57 – Novembre ‘89

novembre , 1989

RU 486

Periodicamente ritorna d’attualità il problema dell’aborto e questa volta a causa dell’ipotesi di adozione anche in Italia della «pillola del giorno dopo» o R U 486.

Anti-abortisti da sempre, non siamo particolarmente turbati dall’innovazione in vista; anzi: se servirà a far soffrire di meno qualche donna, ben venga!

Del resto il problema di ridurre al minimo la sofferenza pare se lo fossero posto anche i nazisti, quando valutarono i possibili modi della «soluzione finale». Per cui concordiamo con la signora Rita Levi Montalcini quando dice che, dal momento che «l’aborto è previsto da una legge dello Stato, ben venga tutto quello che può renderlo meno traumatico». Dalla «strage degli innocenti» in poi, è noto, i peggiori crimini contro l’umanità sono stati commessi nel rispetto di qualche legge dello Stato.

Ciò che invece ci turba è quella sorta di grido di liberazione levato da qualche parte per il fatto che, finalmente, l’eliminazione del doloroso passaggio attraverso la sala chirurgica renderebbe, in prospettiva, del tutto superflua ogni mediazione e affiderebbe alla donna e a lei sola la decisione di abortire.

Cosicché la solitudine alla quale la vigliaccheria dei maschi e l’ipocrisia generale avevano fino a ieri costretto la donna che si rivolgeva alla «mammana» diventerebbe libertà , proporzionalmente alla riduzione del rischio che ì nuovi metodi di interruzione di gravidanza comportano.

Se è necessario uccidere, dal momento che il male di una nascita non voluta o di una vita resa invivibile sarebbero mali peggiori, perché allora questa decisione dovrebbe pesare interamente sulla donna? E non serve chiamare la vittima «zigote», «embrione» o «feto» per rendere il delitto meno grave.

Può essere uno solo il responsabile di un concepimento? Può la società ignorare le conseguenze di un eventuale gesto di violenza?

Uomini e donne, individui e gruppo, siamo ugualmente responsabili: e se la conseguenza di un gesto di responsabilità deve essere un omicidio, perché condannare la donna a perpetrarlo ìn solitudine?

Riconosciamo alla donna costretta ad , abortire il diritto di chiamarci correi; poiché è anche per colpa nostra, di laici infingardi e di cattolici in malafede, che quello stupro è avvenuto, quel progetto di vita è inattuabile.
Se questa è intransigenza integralista o misoginia maniacale, allora si dimostri che la donna è oggi libera in ogni momento di gestire la sua vita e la sua sessualità, o che libero è il maschio, nel reciproco rispetto di esseri umani e di cittadini, fin dal concepimento.