60 – Febbraio ‘90

febbraio , 1990

Sarà perché pesa su di essa il fatto che il suo nome è nato dall’unione tra un ‘agenzia di pubblicità e un telefax, ma è chiaro a tutti che questa «pantera» non brilla certo per intelligenza e si appaga molto frivolmente di un esibizionismo folcloristico e scontato. Non è la prima volta che le università, non solo nel nostro Paese, vengono occupate dagli studenti in segno di protesta. Le ragioni della rivolta sono generalmente più che valide, accade però sempre che le occupazioni vengano strumentalizzate; cosa questa che induce perplessità sul grado di maturazione politica e sulla capacità di controllo di chi vorrebbe gestire in proprio una situazione che dice di non poter più tollerare che venga gestita da altri.

Così partiti, apparato accademico e imprenditori si trovano oggi a manovrare nelle retrovie per determinare quella svolta delle agitazioni dalla quale potrà scaturire per ciascuna categoria il maggiore dei vantaggi. Poco vale infatti far notare che privatizzazione o statalizzazione presentino uguali svantaggi per gli studenti quando vengano attuate per fini di settore o di corporazioni. In questo modo le occupazioni e i loro risvolti vengono gonfiati e lasciati dilagare, a scapito di ogni forma di coscienza critica e culturale degli studenti; fino a quando un elemento precipitante crea il caso sufficientemente clamoroso che scredita – ancora una volta bisogna dire quasi sempre a ragione – il movimento studentesco. Sono infatti prove lampanti di inconsapevolezza gli abbandoni del movimento ai vezzi di fatui ex-protagonisti, che col loro chiacchiericcio approfittano dell’occasione per portare nuovamente alla ribalta uno pseudo-intellettualismo disonesto che ha già fatto vivere al mondo anni di piombo. Le ferite di quegli anni ancora sanguinano, quei lutti ancora ci riguardano. La scelta di quella violenza non può essere spiegata, in nessuna sede, in termini per così dire «dialettici», che però diano implicitamente adito all’equivoco tra «spiegazione» e «giustificazione». La violenza va condannata in assoluto e a questo fine non basta l’esorcismo riparatorio di una commemorazione delle vittime più illustri. A maggior ragione va smentita la tesi che quei delitti di allora potessero significare una risposta obbligata alla violenza di Stato; al contrario: va ribadito che di questa furono i prodotti diretti e ingiustificabili, al pari di mafia, logge e narcotraffico.

I ragazzi di oggi e quelli di domani, evitando le vacue seduzioni dell’attualità giornalistica, che rende tutti protagonisti effimeri, debbono battersi perché la scuola, insieme con una collocazione sociale, dia loro gli strumenti critici per leggere la storia passata e presente.

E la sola possibilità che a tutti noi resta e che ci preservi dagli sfruttamenti e dalle strumentalizzazioni del capitale, dei regimi, delle ideologie mortifere e della stupidità; oggi come studenti, domani come uomini e cittadini.