57 – Novembre ‘89

novembre , 1989

Quella sera i due Farfalloni erano soletti, senza l’abituale stuolo di amici, si sentivano un po’ tristi perché avevano ascoltato un brutto concerto; la notte ottobrina sembrava insignificante ed insulsa; i due decisero di entrare in un ristorante per tirarsi un po’ su: entrarono perciò a L’Incontro 79 di via dei Serpenti 79: due stanzette azzurre e rosa con qualche specchio ed un aspetto invitante, frequentate da pochi avventori con l’aria degli «habitués». Pieni di speranze ci immergemmo nella lettura del menù; ma appena immersici riemergemmo subito disgustati e delusi: soltanto ed esclusivamente il solito elenco di banalità pseudo-gastronomiche! Allora, presi da uno strano raptus masochistico, invece di andarcene subito come sarebbe stato giusto, decidemmo di scegliere tutti e due gli stessi piatti, per sentirci ancora più soli e derelitti. In fondo, in fondo al cuore, c’era ancora la speranza di assaggiare qualcosa di gradevole, magari proprio perché scontato e prevedibilmente facile da preparare; ma quando sulla tavola arrivarono i due risotti ai fiori di zucca anche l’ultima fiammella d’illusione si spense: in un grande piatto di panna una montagna di riso mal cotto, in cui forse, da qualche parte, ma non era facile accorgersene, era nascosto un fiore di zucca; poi, lo confessiamo, ordinammo il piatto più squallido del mondo: la «cotoletta alla milanese» e ci arrivarono due Oceanie; cioè una specie di carne pressata, forse di pollo (?), che disegnava sul fondo dei nostri piatti i contorni di quel continente, entrambe assolutamente uguali nelle coste e nei rilievi; il sapore, ovviamente non c’era. I contorni dicevano di essere zucchine e melanzane ai ferri; ma una verdura non si distingueva dall’altra e tutte erano accomunate da un dolciastro sapore di castagna. Abbiamo bevuto, dopo il Kir anodino dell’inizio, un Nebbiolo senz’arte né parte. L’unica cosa di tutto rispetto è stato il conto: altissimo, se pur accompagnato da una vodka ghiacciata in «omaggio».

Assolutamente fuori stagione, ci va comunque di parlare del ristorante Da Pierino di Anzio; dove ci capita di andare – non per diporto – ogni tanto. È un ristorante che sembrerebbe da nulla, messo tra il Municipio e il Porto, ma ad un occhio attento non può sfuggire subito, la cura con cui il servizio viene svolto e l’evidente qualità delle materie prime: prima fra tutte il pesce.
E bello abbandonarsi alla festa fin dall’antipasto: una girandola di sapori, tutti armoniosamente combinati: i cuscinetti di alici e mozzarella, le polpettine di pesce, l’insalata di mazzancolle e rucola e anche le umili alici marinate e poi: cozze, telline, seppioline, tutto profumato ancora di mare! Tra i primi piatti è un peccato rinunciare a qualcuno: pennette al nero di seppia addirittura raffinate, tagliolini all’aragosta fatti in casa, saporitissimi e principescamente generosi; anche le semplicissime linguine al coccio risultano di sapore più che alto. Tra i molti modi di preparare il pesce, noi per i secondi piatti, preferiamo la spigola coi capperi, olive e vino e i calamari in guazzetto, esempi edificanti di come si possa condire con sughi ricchi di profumi e gusto, senza umiliare, anzi esaltando la morbida e delicata personalità del pesce.
Se fosse possibile, diremmo che alla cantina si dà cura ancora maggiore: la lista è una miniera di piccole e grandi scoperte di vini italiani e francesi e la regalità del tutto è suggellata da un carrello di grappe capace di far sognare (anche perché è difficile resistere, dopo, a un sonnellino). Il costo, in rapporto al livello, è quasi irrisorio. È un’esperienza comunque che non va fatta in fretta: lasciate passare il tempo che ci vuole prima di rimettervi in viaggio!