libro serve ad orientare nella lettura quel guazzabuglio che pare essere la situazione della nuova Unione Sovietica. Le ultime pagine si chiudono con considerazioni piuttosto amare, mentre l’inizio era trionfalistico e quasi esaltato. Ciò che più ci ha convinto ed anche un po’ turbato è stata l’illusione della possibilità di costituire uno stato di diritto. Il teorico Smith e il politico Washington hanno tentato di teorizzarlo e di realizzarlo in Europa e in America. Gli insulti alla vita democratica che mafia e multinazionali infliggono alla società civile, il disastro socio economico che abbiamo appena sperimentato direttamente negli Stati Uniti ci convincono che anche la democrazia capitalistica non è che un’illusione: ingiustizia e totalitarismo corrodono l’Europa, l’America e l’Asia. Lo stato di diritto non esiste, esiste solo la sopraffazione clientelare. Vogliamo concludere citando un discorso dell’amico, non più «compagno» per fortuna, Anatoli Sobciak, che esprime le sue illusioni e le nostre speranze: «A questo punto mi torna alla mente un famoso discorso di Martin Luther King, in cui ogni periodo iniziava immutabilmente con le parole: ‘Io sogno…’ E così, col soccorso del grande difensore americano dei diritti civili, ho parlato di ciò che sogno. Sogno un’epoca in cui non ci saranno più assemblee circoscrizionali e designazioni preliminari dei candidati, un’epoca in cui gli elettori potranno scegliere liberamente i loro candidati, senza far ressa alle porte di sale chiuse e isolate da militi volontari e pattuglie di polizia, sogno un’epoca in cui ministri incompetenti e corrotti cesseranno di rendere assurda la nostra vita; sogno un’epoca in cui…
sogno l’epoca in cui il nostro stato diventerà uno stato di diritto…».