67 – Novembre ‘90

novembre , 1990

Sembra strano che a pochi passi dal traffico che infernale fluisce e si ingorga, tra il Circo Massimo e Porta S. Paolo, appena lasciata piazza Albania si possa già godere della pace dell’Aventino, con le sue strade alberate e le vie dal nome arcadico, come la via dell’Arco di Diana, al cui inizio si trova quel curioso e lì per lì paradossale ristorante Apuleius. Appena varcata la soglia lo spreco di . veri e falsi ruderi, il finto stile pompeiano e il premurosissimo affaccendarsi dei camerieri fanno temere fortemente. Invece il nostro giudizio su di un’esperienza così singolare è quanto mai positivo. Se infatti si ha l’accortezza di stare lontano da quelle proposte del menù che, esplicitamente, si raccomandano al turista becero in vena di esotismi, si può gustare una cucina sapida, basata su materie prime eccellenti, manipolata da un vero professionista che sa tenere anche conto della voracità dei suoi clienti, preparando piatti abbondanti e talvolta giganteschi.
Si può, come abbiamo fatto noi, iniziare con quattro saporiti antipasti marinari: mazzancolle con rughetta, insalata di mare, polipetti affogati e sauté misto, accompagnati da una fetta di pane caldo, condito con olio, ma senza aglio «per delicatezza» verso i commensali e anche verso il palato; sebbene molti dei prodotti siano congelati, riescono nell’insieme a conservare fragranza e sono solo peccati veniali l’insalata troppo fredda e i polipetti dalla salsa piccante serviti prima del più delicato sauté. Il punto di forza dello chef risultano però i primi piatti di pasta: tutti abbondantissimi, ma sempre cotti al punto giusto con sughi perfettamente tirati; noi abbiamo assaggiato spaghetti alla sorrentina, tonnarelli mare e monti, bavette all’aragosta con piena soddisfazione. Per gioco, e a ragion veduta, ci siamo anche fatti portare la delizia di Madame Léonard: una doppietta di tortellini al salmone e spaghetti al caviale, raccapriccianti! Onestà e professionalità rivelano anche i secondi piatti di carne, a parte qualche indecisione sul sale; abbiamo apprezzato i tournedos alla Rossini generosi di buon paté; un filetto Strogonoff in cui la dose dovuta di panna era contenutissima, come è giusto che sia; uno spesso e morbido filetto al cognac e una ineccepibile lombata alla Sassi con croccanti patate sautées.
Generosissimi anche i dessert: la coppa Anastasi è una montagna di gelato sommersa di ottima cioccolata fusa e panna fresca; il tiramisù è dignitoso; purtroppo nell’Irish coffee sfigurava una obbrobriosa aggiunta di panna montata.
I vini della lista non sono molti e neppure dimostrano eccesiva fantasia; però vi si trovano alcune buone classiche proposte; ci sono stati serviti in modo ineccepibile e nei bicchieri giusti un Pinot grigio di Livio Felluga dell’89, profumato e armonico, e un Taurasi di Mastroberardino dell’85 ottimo, dal sentore di mandorla e vaniglia e nobilitato da un percepibile goudron.
Tutto questo evidentemente non può essere offerto a basso costo; però pensiamo che il conto dovrebbe essere un po’ più tenuto sotto controllo.