71 – Aprile ‘91

aprile , 1991

Il Caffé degli Specchi, all’inizio dell’omonima via, è stato da noi visitato più volte. Il posto risulta abbastanza gradevole, sebbene un po’ angusto; sotto le basse volte si fatica a respirare, soprattutto a causa delle orme di giovani «yuppies» che fumano imperterriti, parlando di affari e di viaggi, senza prestare attenzione a quello che stanno mangiando. Il locale sembra avere due anime; infatti se ci si arriva a sera molto tarda, si può avere la sorpresa di uno spuntino, ricco e fantasioso, di piatti gradevoli per lo più non cucinati affatto o appena assemblati, accoppiati a discreti vini; se però si premedita una cena e si prenota per tempo si va incontro a grossi rischi. Lo chef sembra assolutamente incapace di cucinare davvero: i suoi risotti sono slavati e puerili, i tonnarelli sono inaccettabili strozza-avventori, papposi e mal conditi, la zuppa di frutti di mare acquosa e piena di sabbia, i ravioli di pesce mascherano la loro insignificanza dietro una punta di piccante fuori luogo. I secondi piatti sono anche peggio: un fritto vegetale unto all’inverosimile, e quello di mare sembra essere il frutto di un ripensamento che ha spinto in padella un pesce pre-bollito dopo averlo malamente rivestito di una pastella della settimana precedente. Persino le mousse risultano spugnose senza leggerezza e con poco sapore, siano al cioccolato o allo zabaglione o al caffè. Abbiamo detto che la scelta dei vini è discreta, anche se spesso non sono serviti alla giusta temperatura (ricordiamo un Grattamacco quasi tiepido).
Le due anime del locale hanno in comune una sola cosa: il prezzo decisamente molto elevato.

In via S. Maria del Pianto, alle soglie dell’antico Ghetto si trova l’Enoteca Bleve. Noi apprezziamo molto l’ampia scelta di vini, italiani e francesi, ma non solo, offerti con garbo e competenza da Anacleto. Ragion per cui ci siamo sentiti spingere dalla speranza, oltre che dalla curiosità, quando in alcune salette dell’esercizio è stato avviato un servizio di ristorazione rapida: i tavoli reggono bene l’affollamento abituale, sono apparecchiati con una certa cura, tutto sembrerebbe rappresentare un’alternativa «umana» agli imperversanti e laidi fast-food. Però le buone intenzioni, risultano, all’atto pratico, totalmente smentite: il cibo pronto o precotto è quello delle peggiori tavole calde; noi pensiamo che l’errore sia di aver voluto strafare: troppi piatti e poco diversificati. Le paste e i risi sono inqualificabili, tutti scottissimi e senza sapore. Le preparazioni fredde sono orribili, come gli involtini al prosciutto di Praga, ripieni di un pastrocchio amalgamato con scialba maionese, le patate al salmone per metà crude e metà bruciate, mischiate a sbriciolature di pesce di qualità discutibile, le tremende fettine di manzo alla salsa verde, insipida ed oleosa; appena accettabile l’assortimento di pesci affumicati: spada, salmone, etc. sommersi da un prato di erba verde. Anche i due formaggi sono rinsecchiti ed artefatti come quello «della fossa» e quello al tartufo. La generosa buona volontà dei gestori viene alla luce con la bella offerta di delizie al cioccolato, di faraonica generosità; di gran lunga migliori dei dolci della casa, torta di visciole o crema al limone. Stupefacente è poi che un così esperto enologo non si avveda dei gravissimi errori di successione dei vini; non si può infatti sul menu proporre un vino bianco dell’1988 e poi un rosso del 1989, peraltro tutti e due insignificanti. Il costo a noi ‘è parso sorprendentemente contenuto.
Ci dispiace aver dovuto registrare, per onestà le molte pecche di uri’iniziativa in cui per primi avremmo voluto credere.