Psicoanalisi contro n. 69 – Non sono un traditore

gennaio , 1991

Nella notte tra il quattro e il cinque dicembre 1791, moriva a Vienna W.A. Mozart. L’Austria e il mondo hanno già iniziato le celebrazioni del duecentesimo anniversario. Anniversario di che? Di uno dei lutti più tremendi che abbia colpito l’umanità. Per me questo è un anno di mestizia. Allora si interruppe un canto. Svanì tra le stelle in una notte di inverno colui che aveva raccolto direttamente dalle mani di Dio la Musica. Perché festeggiare una ricorrenza in occasione della quale si dovrebbe solo piangere? Nella Sua casa natale a Salisburgo vendono un bello e ingenuo calendario celebrativo di questo anno mozartiano. Duecento anni sono decisamente troppo tempo per qualunque vita d’uomo; ma ugualmente non capisco perché si voglia far festa.
Nonostante queste considerazioni, anch’io con quelli che mi stanno intormo, abbiamo deciso di partecipare a questa «commemorazione»; tutti i numeri del 1991 di questa rivista saranno dedicati a Mozart.
Non so precisamente cosa questo voglia dire, ma è un gesto che riveste per me un grande significato. Anche mi domando: perché pensare a Lui soltanto per un anno? Non so quando mi sono accorto di questo amore. Ero molto piccolo e non avevo ancora iniziato a studiare il pianoforte. Credo di ricordare, ma è quasi certamente un «falso ricordo», che fu in campagna. Su di un muro si proiettava l’ombra di una vite: merletti scuri su di una parete a calce color verde pallido. Credo di aver detto quel giorno: Ti amerò per sempre.
Ero davvero piccolo, magro e già portavo gli occhiali. Forse invece non è vero niente: non sarei stato neppure capace di formulare una frase come quella, così definitiva, così da canzonetta, parodia di qualche verso di un’ingenua poesia romantica. Poi ci fu direttamente la musica. II pianoforte, i tasti sotto le dita da cui scaturivano le note. lo ho suonato sempre male la musica di Mozart. Quando ci provo sento le dita insicure, incapaci di trasmettere agli altri quello che io sento. Forse è una musica che nessuno riesce a suonare in modo adeguato. Comunque ho l’impressione di suonarla peggio di tutti gli altri.

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Spesso qualcuno mi do manda, oziosamente, nel corso di una conversazione, quale sia a mio avviso il più grande musicista della storia. Io rispondo: Johann Sebastian Bach. Per lo più i miei interlocutori sgranano allora gli occhi e rimangono interdetti; si aspettavano che io rispondessi: Mozart. Se mi chiedono perché non ho fatto il nome di Mozart, io replico sempre allo stesso modo: Mozart non è stato il più grande musicista.
È stato il più grande artista che il mondo abbia avuto, in assoluto. Non solo è superiore a qualunque compositore, ma anche è al di sopra di tutti i pittori, poeti, scultori, architetti apparsi su questa terra. Mozart è stato il più grande uomo che sia mai esistito, secondo soltanto a Gesù di Nazareth. Mi guardano come se fossi pazzo. I più benevoli sorridono con tenerezza; gli altri si irrigidiscono irritati. Io riesco a rimanere tranquillo e sereno, perché detto ciò che realmente penso; ciò in cui credo ed ho sempre creduto, in cui crederò sempre. Gli donato tutto me stesso: cuore e mente, gli ho giurato amore; ed io non sono un traditore. Posso essere vigliacco, ipocrita, ambiguo e disonesto; ma non sono un traditore. O meglio: tradisco di rado e comunque non tradirò mai Mozart. Di questo sono certo. Questa è una sicurezza non solo umana; viene di più lontano: dalle stelle. Alle quali in una notte fredda di dicembre Egli è tornato.

