75 – Settembre ‘91

settembre , 1991

Se non fosse che di questa stagione non ci sono molti film di cui parlare e il film Merci la vie viene (falsamente) presentato come un anticipo della nuova stagione, non sarebbe certo il caso di riferire di una simile stupidaggine; però, proprio buttar via due ore del nostro tempo senza trame utile alcuno ci dispiace. Con un po’ di vergogna ci accingiamo quindi ad insultare questo guazzabuglio insulso firmato dal regista Bertrand Blier, poiché è imbarazzante persino parlare male di cose tanto insignificanti. Il soggetto non lo ha scritto neppure l’intelligenza limitata di un computer, poiché quasi certamente qualche spunto più originale una qualunque macchina sarebbe stata capace di trovarlo; invece il succedersi delle immagini e dei dialoghi si rifà alla più squallida banalità e povertà di pensiero. Vorrebbe questo pasticcio essere cinema surreal-astratto, filosoficheggiante e moralistico. Una ragazzetta di strada ed una fanciulla di buona famiglia cretineggiano vestite da sposa e portando a spasso gabbiani. Una o due troupes cinematografiche vorrebbero girare un film e il piano del film si confonde con la vita che si confonde col cinema; lo spettatore è supposto domandarsi, profondamente turbato se la realtà sia finzione o viceversa. Qualche. coito e un paio di nudità affiorano tentando di suscitare risvegli di attenzione, ma la mente è irresistibilmente rivolta al lavoro che ancora dovremo fare domani, alla telefonata che abbiamo appena fatto. Per un’alchimia dei giochi di produzione accanto alle due insignificanti protagoniste: una Charlotte Gainsbourg, inespressiva come un’adolescente afflitta da un perenne mal di denti e Anouk Grinberg, tarda emula delle veneri tascabili del cinemino francese figurano in ruoli quasi di contorno: Gerard Dèpardieu, sfigato come non mai, cinico dottore e partigiano in lotta contro i tedeschi e a favore dell’AIDS; Jean-Louis Trintignant, feldmaresciallo cinico e stupratore; Annie Girardot, madre supplente, ferocemente esibizionista di reticoli di rughe, dalla testa ai piedi. Gli altri sciagurati complici rispondono ai nomi di Michel Blanc, Jean Carmet, Catherine Jacob, Thierry Fremont. Il regista è convinto di aver sovvertito l’ordine del mondo con la trovata di girare il film in tre colorazioni: un seppia anni quaranta, un bianco e nero anni cinquanta e un technicolor anni sessanta-novanta, avvicendantisi a sorpresa. Le musiche comprendono un repertorio che va da Chopin a Dean Martin, passando da Philip Glass e Puccini. Forse per qualche ragione profondamente simbolica si dà particolare rilievo ad una inqualificabile interpretazione della ninna-nanna di Brahms.