57 – Novembre ‘89

novembre , 1989

Nympheo, scartafaccio per opera video e/o lettura da concerto (1937) 1984, di Sylvano Bussotti, presentato in prima esecuzione assoluta nell’Aula Magna per la stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti, è un «pastiche» confezionato con grande sapienza musicale e teatrale. Noi consideriamo Bussotti uno tra i migliori compositori contemporanei, ma questa volta non ci è piaciuto. Di bello in questo lavoro non c’è proprio nulla: il testo è di un decadentismo snervato e passatista, che sgambetta tra un Baudelaire afono e un D’Annunzio che non ha più niente da dire. Cumuli di parole affastellate, assolutamente prive di buon gusto che vorrebbero parlare dell’universo, saltando da Adamo a Cathy Barberian, ma creano solo un guazzabuglio indecifrabile, farcite inoltre (e ciò è imperdonabile per un toscano) di marchiani errori d’italiano. L’alternanza e la sovrapposizione di parole e di musica sono dosate sì con evidente sapienza teatrale e ritmica e l’opera è racchiusa entro due valzerini, tonalmente sghembi, ma gradevoli e pungenti; tutto il resto risulta invece piuttosto deludente.
La capacità compositiva è innegabile: le voci. nei recitativi e nei contrappunti sono usate in modo magistrale, gli armonici e le piene note gravissime del contrabbasso si dipanano senza sforzo, il pianoforte costruisce accordi astuti, le percussioni, discrete e onnipresenti sono dosate con buoni effetti; il tutto però dà l’impressione del «già udito». Siamo d’accordo che l’opera d’arte assolutamente «originale» non è mai esistita: anche i graffiti delle caverne e le sonate di Beethoven si richiamano comunque a qualcos’altro; ma quando il prodotto artistico dà esclusivamente l’impressione di essere una ripetizione, allora perde la sua ragion d’essere. Uno sforzo di originalità non c’è stato neppure nel lunghissimo, quasi interminabile, brano eseguito al pianoforte dallo stesso Bussotti, che ha solo sovrapposto un pianismo sciatto ad idee musicali ritrite. Eccellenti sono stati tutti gli altri esecutori e lo stesso autore ha svolto egregiamente la funzione di voce recitante. Il tenore Mario Bolognesi e il baritono Gastone Sarti hanno cantato con precisione e intensità. Ottimi Roberto Fabbriciani ai flauti, Augusto Vismara alla viola, Stefano Scodanibbio al contrabbasso, e Maurizio Ben Ornar alle percussioni. Il direttore Orazio Tuccella ci è parso un po’ pleonastico: nessuno pareva curarsi di lui, ma forse si è trattato di una trovata scenica.
Gli applausi ci sono apparsi solo di cortesia.