72 – Maggio ‘91

maggio , 1991

Il film di Daniele Luchetti: Il portaborse, non è un film polemico, non è neppure di condanna o di denuncia, non svela verità nascoste; è solo una piccola commediola all’italiana, ovvia nel suo banale sentimentalismo. Su tutto aleggia uno squallore da bric-à-brac e tutti gli interpreti recitano imperdonabilmente male. I due protagonisti: l’onorevole e il portaborse sono due personaggi assolutamente inverosimili. Nanni Moretti, il primo, ha l’aria patetica parrocchial-lacrimosa; non riesce a rendere per nulla l’idea di un aggressivo e cinico politicante. Silvio Orlando, nel ruolo melenso del professorino, non riesce meglio. Non c’è credibilità psicologica o realistica in quell’approssimativo insegnante di lettere che mal conosce la sua materia e che d’improvviso si trasforma in uno scriba dei potenti, figura che neppure oggi coincide con quella del portaborse. La fidanzatina, impersonata da Angela Finocchiaro, e il giornalista fallito che ha i tratti di Giulio Brogi, paiono assolutamente pleonastici. Il primo tempo è tutto un andirivieni di ovvii, se pur veri, misfatti politici, raccontati a spezzoni brevi, di taglio televisivo e di tono moralistico. Nella seconda parte forse il ritmo narrativo si fa più disteso e me no caotico; vengono fuori i drammi dei singoli personaggi, su cui viene versato fin troppo miele.
Noi siamo molto stupiti che un filmetto di «costume» così insignificante e simile a mille altri abbia destato così tanto interesse: su di esso si sprecano fiumi di inchiostro e dibattono voci autorevoli. Il quesito sconvolgente è: «Il personaggio protagonista è o non è Bettino Craxi?» Per fortuna la nostra satira di costume non si riduce a questo: basti pensare all’arguzia icastica del primo Dario Fo di tanti anni fa. Allora forse ci si commuoveva, si ironizzava, si vedeva qualcuno capace di mettere il dito nella piaga dei nostri costumi con grande e spietata arte. La politica da allora non è cambiata: gli artisti e gli attori, veri e meno veri, parlano sempre, ma l’astuzia della ragione deve continuare ad ordire le sue trame. Noi, da vecchi illusi, speriamo che qualcosa domani cambierà e la denuncia non sarà più patrimonio di filmacci di regime, veri fiori all’occhiello di tanta pseudo-democrazia.