64 – Giugno ‘90

giugno , 1990

Accompagnate dal suono di quei soliti aggeggi infernali che, grazie alle risorse di una sola tastiera sono in grado di produrre il suono di tutta un’orchestra dall’organico complesso come quella dei Wiener Philarmoniker, le melodie di Mammostro riescono garbate e di buon gusto, di una certa efficacia; gli autori sono, per la maggior arte dei brani, Paolo Gatti e Alfonso Zenga, dei quali ci è parsa particolarmente azzeccata la canzone del sottofinale, che avremmo addirittura voluto fosse anche la sigla di chiusura dello spettacolo. Accanto a queste buone prove musicali figurano anche’ due brani composti da Sergio De Vito e Marco Testoni: la «quasi aria» della Regina Vittoria, ricca di semplici vocalizzi, e il «terzetto», di buona fattura, che include un astuto benché semplice concertato.
I tre attori cantanti si sono prodigati per rendere al meglio dal punto di vista teatrale le parti loro assegnate.
Lo spettacolo che la locandina definisce «pocket musical», è stato scritto da Pino Pavia.
È un apologo spiritoso e garbato, ennesima variazione sull’eterno tema della bella e la bestia.
In questo caso la bella è una ragazzina inglese graziosa e petulante, accanita lettrice di feuilleton che per sfuggire alla noia della famiglia borghese si perde in un dedalo di viuzze deserte al far della sera, cadendo preda di un inquietante mostro che vive nelle fogne che stanno sotto il londinese Covent Garden.
La piccina è tutt’altro che indifesa e il mostro dapprima si trova a mal partito; ma finisce masochisticamente coll’innamorarsene.
Quest’amore non piace però alla mamma del mostro, la quale è niente meno che la Regina Vittoria, gelosa custode del figlio e del suo segreto.
La lotta tra l’amore per la mamma e quello per la fanciulla dura, nel cuore del mostro, solo lo spazio di un sogno e i due starebbero per correre uniti verso il futuro radioso, quando i crudeli abitanti del mondo che sta sopra la fogna uccidono, per errore, la fanciulla.
Daniela Tosco ha interpretato l’acerba terribile fanciullina con ottimi risultati; la sua voce sapeva modulare dai toni acerbi dell’incipiente zitella fino a quelli dolci e accorati di una ragazzina riscaldata dall’amore.
Tutta la sua recitazione è stata un giusto dosaggio di toni bruschi e accattivanti.
Tito Vittori, nel difficile ruolo del «Mostro», è riuscito a costruire un personaggio che travalica la sua «maschera» e si arricchisce di toni e sentimenti che convincono.
Molto brava Mariateresa Gasperi che dà alla sua Regina Vittoria grinta regale e perfidia mammesca.
Il regista Roberto Marafante ha ben orchestrato (è il caso di dirlo) tutto quanto, aiutato dalle divertenti scene di Alessandro Chiti, gremite di bambolotti e topi, del quale erano anche i costumi.
Hanno contribuito all’insieme le luci da discoteca di Roberto De Rubis e i movimenti coreografici di Francesca Micheletti.