64 – Giugno ‘90

giugno , 1990

Nell’antico borgo medievale di Sacrofano, a meno di trenta chilometri da Roma, in direzione Nord, tra la Flaminia e la Cassia, sono raccolti e sopravvivono piccoli gioielli d’arte, frammenti di misteriose statue etrusche, steli romane, il meraviglioso soffitto cinquecentesco a lacunari della parrocchiale dedicata a S. Biagio e viuzze, piazzette, case con bei portali e mura segnate dal tempo. In alcuni ambienti molto suggestivi, in parte scavati nel tufo, sono sistemati i tavoli de Il Grottino, affacciato sulla attuale piazza principale.
I due Farfalloni lo scoprirono una ventina di anni fa alle loro prime uscite «fuori porta».
Ci capitammo per caso, all’ora di pranzo e trovammo riparo al sole di una primavera calda tra quei muri che sapevano di antico; il luogo era silenzioso e fresco, non c’era quasi nessuno (eravamo fuori dai giorni affollati del fine settimana). Il patriarca allora regnante, Tonino, conosceva e ancora conosce, alcuni piatti dissueti, ma rusticamente sapidi della cucina sacrofanense; i suoi due allor giovani figlioli, timidi e gentili, lo aiutavano e seguivano nella preparazione di quelle rustiche delizie.
Oggi i Farfalloni abitano lì vicino e quindi sono divenuti frequentatori quasi abituali del ristorante.
Tonino purtroppo si è stancato, ma i figli hanno avuto il buon gusto di non interrompere l’antica tradizione. Certo, quando c’era il vecchio capitano poteva accadere sovente di scoprire vere perle gastronomiche, ma anche oggi ne restano nel menù tracce consistenti.
Nella stagione di questa tarda primavera può accadere di gustare una stupenda zuppa di papaveri e fagioli, vellutata e armoniosa, o di trovare ancora una rustica polenta, servita sul piatto di legno e condita da un profumato ragù, accanto ai più consueti, ma non meno gustosi, tonnarelli ai funghi, profumati e senza panna, primi piatti sempre preceduti da una sfilata di bruschette, variamente condite, saporiti affettati e olive.
Dei piatti collaudati del trascorso inverno non si può dimenticare facilmente il cinghiale preparato in tanti modi; più al passo con la stagione sono invece le preparazioni a base di lumache piccantine e dolci; per i tradizionalisti c’è l’immancabile grigliata mista, o gli spiedini al giusto punto di cottura, quando le carni conservano i loro umori.
In ogni stagione le verdure appropriate, cotte, fanno da contorno o, crude, compongono allegre insalate. Con il tipico ciambellone di queste parti viene servito un vino rosso da dessert, dolce e frizzante, dal buon profumo di marasca; ed è una vera consolazione perché, in mezzo a tante delizie, ancora non riusciamo a capacitarci che si debbano bere un bianco e un rosso della casa, decisamente aspri e disarmonici, frutto di una pessima e dilettantesca tecnica di vinificazione. Noi l’abbiamo fatto notare, ma pare che ai romani piaccia così!
Il prezzo, pur senza essere bassissimo, è più che onesto per una località che può contare su di un intenso turismo locale, affrettato e un po’ snob.