68 – Dicembre ‘90

dicembre , 1990

E’ appena diventato disegno di legge il progetto di «riforma della 180» che già più o meno disinformati cronisti si affrettano a megafonare le voci di scontento e quelle d di entusiasmo. Che una legge di per sé non possa avere i requisiti minimi per risolvere un problema come quello psichiatrico è auto-evidente. Se così non fosse la legge del 1978 avrebbe risolto i problemi della legislazione del 1904, e comunque quella avrebbe rappresentato un miglioramento indiscusso rispetto, per esempio, a quella francese del 1838. Che le leggi destinate a regolare l’istituzione psichiatrica possano esprimere di volta in volta l’adesione ad una teoria piuttosto che a un ‘altra non è neppure, in ultima analisi, un parametro su cui basarne l’efficienza. Pur convinti come siamo dell’inettitudine scientifica, oltre che storica, dell’antipsichiatria, siamo certi che una determinata volontà politica di realizzare quell’utopia avrebbe portato senz’altro ad un miglioramento della situazione a la recupero sociale del folle. Il guaio è che la volontà politica manca quando si tratta di attuare progetti minimi e pragmatici, figuriamoci se l’obiettivo è una Utopia, falsamente illuminata, per di più! Così: quale serio «Progetto di tutela della salute mentale» può essere proposto alle attuali strutture sanitarie? Se è vero che solo 11 UUSSLL su 696 hanno fino ad oggi impiantato la struttura completa di assistenza prevista nel 1978, cosa si suppone possa essere realizzato del nuovo progetto nei prossimi 12 anni? E quanto verrà omesso del pre-esistente, grazie al nuovo alibi?

Tutto questo senza tener conto dei patteggiamenti che modificheranno l’attuale disegno prima dell’approvazione definitiva (chissà quando) da parte di Camera e Senato. Non ci è mai piaciuta la legge 180, non solo perché nessuno ha mai cercato di metterla in pratica, ma perché aveva in sé la condanna all’inattuabilità. Non ci sorride l’idea che un tentativo di riforma venga preso in considerazione solo perché contiene alcune ipotesi restrittive e di contenimento, tese a salvaguardare la tranquillità di famiglie e nuclei sociali, oggi distrutti dall’impotenza e dall’inefficienza. Pensiamo comunque che ogni legge, per quanto perfettibile in eterno, debba almeno tenere conto della realtà in cui si propone. Ci accorgiamo però che la realtà italiana non è pronta per alcuna seria alternativa al Manicomio, perché ancora oggi l’isolamento del ghetto è la sola risposta che viene da tutti: dai politici come dall’opinione pubblica: per il matto, per il sieropositivo e per ogni «straniero» che si trovi nel cortile.