69 – Gennaio ‘91

gennaio , 1991

Tanto di cappello a coloro i quali hanno costruito il trailer televisivo di presentazione dell’ultimo film di Chatiliez, l’autore del discreto successo di La vita non è un fiume tranquillo: aggressivo, scattante e soprattutto intrigante, che ci ha convinto ad andare al cinema per vedere tanta opera. Però … I personaggi pestiferi, infernali e insopportabili sono tipiche figure presenti negli spettacoli di tutti i tempi: possono essere «burberi benefici» o rompiscatole assoluti che talvolta in effetti’ sanno far ridere e destano anche un po’ di simpatia. Tutti ci sentiamo sempre un po’ dalla loro parte, perché spesso dicono la verità in faccia al mondo con bella spudoratezza, senza lasciarsi sopraffare. Inoltre poi servono ad alimentare le nostre fantasie; dovrebbero essere vecchi decrepiti e imbelli ed invece riescono ad opprimere e a tiranneggiare persone molto più giovani di loro, il che ci permette di sperare in qualcosa di- simile per la nostra vecchiaia. Nessuno desidera diventare vittima; tutti vorremmo continuare ad essere tiranni. Il film di Etienne Chatiliez Zia Angelina, racconta la storia di una vecchietta di quelle che dovrebbero iscriversi all’università della terza età, la quale però invece di ascoltare insegnanti della sesta età che sproloquiano su scavi archeologici e semeiotica, scarica le sue ultime potenzialità infestando e devastando l’ambiente circostante. Il regista francese non ha purtroppo grandi capacità descrittive: la vecchiaccia non risulta sufficientemente cattiva, né spiritosa, non è arguta, non conosce l’autoironia; è soltanto una donnetta un po’ cattiva e molto petulante. Qualcuno potrebbe scambiare questa scelta per realismo: proprio così sono la maggioranza dei vecchi, inutili e noiosi. Noi invece non lo crediamo: i vecchierelli non sono più cattivi né più buoni degli altri, talvolta semplicemente sono più lagnosi, però quando riescono a spezzare il narcisismo in cui sono quasi sempre rinchiusi hanno tenerissimi squarci di poesia e tratti di acume folgorante. Questo film non risulta essere né in difesa né contro i vecchi; è solo un film cretino; fatto di battute stantie, prive di umorismo, prevedibilissimo e senza ritmo.
Zia Angelina vive la sua perfida senilità in una cittadina della provincia francese perseguitando il piccolo mondo circostante e soprattutto la vecchia serva Odile. Alla morte di costei, si trasferisce armi e bagagli a Parigi in casa dei nipoti che la ospitano, dopo essersi spartiti il malloppo ricavato dalla vendita della vecchia casa. Qui la «zietta», priva di pudori, esercita la sua cattiveria su di una famiglia di sprovveduti ignobili non meno di lei. Quando arriva l’estate la famiglia esasperata decide di partire al gran completo per un villaggio di vacanze, di quelli in cui si fa ballare agli «iloti» il sirtaki, affidando la vecchia alle cure di una governante giovane e grintosa. Finalmente la zia trova pane per i suoi denti, ma fallito un tentativo di corrompere la ragazza portandola dalla sua parte, viene ancora una volta abbandonata. La sua reazione è una simulazione bella e buo.na di abbandono di incapace, che culmina con un incendio sul quale si avventano i mass-media felici di dare in pasto all’opinione pubblica una storia lacrimosa di abbandono e di crudeltà generazionale. Il risvolto imprevisto è una riappacificazione con fuga finale tra la giovane governante e la vecchiaccia che vanno a spassarsela alla faccia di tutto il mondo per bene.
Il difetto principale del trattamento cinematografico di una storia del genere è il suo respiro «televisivo», per più di novanta minuti si susseguono infatti scenette da situation comedy che non riescono però a prendere un respiro narrativo adeguato al grande schermo e che ingenerano noia proprio per la loro ripetitività. Gli attori ci sono sembrati eccellenti tutti dalla vecchia Tsilla Chelton ai comprimari Catherine Jacob, Isabelle Nanty ed Eric Prat, perfetti nel riprodurrre la sordida normalità di una società piccolo-borghese. La fotografia di Philippe Welt dà un efficace contributo alla creazione di giuste atmosfere, con ironiche sottolineature. Le musiche di Gabriel Varled potrebbero anche non esserci: né tolgono né aggiungono alcunché.