61 – Marzo ‘90

marzo , 1990

Il romanzo di Luigi Malerba, Il fuoco greco (Mondadori, 1990, pagg. 253, Lit. 27.000), è propagandato con uno slogan pubblicitario, che a noi pare stravagantissimo, per cui sarebbe una «modernissima allego. ria politica». Che oggi ci siano nel Palazzo intrighi non vuol dire che raccontare una storia di intrighi ambientata nella corte dell’antica Bisanzio, significhi automaticamente che essa sia un’allegoria dei brogli e imbrogli tessuti dai nostri grigiastri e panciuti uomini politici e da donne in visone e collana di perle (al mattino).
Il romanzo in questione, se proprio si vuole, può far riflettere sull’antico adagio nihil sub sole novum: ma di allegorico non ha alcunché. È un feuilleton scritto con grande astuzia e che rivela buone capacità di ricerca storica nell’autore; un’opera che sarà gradevole leggere sulla spiaggia in estate, anche se per questo è uscita un po’ troppo presto.
Una perfida vedova e imperatrice, col pretesto di difendere la segretezza della formula del fuoco greco, arma di prodigiosa efficacia, ordisce trame a tutto spiano, uccide amanti e mariti, irretendoli con la sua straordinaria bellezza e poi viene relegata in un monastero dall’ultimo amante da lei portato ai fasti del trono. Il cronista riferisce che anche lì farà impazzire di rabbia, a causa del suo cattivo carattere, le sue sfortunate consorelle. Per tutta la vicenda è un affollarsi di manti purpurei, troni d’oro, diademi scintillanti, eunuchi compiacenti, colonne di porfido e fiumi di sangue.
Proprio come il cacio sui maccheroni vengono anche le descrizioni, bisogna ammettere giustamente sensuali ed eccitanti, delle lussurie della bella imperatrice. Per fortuna che il santo patriarca Polieuto impone all’ultimo imperatore sedotto da Teofane di scegliere tra la corona e gli amplessi della femmina lubrica: ovviamente costui meditando sul fatto che di streghe lussuriose è pieno il mondo, mentre di corone c’è penuria sceglie il trono.
Dobbiamo confessare che abbiamo iniziato la lettura di questo romanzo con un atteggiamento di annoiata sufficienza; ma nell’addentrarci in così tanti intrighi e lussurie siamo rimasti avvinti, anche per merito dell’indubbia capacità narrativa di Malerba, che sa continuamente risvegliare l’attenzione con buon dosaggio di suspense e inquietanti atmosfere. E questa un’opera che ci ha richiamato alla mente un altro rimarchevole scrittore di storie di tal genere: l’americano Gore Vidal, il quale tra gli eunuchi, coiti perversi e arcivescovi sguazzava a bell’agio e con indubbia efficacia letteraria.