42 – Aprile ‘88

aprile , 1988

A margine

Sia concesso, per una volta, alla marginalità di queste righe di entrare nel merito di quanto scrive, qui a fianco, Sandro Gindro.
Se è vero quello che afferma Rita Levi Montalcini nel suo «Elogio dell’imperfezione», e cioè che il complesso e stupendo congegno che è il cervello umano è in parte dovuto anche alla lentezza del suo processo di sviluppo, poiché nell’uomo il periodo di formazione si protrae praticamente per tutta la durata della vita, si può forse leggere, in una chiave per così dire «laica» anche l’insegnamento gindriano, che tanto insiste sull’importanza dell’anticonformismo. La condotta dell’uomo è in maniera impressionante determinata dagli influssi che il sistema sociale e culturale esercita su di lui fin dalla nascita, col risultato che si cercherà di plasmarlo nel modo più omogeneo possibile al modello dominante. Questo condizionamento da parte di sistemi che storicamente si sono succeduti perpetuando e cercando di conservare l’imperfezione, spiega anche come si sia potuto credere che certe caratteristiche negative trasmesse culturalmente facessero parte di un patrimonio genetico.
Due tra le più tragiche conseguenze di una scorretta lettura antropologica sono state la esaltazione della violenza come istinto naturale e la propagazione della stupidità a difesa della situazione esistente. Il nazismo è stato, in epoca recente, l’esempio più clamoroso di quanto il conformismo e la violenza uniti potessero addirittura volgersi contro il concetto stesso di umanità. Dopo la violenta scossa con cui il mondo ha reagito alla follia nazifascista, ha però ripreso sommessamente piede l’esigenza di ricostruire la situazione di consenso totale, a difesa di un sistema omogeneamente distribuito su tutta quanta la terra.
Strumento di questo rimbambimento universale è oggi l’opinione comune, della quale i mezzi di comunicazione di massa sono l’aspetto più macroscopico e deleterio, ma che ha anche le sue roccaforti scientifiche, religiose e culturali.
Se il conformismo viene accettato come espressione dell’ordine e della normalità, si viene a creare una situazione assai più pericolosa di quanto si creda, specialmente se si maschera di tolleranza.
La tolleranza dei conformisti isola e neutralizza i diversi, accomunandoli in una uniformità di giudizio che si rifiuta di distinguere ciò che è positivo da ciò che è negativo. Per questo chi si sente veramente e «laicamente» attaccato ad un ideale di personale libertà non può dividere le ragioni della lotta senza tregua contro ogni manifestazione di trionfante conformismo neo-illuministico: da rotocalco, da «fanzine», ecologico o telematico.
Non c’è vera liberazione se la comunione è associazione di conformismi; non c’è rivoluzione se non si usa la cultura dei padri per distruggere l’ignoranza di ieri e costruire presente e futuro.