50 – Febbraio ‘89

febbraio , 1989

In questi ultimi anni, gli studiosi e gli storici delle varie arti amano assumere l’atteggiamento «obiettivo» nei confronti delle opere maggiori e dei geni della nostra cultura. Le analisi filologiche si sprecano, fioriscono le biografie non encomiastiche e refrattarie all’iperbole.
Tutto questo, se per un verso va considerato positivamente, in quanto restringe e limita il campo degli sproloqui animosi pro oppure contro un grande artista del passato, dall’altro dà a tutti questi lavori un che di «burocratico» ed addirittura, quando l’obiettività vuol essere portata ai livelli massimi, si produce il racconto di vite, che, oltre che noiose, appaiono false e si analizzano opere d’arte riducendole a puri scheletri inerti.
Soltanto la psicoanalisi continua imperterrita ad infiltrarsi, talvolta persino subdolamente, in questi studi, conferendo loro un tocco ad un tempo ingenuo ed umano. A dispetto della compassatezza critico-storica, la figura di W. A. Mozart è esplosa nell’inconscio sociale dei nostri tempi. La sua musica è fruita a tutti i livelli, la sua vicenda personale entusiasmante, poetica e misteriosa, commuove persone di ogni classe sociale.
Non sappiamo quanto siano rispettosi della realtà film, spettacoli e romanzi costruiti su di essa, però in quasi tutti c’è qualcosa di partecipe e, grazie al cielo, anche di spudorato; perché «quella» musica è essenzialmente senza pudore. Quando la ascoltiamo a noi viene spesso da dire: «Ma è indecente, tutto questo! È troppo bello e troppo vero.» La musica parla della verità senza servirsi delle parole, e quella mozartiana rivela una verità impronunciabile: divina ed umana allo stesso tempo.
È da non molto uscito un libro di Danilo Faravelli, W. A. Mozart 1756-1791, Un musicista fra Antico Regime e Mondo Nuovo (Editori Riuniti, 1989, pagg. 170, Lit. 10.000) che, in poche pagine, racconta tutta la vita di Mozart, senza avere peraltro la pretesa di analizzarne l’opera. Purtroppo un po’ dell’atteggiamento obiettivo di cui parlavamo sopra, frigido e impettito, è presente anche in questo scritto: l’autore eccede nel voler ridimensionare le leggende, tentando di radicare il suo racconto su elementi storici e sul buon senso; però siccome è percepibilissima un’ottima sensibilità musicale e una sincera venerazione per Wolfango Amedeo Mozart, l’operina ha una sua grazia e una gradevolezza di lettura.
Anche qui la psicoanalisi occhieggia, ma con discrezione, senza ridicole ipotesi interpretative. Il testo è corredato da una breve, ma utilissima, appendice bibliografica, e risulta nel complesso un buon tentativo di presentare correttamente la vita del più grande Artista dell’universo.