53 – Maggio ‘89

maggio , 1989

In via Tacito 42, nel quartiere Prati, una porticina a vetri con decorazione floreale introduce al ristorante Olympia: una saletta con soppalco al piano superiore, con pochissimi tavoli e al piano di sotto la cucina e diversi ambienti di servizio. L’atmosfera è accogliente, ma non è proprio quella di un ristorante. Nulla vi è di anodino e commerciale; i padroni di casa sono i signori Carnevali: lui un avvocato napoletano e lei una professoressa di lettere, entrambi in pensione; ricevono chi entra con la cortesia di chi accoglie ospiti in casa propria e ospiti hanno presto la sensazione di. essere coloro che stanno seduti a tavola. L’avvocato è il cuoco esperto che parla volentieri con la cordialità un po’ ironica e un po’ sentimentale dei napoletani; la signora ha una sua grazia svagata all’apparenza, ma sempre attenta ad intervenire al minimo accenno che provenga dai tavoli. Noi ci siamo stati per ora una volta sola, a notte inoltrata, eppure ne vogliamo parlare subito, ripromettendoci di tornare, anche per verificare e confermare le prime impressioni di un’esperienza singolare. Un profumato e delicato sugo di piselli freschi, senza l’ombra della panna, ci ha rallegrato fin da subito, sui tortellini (ahimé non fatti in casa); poi uno squisitissimo piatto di spaghetti ci ha confermato nel nostro buon umore: cotti alla perfezione in un piccolo trionfo di frutti di mare, aglio e prezzemolo, dal gusto giustamente saporito. Veramente ottima è stata poi la trancia di salmone arrosto con contorno di patatine novelle: una preparazione gustosissima con buon equilbrio tra la delicatezza del pesce e il condimento leggermente piccante; il misto di pesce che è seguito è stato un piccolo capolavoro di frittura, senza unto, asciutto e croccante; anche se forse i pesci erano «quel poco rimasto in casa». Purtroppo i dessert erano terminati e ci siamo dovuti limitare ad ascoltare il racconto di una pastiera, che faceva venire l’acquolina in bocca. Dopo la frutta, abbiamo avuto la bella sorpresa di un liquore casalingo ottenuto dalla macerazione delle bucce di diversi agrumi dalle qualità davvero portentose.
Tra i non molti vini, abbiamo bevuto un discreto Pinot Grigio e un buon Frascati di Villa Simone. Il conto è stato più che corretto. Ci è parso doveroso riferire di un posto così gradevole in contrasto con l’andazzo della ristorazione in questa città, generalmente assai poco rispettosa e onesta!