Psicoanalisi contro n. 56 – L’identità dello psicoanalista

ottobre , 1989

Fa parte dell’inconscio sociale della nostra cultura il rispetto sacrale, unito all’odio e al disprezzo per la figura del medico: se Esculapio brilla di luce divina la maschera del dottor Balanzone mette però in evidenza l’aspetto svalutante. Sia le persone colte sia le più semplici sono capaci di provare sentimenti pesanti e palesi di disprezzo per i loro medici; i quali spesso, è vero, si presentano come figure tronfie ed imbecilli, ignoranti anche della loro scienza. Molti pazienti si divertono ad abbandonarsi a giochi fantasiosi con la medicina: saltano da quella organicistica a quella omeopatica, dallo pranoterapia all’erboristeria, felici di smentire le presunte certezze di ciascuna; felici però soprattutto di sottrarsi così agli artigli del medico tradizionale. Io credo siano da rispettare tutte le forme di terapia; ritengo che la medicina considerata ufficiale, che si è affermata nella tradizione occidentale, sia stata l’espressione di una grande cultura che però si è fermata proprio alle soglie della verità. Troppo spesso i nostri medici non sanno perché operano; perché e come intervengono; si affidano un po’ troppo acriticamente alle macchine e ai laboratori d’analisi. Questo spiega in parte la ribellione dei molti che cercano in altre pratiche più esoteriche la soddisfazione di un umano bisogno di mistero e di comprensione. Il medico uscito dalle nostre università non solo non è in grado di fare il medico, perché nessuno glielo ha veramente insegnato, ma è già disposto a gestire il potere della medicina in modo ambiguo, misto di tirannia e distratta condiscendenza. Non voglio qui affrontare il problema, che è soprattutto sociale e politico, della terapia medica negli ospedali, ambulatori, unità sanitarie e via dicendo, in cui il marasma è assoluto e l’essere umano viene generalmente vilipeso e disprezzato e ancor più ignorato. Troppo comodo però è accusare di tutto questo stato di cose il medico singolo. La sua negligenza e la sua impreparazione sono anche il risultato di un sistema complessivo nel quale non c’è posto per chi si interessi della salute dei singoli e dei gruppi sociali. Tutto viene giustificato parlando di carenze istituzionali e i ministri stessi accusano i loro ministeri di essere inefficaci; a nessuno importa che questo significhi sofferenza e morte in degenze trascorse in lerce corsie d’ospedale, ‘alla faccia’ di quel tanto sbandierato rispetto per la vita di cui ci si riempie ogni giorno la bocca. Di fatto non si muore soltanto nel terzo mondo di fame e di sete, ma anche in Europa, in Italia e a Roma. Servono a poco contro una tale situazione le proteste di qualche portantino stufo di essere complice o i rosari sgranati dalle suore d’ospedale: il cristiano amore del prossimo si è dissolto e la solidarietà sociale si disperde in slogan senza vera forza.

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È giusto per queste ragioni disprezzare la medicina proposta da questi rabbiosi ed imbelli personaggi usciti dalle nostre università, perché la loro ignoranza li rende capaci solo di affrontare con rabbia un mondo che non sanno né curare né capire. Il personaggio antico di Balanzone ci spiega come questo odio per il medico e il disprezzo per la sua ignoranza siano stati davvero introiettati nel nostro inconscio sociale. Oggi i medici devono prendere atto del fatto di non essere altro che poveri Balanzone, vestiti di rosso e di nero, sproloquianti un latinorum che non capiscono ma che viene usato per non farsi capire dagli altri. Le terapie oggi potrebbero avere un effetto o l’altro senza che questi medici ne comprendano le ragioni. Sono individui inetti soprattutto perché incapaci di amare il genere umano che vorrebbero e dovrebbero curare.

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Io ritengo, quindi, che l’odio e il disprezzo per la classe medica siano quanto mai giustificati: presunzione, ignoranza e faciloneria ne sono le cause. Ritengo però che sia altrettanto giusto ed utile sentire rispetto e fascino per la persona del medico. Egli ricopre un ruolo che dall’antichità è stato considerato sacro. Sacro e misterioso è ancora il ruolo della medicina: la condanna o la speranza vengono infatti oggi all’uomo dai suoi responsi; se una volta era la legge che condannava od assolveva, ora sono i referti e le diagnosi che decidono della vita o della morte: chi ha questo male morirà entro un periodo stabilito, chi non lo ha potrà sperare di continuare a vivere senza conoscere l’incubo di una scadenza certa.