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Ovviamente ho riempito la mia casa di partiture, dischi, nastri di musiche mozartiane, in più edizioni; di biografie e trattati, non solo in italiano; di ritratti e cimeli che spesso accarezzo dolcemente. Alcuni sapranno che io sono anche uno psicoanalista. Uno che si arroga il diritto di affrontare il disagio psichico delle persone. Sono anche un insegnante, supervisore e didatta. Costoro si domanderanno come una persona così squinternata, esaltata, possa sentirsi legittimato a curare ed insegnare. Io mi sono preparato alla mia professione di terapeuta con scrupolosa onestà. So di commettere ancora errori; ma so anche di conseguire eccellenti risultati coi miei pazienti. Cosa importa dunque che io sia un tipo bizzarro, dal momento che riesco a gestire con successo la mia vita professionale?
Voglio avere il diritto di affermare che un giorno mi sono innamorato di una persona che era la musica e l’arte insieme; attraverso Mozart io continuo ad amare la musica e l’arte. Se non lo avessi incontrato forse sarei rimasto ottusamente chiuso alla bellezza e all’amore. Quando tento di suonare la sua musica, quando l’ascolto, provo sensazioni così intense, profonde e sconvolgenti che spesso ne resto quasi annichilito. Vorrei che la vita non finisse più per poter ascoltare infinitamente. Spero comunque che potrò riascoltarlo tra le stelle dove Lui è sparito una notte di dicembre.

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Gesù disse: i tuoi peccati ti sono perdonati, poiché hai molto amato.
Io so di aver peccato e di continuare a peccare anche troppo; so anche però di aver amato e di amare molto. Amo Mozart e la sua musica. Attraverso di Lui amo l’amore. L’amore per me non è qualcosa di astratto; l’amore sono gli altri, quelli che mi circondano. Purtroppo nella mia anima c’è anche troppo odio. Sono ipocrita ed odio gli ipocriti. Sono vigliacco ed odio i vigliacchi. Sono bugiardo e detesto i bugiardi. Ugualmente spero che sarò perdonato poiché ho molto amato. lo non sono un traditore.

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Nella mia lunga, lunghissima vita, ho letto molti libri su Mozart, belli e brutti, anche sciocchi e pieni di errori; alcuni sinceramente entusiasmanti. Tutti gli autori fanno però ciò che un buono studioso, critico e filologo deve fare: dividono la vita in periodi, mettono le opere mozartiane in prospettiva; tentano di capire l’importanza del padre Leopold, riordinano il catalogo, correggendo la numerazione di Kechel.
Analizzano il suo motto: do-re-fa-mì riferendolo ad un inciso gregoriano; valutano le trascrizioni e rielaborazioni da lui fatte delle musiche di altri, come Haendel. Ciascuno trova più significative e pregnanti alcune pagine di altre più convenzionali; gli si attribuisce magari uno stile «galante». Cose tutte vere, forse, ma che a me non dicono molto. Io leggo, studio, medito, noto, appunto ma alla fine mi resta solo una gran confusione. Penso che se mi proponessi di fare l’esegesi delle sue composizioni, vorrei liberarmi di tutto il materiale che queste letture mi hanno appiccicato addosso per considerarle invece come un unico gesto, un unico canto che comincia e poi svanisce tra le stelle di una notte di dicembre. Interrotto troppo presto; ma forse non era possibile dire più di così. Oltre è andato soltanto l’Uomo di Nazareth.

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Quando ascolto la musica dei miei colleghi dell’altra mia professione, di compositore, dai minori ai maggiori: Baçh, Beethoven, il mio adorato Schubert, Strawinski, Casella e così via, sono preso da una grande invidia per le tantissime pagine di così intatta bellezza, capace di rapire e incantare. Penso per esempio alla grande fuga per quartetto d’archi di Beethoven che continua ad affascinarmi dopo anni di ascolto, capace ogni volta di dirmi qualcosa di nuovo; oppure penso all’olimpica semplicità dei madrigali di Monteverdi, alle cupe ombre della musica di Schobert, poco noto, ma che mi piace tantissimo, alla tenerezza grandissima di Chopin, alla sapienza compositiva di Reger, alla profondità di Hindemith, alla disarmante perfezione di Dallapiccola, ad altri ed altri ancora. Musicisti che destano in me una furibonda invidia, talvolta addirittura iconoclastica, lo ammetto: vorrei distruggere alcune di quelle opere, perché mi umiliano. Mi sento un rancido invidioso capace al confronto solo di sciocchi balbettamenti e ciò vale per i contemporanei come per gli autori del passato. Non riesco davvero a mettere in prospettiva quello che per me è un discorso musicale continuo e sempre attuale. Non ho voglia di nascondere questi miei sentimenti dietro a qualche forma di pudore, come facevano le damine di un tempo che nascondevano dietro il ventaglio le loro impudenze profumate di cipria e veleno. Una volta tanto non voglio nascondermi neppure dietro cifre psicoanalitiche: parlo come un uomo qualunque, rifiutando deliberatamente ogni camuffamento. Provo questa invidia, questo rancoroso livore.

