55 – Luglio ‘89

luglio , 1989

Il ristorante Il Peristilio, annesso al bar Vanni, al primo piano di via Col di Lana si presenta all’avventore come la fantasia realizzata di un pescivendolo convinto di essere l’imperatore dei francesi; ma potrebbe anche essere la realizzazione sublime di un mausoleo fatto per un miliardario texano. Una mente diabolicamente astuta è riuscita a realizzare un ambiente di così assoluto cattivo gusto che finisce col destare divertita ilarità. In un profluvio di piante di plastica, tra le quali serpeggiano cordoni di bronzo dorato, abbondano marmi veri e finti, cristalli e stagnole, colonne ed obelischi, statue neoc1assiche e affreschi, il tutto moltiplicato dagli specchi. In questa cornice si aggirano bizzarri camerieri da operetta che si esprimono in linguaggi tanto manierosi quanto inadeguati. Ai tavoli ben apparecchiati e distanziati tra loro nei vasti saloni, su comode sedie squittiscono e bofonchiano con discrezione signori e signore di altri tempi: non del passato, ma di un futuro prossimo in cui è probabile che queste saranno le sole tracce di epoche e culture.
Nel gradevolissimo (in questa stagione) gelo un po’ tombale dell’aria condizionata si diffondono le note suonate con garbo, al pianoforte, da un giovinotto che però ha il bizzarro vezzo di swingare tutto, anche Chopin e Schumann, aumentando in gente come noi il senso di irrealtà.
I cibi che vengono ammanniti hanno l’unico pregio di essere preparati con materie prime eccellenti che però la mano invisibile di qualcuno rende praticamente immangiabili. La spigola in carpione è un’autentica macedonia di agrumi con pesce, l’insalata di porcini crudi si offre al palato incontaminata da ogni condimento, la delicatissima ricotta dell’agro romano è arrotolata per scherzo in una bresaola che la avvolge in un abbraccio assassino. Il risotto ai fiori di zucca ha un curioso fortissimo sapore di pancetta affumicata quasi asfissiante; dal riso ai funghi un burlone ha rubato in corridoio i buoni porcini i quali invece sono ancora rintracciabili nelle tagliatelle, vero trionfo della cucina di una clinica di lusso. Il filetto alle erbe fa letteralmente singhiozzare per la disperazione di vedere un così bel taglio di carne immerso in un fondo di cucina grassissimo e micidialmente pesante, per di più senza profumo; la trancia di salmone, di buona qualità, è rinsecchita come un reperto archeologico; troppo asciutta anche la lombatina alla Vanni. Il carrello sontuoso dei dolci offre un carosello di colori e di sapori da autentico luna park: con la zuppa Vanni, il millefoglie e il St. Honoré così ricchi di burro da fornire colesterolo sufficiente agli arteriosclerotici di un intero gerontocomio. Altrettanto grassi e unti sono i bignè della piccola pasticceria.
I vini della lista paiono quasi tutti pregevoli; noi abbiamo apprezzato un ottimo Chardonnay al momento dell’aperitivo; poi un Riesling del vigneto di Villa Roncada: ottimo, fresco e fruttato; mentre per sventura il solitamente gradevole Grumello di Negri è risultato strapazzato e spento. Buono il carrello dei superalcolici, offerti da un barman veramente simpatico e spiritoso. Il conto è adeguato alla pretenziosità del locale.