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Dopo l’Ottocento sono sorti anche strani terapeuti che pretendono di conoscere ciò che di più profondo c’è nell’uomo. Costoro rifiutano di prendere in considerazione l’ipotesi di uno spirito e così hanno cercato di renderlo materia concreta analizzando sistemi nervosi, misurando conformazioni craniche, osservando reazioni chimiche, ipotizzando conduzioni elettriche; questo miscuglio di elementi si è però rivelato poco utile. Tanto che lo stesso Freud si arenò quando cercò nel 1896 di spiegare le dinamiche psichiche col funzionamento del sistema nervoso e viceversa e ancora oggi noi siamo fermi a quel tentativo fallito. Tuttora infatti il funzionamento del cervello e del sistema nervoso restano misteriosi, ed è forse destino che tali restino per sempre, poiché se si scoprisse il significato di un neurone avremmo forse scoperto l’origine del mondo e sarebbe inutile favoleggiare di big bang: l’origine starebbe proprio in quel neurone: chi ha però il coraggio di dirselo e di dirlo? In realtà del neurone noi conosciamo ben poco: le nostre sono per lo più fantasie.

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Alcuni decenni or sono qualcuno credette di aver trovato la scienza capace di comprendere e spiegare la parte più intima dell’uomo cioè l’uomo stesso in quanto razionalità ed emozione. Tutto venne riferito al sistema nervoso centrale: di lì iniziò la costruzione e la descrizione di quell’edificio complesso come una grande cattedrale gotica che termina con l’aguzza copertura ogivale della corteccia cerebrale. Ma quanto è vera questa ipotesi di uomo?

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Io mi sono sempre rifiutato di distinguere la realtà somatica da quella psichica: la psicosomatica è un’invenzione che ha un significato solo metodologico in quanto permette l’orientamento in quel marasma che è l’essere umano. Cosa sia psichico e cosa invece sia somatico è praticamente impossibile da determinare; un’ulcerazione di un tessuto o un attacco di panico sono somatici o sono psichici? Quando capiremo che, forse, non sono né l’una cosa né l’altra, ma sono la risposta della persona alla situazione, avremo assunto un atteggiamento più corretto; però anche adesso possiamo affermare, senza che nessuno si turbi, che l’uomo reagisce con tutta la sua persona, con le sue cellule e le sue fantasie, con i neuroni e con gli ormoni alla realtà del mondo circostante. Su questo tutti concordano, ma poi nasce il problema di quale sia il tipo intervento più adeguato.

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Io che affronto il problema del disagio psichico mi trovo di fronte un’aporia che è praticamente irrisolvibile: penso che l’essere umano sia un’unità psicofisica (e già l’uso di questo termine mi suona abbastanza fasullo e ridicolo), ma al di là di questo primo livello sono certo di un’unità della persona che è però una realtà più complessa. Perciò mentre tento di mettere a disposizione degli altri strumenti che servano ad alleviarne i disagi, reali o presunti, studio l’essere umano cercando il significato del suo esserci nel mondo. Facendo questo mi rendo conto di privilegiare, contro la mia volontà, quella parte che comunemente viene definita psiche. Se la psiche è la sostanza dell’essere umano, la mia funzione si sovrappone a quella dei sacerdoti, dei medici e dei filosofi. Io che studio la psiche mi considero infatti l’unico legittimato a parlare dell’uomo in sé. Gli altri allora di che cosa parlano?

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I sacerdoti possono rifugiarsi nel loro parlare di Dio; ma scindere l’uomo da Dio è spezzare l’armonia dell’universo e questo i sacerdoti ben lo sanno. I medici che curano il corpo, se non vogliono rimanere prigionieri di un organicismo ormai superato, debbono affrontare il problema dell’uomo nel suo insieme. I filosofi cercano il significato della verità per l’uomo, ma come possono trovarla fuori dall’uomo, dal momento che loro stessi sono uomini? Anche gli alberi non possono essere compresi se non sono inseriti nella vita dell’uomo. Un albero forse sogna di essere un serpente.

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Sono allora gli psicoanalisti gli unici scienziati che hanno diritto di cittadinanza! La fusione fredda, la lotta contro il cancro, tutte le altre ricerche epidemiologiche sono giochi utilissimi, ma inessenziali, poiché solo lo psicoanalista è capace di capire l’uomo e i suoi problemi. Io mi ribello però a queste conclusioni anche a causa di questa mia ribellione mi accade di perdere la mia identità di psicoanalista.
Io so di avere a disposizione parecchi strumenti, so di saperli applicare in modo da rendere gli esseri umani che si rivolgono a me più sereni e talvolta addirittura felici.
Lo so perché lo sperimento quotidianamente. Sono strumenti che mi sono stati messi a disposizione dalla mia storia e da quella del mondo. Io non voglio però essere il medico dei medici (so che questa è una decisa negazione che afferma) né il filosofo dei filosofi o lo scienziato degli scienziati.
Ma allora cosa sono? Cosa e chi è un medico della psiche?