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Invece non riesco ad invidiare Mozart: è talmente più grande, più bella, possente e divina, la sua musica, al confronto della quale la mia non è che uno straccetto. Chi legge queste righe, si considera buon intenditore di psicoanalisi ed ecco che facilmente ammicca: Eccolo costui che si abbassa per esaltarsi. Invece io mi ribello a questo sospetto. Così facendo so di peggiorare la mia posizione agli occhi dei miei psicoanalitici lettori: «la ribellione è una negazione; realmente la sua considerazione di sé è smisurata». Imperterrito continuo a negare. Voglio forse insinuare che, la psicoanalisi sia soltanto un’illusione? Non posso pensare una cosa simile; se no non potrei continuare a fare il mestiere dello psicoanalista. Semplicemente voglio affermare che in qualche caso è bene ammettere che anche la scienza ha limiti che non può superare: io non invidio Mozart, perché lo amo. Non credo si possa invidiare chi si ama davvero. Non serve parlare di pulsioni o rimozioni, di contorte vie dell’inconscio: sono argomenti ineccepibili; ma non sono sufficienti. Si può trionfare su tanta scoperta ingenuità. So che vorrei scrivere la musica più bella che sia mai stata scritta… Da qualunque altro… Io mi arrabatto quando compongo… Ogni altro si arrabatta al confronto con quella musica.

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Mi accorgo di essermi scoperto, come si diceva un tempo: mi sono sputtanato; ma una volta tanto bisogna avere il coraggio di parlare di amore. Io sono innamorato e non sono un traditore. Dopo tutto quanto ho detto, chi legge facilmente mi biasimerà, ci vuol poco a capire quanto sia grande anche il mio desiderio di tradire, oltre che la consapevolezza di aver già largamente tradito. La mia pretesa umiltà davanti all’arte mozartiana è pura presunzione di un compositore piccolo e meschino, insoddisfatto del proprio lavoro. Questa «comprensione» mi fa teneramente sorridere e non mi toglie nemmeno un poco della soddisfazione di essermi alleggerito, liberandomi dai panni dello psicoanalista. Non darò la soddisfazione ai miei lettori di concludere battendomi il petto e lacerandomi le vesti, dicendo: È vero, sono un traditore. Non ho mai saputo amare, non voglio amare.
Invece resto tutto sommato sufficientemente tranquillo, seppure leggermente a disagio per tanta mancanza di pudore. So di non poter mentire tanto quando parlo di Mozart, la voglia di essere sincero è troppo forte, anche se è una sincerità scandalosa, che va oltre ogni possibile e legittimo capovolgimento. Non voglio essere adesso uno psicoanalista e se non è possibile farne a meno voglio essere uno psicoanalista che si rifiuta di essere solo un robot imbecille che ha «introiettato» (mi pare si dica così) alcune verità di carta come quelle scritte sugli involucri di alcuni cioccolatini, tanto assennate, quanto inerti ed estranee ad ogni contesto reale. Sono frasi bellissime o terribili firmate da grandi nomi, come Goethe o Platone. Anche le frasi che ho appena detto potrebbero forse stare avvolte intorno ai gianduiotti, delizie di cioccolato della mia terra nordica e brumosa.

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Il mio amore è stato battezzato con i nomi di Giovanni Crisostomo Wolfango, Teofilo, si firmava semplicemente Amadé. Io non solo amo la sua musica ma pure sono certo che è l’opera d’arte più perfetta che l’umanità abbia conosciuto. Dio esiste perché è esistito Mozart. Vale la pena vivere solo per ascoltare quella musica, che io amo, come amo carnalmente il suo autore. Sono geloso anche di tutti quelli che lo amano, che pure sento come amici. Forse un giorno ci ritroveremo tutti tra le stelle… O chissà dove. Ma a dispetto di tutti coloro che avranno scoperto cose molto vere psicoanaliticamente io Gli voglio dire ancora una volta: Ti amo e non ti tradirò mai. Io non sono un traditore.