76 – Ottobre ‘91

ottobre , 1991

Chi non legge con troppa distrazione questa rivista e segue da almeno qualche tempo l’attività culturale e scientifica di Psicoanalisi Contro – e di Sandro Gindro in particolare – si è certamente stupito di scelte di campo che, progressivamente, hanno determinato uno schieramento filosofico-politico che fino a ieri sarebbe stato facile definire «reazionario». Lo spostamento dell’asse politico mondiale ha molto modificato i giudizi su ciò che può essere considerato sintomo di conservatorismo o di progressismo, ma resta, tuttavia, qualche motivo di perplessità.

È bene quindi cercare di eliminare i possibili equivoci. La psicoanalisi gindriana si è fin da subito proposta come una visione del mondo, in funzione della quale trovava fondamento l’applicazione di una tecnica terapeutica. Orbene, la psicoanalisi venne proposta come strumento preferibile ad ogni altro, proprio perché garantiva al massimo grado relativo il rispetto della persona, sana o malata, e prevedeva il recupero della consapevolezza delle dinamiche inconsce individuali e sociali. Fin da subito, a fianco della scelta interventista nei confronti delle patologie dei singoli  come dei gruppi, ci fu un’altra scelta, considerata come assolutamente primaria, della vita ad ogni costo. Essere antiabortisti ha significato così essere «contro» un malinteso concetto di libertà che sinistra e femminismo avevano fatto proprio, e che persiste oggi in omaggio allo stesso fraintendimento. Pochi mostrarono allora interesse per il nostro discorso complessivo, che spostava sulla educazione sessuale l’esercizio di una più radicale libertà di scelta. L’equivoco è oggi diventato programma politico di tutti i partiti riferibili più o meno all’area cosiddetta social-liberale, mentre la difesa della vita come valore assoluto è rimasta patrimonio programmatico di un centrismo clericale che la ha fatta propria, rimuovendo però, ancora una volta, ogni considerazione etica o politica sul significato che deve essere attribuito ad ogni scelta sessuale. Considerazione che non può essere confusa con alcun messaggio liberazionista, ma che può solo rifarsi ad un nuovo umanesimo che riconosca il dovere di combattere in ogni loro aspetto perversioni come il narcisismo e il sadomasochismo che, umiliando la dignità umana, ne negano ogni possibile libertà, sessuale ed esistenziale. Ovvio che, in questa prospettiva l’atteggiamento fondamentale dei gindriani risulti anche ora un po’ contro tutti e tutto. L’altra scelta importantissima è stata quella dell’arte intesa come esercizio di salute e restituita all’autonomia che le è propria, affrancandola anche dall’interpretazionismo psicoanalitico che la vorrebbe troppo compromessa con una pretesa irrazionalità dell’inconscio. Anche qui l’impostazione del gruppo risultò inaccettabile per quegli pseudo-illuministi che fanno del senso comune il loro credo e che nella stupidità dei mass-media ripongono evangelica fede; ciò soprattutto quando in modo esplicito Gindro sostenne l’essenzialità dell’arte come rapporto di comunicazione con il Divino. Eppure sono proprio i limiti di un laicismo squallido come quello che oggi impera ad imporre punti di riferimento che trascendano il quotidiano quel tanto che basti per legittimare la speranza, per stimolare una carità che si esprima come amore per l’altro da sé. Così accadde che, stando fermo su pochi principi, il gindrianesimo si sia visto venir contro gli uni e gli altri; confortato soltanto dalla scomodità di una posizione che è una specie di certificato di garanzia contro ogni tentazione di opportunismo. Se è difficile tenere il piede in due scarpe, è un virtuosismo bello e buono imporsi di tenerli entrambi in una soltanto!