61 – Marzo ‘90

marzo , 1990

Frasi come «la mafia ha vinto» o «la sconfitta delle istituzioni» o anche «il colpo inferto al cuore dello Stato» vorrebbero richiamare l’attenzione sulla lotta in corso tra lo Stato e forze che gli si oppongono con propositi delittuosi. Cosicché si sentono risonare appelli perché la coscienza civica si desti dal letargo e accorra a difendere le istituzioni che teoricamente dovrebbero rappresentare il Paese dei cittadini. Ma quest’appello cade generalmente nel vuoto. Le ragioni di questa mancata risposta sono molte, ma, sopra le altre, due sembrano dominanti: il cittadino non si riconosce nello Stato e inoltre sempre più i fatti gli dimostrano che lo Stato coincide con lo schieramento dei propri ne’mici, se non nei principi, negli uomini preposti a reggere concretamente gli uffici istituzionali che esprimono lo Stato medesimo.

Per troppo tempo si è tirato in ballo l’argomento del qualunquismo per squalificare l’atteggiamento risentito dei cittadini che vedono nello Stato soprattutto l’Esattore e il Poliziotto che esige e controlla rapinando del benessere possibile e invadendo minacciosamente gli spazi della libertà personale.

Non solo queste preoccupazioni sono state confermate dalla trasformazione dello Stato in Palazzo dagli arroganti poteri; ma anche le ha tragicamente accresciute il progressivo venire meno di ogni «garantismo» che ha trasformato lo Stato di diritto in Stato di polizia.

Ne è prova ultima la lotta interna ai più alti livelli della Magistratura; ma ne sono prove innumerevoli e costanti le vicende processuali di ogni genere degli ultimi quarant’anni, che – guarda caso – sono più o meno gli anni della Costituzione italiana, fondamento primo di questo Stato. Ancora di qualunquismo è stato bollato chi ha espresso il proprio sgomento nel rilevare che di Mafia, narcotraffico, «stragismo», sono puntualmente sospettati gli uomini che dello Stato sono i garanti ufficiali. In questo caso a impegnarsi nell’opera di convincimento sono unanimi gli uomini della politica e quelli dell’informazione; i quali si ritrovano puntualmente impegnati nel tacciarsi l’un l’altro di manipolazione e lottizzazione. A questo punto lo scontro è necessariamente globale tra Stato e cittadini. Purtroppo a questi ultimi è negata però ogni possibilità di conoscenza dei reali termini della questione, dal momento che il tramite di tale conoscenza è un Informazione dichiaratamente manipolata, comprata e venduta. Forse anche per questo gli italiani hanno abboccato all’amo della questione razziale proposto ad arte dai «media» e con l’alibi delle perturbazioni economico-sociali angariano col loro razzismo intimamente sentito quelli che riconoscono per certo avere tratti somatici diversi dai loro. In tanta confusione di valori, dà una certa bieca soddisfazione sentirsi ancora in grado di distinguere il bianco dal nero!