46 – Agosto ‘88

agosto , 1988

La torta

Non è vero che non c’è nulla di nuovo sotto il sole: tutto lentamente si trasforma ed a questa regola non sfugge neanche il Festival dei Due Mondi, il quale, anno dopo anno, cambia e non solo in peggio. Anche il gioco mondano si è trasformato, negli ultimi trent’anni, ed oggi le nobildonne e i divini rappresentano soltanto più la tappezzeria di un complesso edificio che il cemento delle sponsorizzazioni tiene saldamente in piedi; inoltre non è detto che coloro che manovrano i plotoni di smaglianti «p.r. people» non siano del tutto indegni del loro ruolo di padroni della cultura e dell’arte. Quello che forse è, purtroppo, cambiato assai meno è l’atteggiamento degli artisti verso i mecenati, oggi come ieri desolatamente servile. Mentre è più che giusto desiderare la fetta più grossa possibile della grande torta della ricchezza e del potere, è invece stupido rinunciare alla propria dignità nella speranza di ottenere più briciole. I grandi capitalisti di oggi, ancor più degli aristocratici di ieri, hanno ben preciso in mente il concetto di valore e quindi investono soltanto sul sicuro, anche quando l’investimento è d’immagine. Al Festival dei Due Mondi c’è un vero e proprio concentrato di cortigiana piaggeria, cui gli sponsor hanno da subito replicato con aspra durezza; la cosa non è stata soltanto deplorevole, ma addirittura ha prodotto qualche benefico effetto ed altri ancora potrebbe produrne. L’effetto positivo più facilmente rilevabile è che i vili, da una parte, e gli spocchiosi e violenti, dall’altra, si sono traditi e smascherati a vicenda, evidenziando ed isolando un mondo di mezze calzette e di bruti che consumano i loro riti volgari, massacrandosi reciprocamente. Un altro effetto è stato quello di mettere in evidenza le gravi mancanze della classe politica, i cui uomini, quando non abbiano interessi «tangenziali», non si dimostrano capaci neppure di concepire un problema culturale. Di tutto questo non dimostrano di aver capito molto alcuni imperterriti lacché degli uni e degli altri, soltanto capaci di esaltazioni e denigrazioni ugualmente destituite di fondamento, all’inseguimento di un’attualità che ha l’effimera inconsistenza dell’ignoranza. Se, da un lato, ci si può quindi sentire rassicurati dal fatto che Spoleto, durante il Festival dei Due Mondi, non sia quell’evanescente Parnaso avulso dalla realtà, dall’altro rattrista che neppure l’arte riesca a riscattare dalle umane miserie.